È severamente vietato NON toccare i monumenti!

Guide turistiche, manuali, mappe, percorsi didattici, audioguide multilingue, nuove tecnologie… Innumerevoli sono i modi per conoscere ciò che si osserva, per sapere tutto ciò che c’è da sapere sul monumento che trovi lungo il tuo cammino, per ‘imparare’ (ammesso che si conosca il vero significato del termine: imparare come per dire ‘nozionismo preconfezionato da altri’ oppure imparare dall’esperienza diretta?). Quante delle informazioni acquisite in maniera confusa e veloce, nel corso di una vacanza, rimarranno per sempre impresse nei nostri banchi mnemonici? Pochissime, quasi nessuna: nella migliore delle ipotesi un’immagine, un nome, qualche aneddoto particolarmente stuzzicante, anche se storicamente irrilevante. Ci affanniamo a leggere cartelli informativi per giustificare il costo del biglietto d’ingresso – vivendo nell’illusione di acculturarci – e dimentichiamo l’oggetto che è lì, davanti ai nostri occhi, presente da secoli e che ci parla con un linguaggio afono universale che abbiamo dimenticato ma non del tutto rimosso dai nostri circuiti conoscitivi primordiali.

Smettiamola di camminare sotto il sole come tanti invasati; smettiamola di fotografare stupidamente migliaia di cose inutili: sembriamo ladri di immagini sull’orlo di una crisi di nervi, archeo-consumisti del terzo millennio, nevrotici cittadini in vacanza sempre a caccia di ‘saldi’ tra i negozi della storia. Mettiamo da parte le guide cartacee e quelle interattive e riconquistiamo la ‘conoscenza tattile’ e istintuale (“vissuta e incosciente”), il contatto diretto, non enciclopedico, tra noi e il monumento. Personalizziamo la conoscenza. Riscopriamo gesti primordiali, semplici nella loro arcaicità ma efficaci per ottenere informazioni irrazionali, non predigerite, dirette e sensoriali.

Toccare un monumento, una porzione raggiungibile, una piccola parte di esso: percepirne la temperatura con il palmo della mano; sentire al tatto la sua superficie liscia o ruvida; sentirne la consistenza; rendersi conto dello spessore materiale grazie al quale ha potuto sfidare (e superare) la storia umana e naturale; capire il perché della sua resistenza muta nel tempo. Chiudere gli occhi e realizzare una sorta di fusione spazio-temporale tra noi e l’oggetto millenario; una fusione mentale tra l’ennesimo visitatore del presente e i costruttori impermanenti ormai divenuti polvere, ma resi immortali dalla propria opera. Avvertire il peso del jet lag storico. L’oggetto invecchia più lentamente ed è testimone del passaggio terreno degli effimeri e geniali abitanti di questo pianeta, delle loro passioni sociali, politiche, delle loro guerre, della loro scelleratezza.

Toccare una colonna, sfiorare un marmo, sostare su una scala antica, abbracciare un pilastro, distendersi su un pavimento, appoggiare la guancia su una scultura rupestre, sentire il corpo inorganico ma vivo e farne parte, meditare a lungo sul tappeto di una antica moschea pur non essendo musulmani, convivere con i silenzi che circondano l’oggetto senza preoccuparsi di riempirli, sedersi in una zona d’ombra dimenticata dal flusso turistico: il contatto fisico ci assicura un passaggio di energia conoscitiva spazio-temporale lasciataci in eredità; un contatto efficace più di mille libri, più di tante parole inutili che andranno perse nel mare della distrazione sensoriale. Lasciarsi riempire passivamente da una volontà storica più forte di noi. Dimenticare gli affanni e gli orari; dimenticare il proprio corpo e creare una parentela indissolubile tra noi e il manufatto.

L’energia cosmica assorbita nel tempo dal monumento ritorna al suo creatore umano che diviene inconsapevolmente testimone della storia e custode di una quota esistenziale che attendeva da secoli un curioso erede di passaggio. Il principio termodinamico adattato all’energia monumentale: così avvengono trasferimenti sapienziali tra l’oggetto antico e l’essere recente e vergine. Rimanere a casa in modalità asettica, vivere indirettamente gli spazi, vedere la storia in televisione, non interagire con la realtà: tutto questo equivale a una dispersione di energia, equivale a morire interiormente. Non si tratta di ‘divertimento’, di ‘vacanza’ (nel senso di ‘vacante’) ma al contrario di nuovi ‘riempimenti’, di riequilibri energetici tra noi e gli oggetti storici. Ci sono cose che non possono essere raccontate a parole; ci sono energie che non possono essere masterizzate, impacchettate o vendute.

Ed è per questo che all’ingresso di ogni area archeologica dovrebbe esserci un cartello con su scritto: “È severamente vietato NON toccare i monumenti”.

6 Risposte to “È severamente vietato NON toccare i monumenti!”

  1. L’ha ripubblicato su Pomeriggi perdutie ha commentato:

    L’energia cosmica assorbita nel tempo dal monumento ritorna al suo creatore umano che diviene inconsapevolmente testimone della storia e custode di una quota esistenziale che attendeva da secoli un curioso erede di passaggio.

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  2. Hyperladruncolo! :))

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  3. sai che hai perfettamente ragione, vero?

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