In principio era il Suono…
Il concerto di Angelo Branduardi, ieri sera nella piazzetta centrale di Satriano di Lucania, un gradevole paesino della mia amata Basilicata, è cominciato con una doverosa premessa, condivisa quasi sottovoce dall’Artista e in maniera ieratica come se fosse un segreto da maestro a discepolo: un suggerimento su come predisporsi all’ascolto del suo live partendo da lontano, da un incipit evangelico, da una teoria al limite dell’esoterico. A Branduardi non interessano più di tanto le “canzoni”: la sua esperienza cantautorale affonda le radici in una ricerca sonora primordiale, in quel confine sottile, poco visibile e quasi impercettibile che separa la scienza del suono da una “spiritualità che non va confusa con la religione”, ci tiene a precisare il grande menestrello, autore di pagine importanti della storia musicale italiana e internazionale.
“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio…” leggiamo nella Bibbia e precisamente nel Vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 1-18). Siamo stati educati – ricorda Branduardi – a interpretare il termine Verbo come “parola”, ma altre traduzioni e tradizioni (più antiche e non meno importanti di quella cristiana) ci rivelano che il Verbo usato nel Prologo dall’evangelista Giovanni in realtà coinciderebbe con il Suono, non in senso “musicale”. Dio nel momento della creazione non si è espresso, non ha parlato, non ha pronunciato parola alcuna (Dio non è un essere superiore che blatera, non è parola ma azione; il Verbo che è presso Dio, al punto da coincidere con Dio stesso, indica l’agire, il fare che crea, il pensiero che dà vita al mondo), ma ha delegato al Suono, quale strumento del fare, alla vibrazione sonora, la responsabilità di mettere in moto e in ordine i componenti inerti dell’universo in vista della costruzione del Creato. Una verità esoterica tenuta per definizione nascosta, o volutamente male interpretata, dalla religiosità occidentale “ufficiale” forse perché troppo meccanicistica, naturale; o forse perché in occidente siamo stati educati a un Dio padre “antropomorfizzato” che, nonostante il libero arbitrio, dall’alto muove i fili del teatrino e una teoria del genere sarebbe terribilmente vicina a una spiegazione fisica e quindi scientifica e non divina e misteriosa. Anche se la teoria del suono all’origine dell’universo non spiega tutto e rimane essa stessa un affascinante mistero che trova alcune timide spiegazioni in antichissimi insegnamenti e tracce religiose che si perdono nel tempo.
Dal Suono deriverebbe il tutto visibile e invisibile, e lo sciamano rappresenta l’esempio più autentico e antico di “ingegnere del suono” prestato alla spiritualità: i suoni prodotti dallo sciamano nel corso dei suoi riti inducono a una ricerca interiore e l’alterazione dello stato di coscienza che ne consegue è l’unica strada per la visualizzazione di un mondo spirituale altrimenti inaccessibile e per ritornare a quel Suono originario a cui si fa riferimento nel Vangelo di Giovanni.
Branduardi prima di cominciare lo spettacolo ha invitato il pubblico a ritrovare una concentrazione interiore che non deve coinvolgere solo i musicisti bensì tutti, e che non prevede il delirio insensato per la canzonetta: anche il suono prodotto su un palco durante uno spensierato festival estivo deriva da quel Suono primordiale e creatore, senza soluzione di continuità. Quindi la musica è uno strumento mistico, è spiritualità, è consapevolezza di non essere creatori ma semplici sub-creatori, mediatori e prosecutori di un Suono antichissimo. Lo sciamano Branduardi, oltre alla riproposizione d’ufficio dei brani popolari appartenenti al suo repertorio, ha saputo emozionare e catturare l’attenzione più intima del pubblico, trasportandolo verso uno sperimentalismo apparentemente improvvisato, come nel caso della registrazione dal vivo di alcune tracce sonore eseguite con il proprio violino e utilizzate come base musicale per un successivo brano. Si tratta di momenti unici, irriproducibili, personalizzati, che vanno oltre il “brano famoso” o il coro da stadio. La vera ricerca musicale che “guarisce” è questa.
14 agosto 2013 a 14:30
GRAZIE per l’articolo, lo abbiamo condiviso nella nostra pagina facebook dedicata ad Angelo Branduardi https://www.facebook.com/locandadelmalandrino1
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14 agosto 2013 a 14:42
Grazie a voi! Sarà un piacere essere letto dai suoi fan… Un abbraccio!
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13 agosto 2013 a 12:05
quando ha cominciato ad intonare quell’incipit evangelico la piazza ha ammutolito il suo brusio, pochi hanno cercato di sfidare l’inviolato e sacro ascolto, parole che ti riempiono, perchè aprono autostrade dove guardare correre la propria ombra, dentro il suono e fuori da esse, poi il fumo ha preso il sopravvento, un archetto si è alzato e la primordialità è tornata istante, minuti e brividi concessi prima di perdersi altrove … la versione di fou de love e il signore di baux sono state magistrali, mi rendo conto che è una combinazione di onore e orgoglio aver assaggiato la presenza di branduardi nella nostra regione, speriamo torni presto, grazie di questo bel ritratto
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13 agosto 2013 a 17:37
e poi quando ha ricordato che il testo di fou de love è il risultato dell’incontro di 7 lingue di cui alcune “estinte”… è in quei momenti che riconfermi ciò che sai da sempre e cioè che si tratta di artisti sperimentatori unici… p.s.: io in vita mia ho ascoltato Branduardi solo due volte dal vivo ed entrambe erano in Basilicata… Tornerà, me lo sento: la Lucania è una terra sciamanica!
Grazie a te per aver letto.
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12 agosto 2013 a 20:18
c’è sempre una differenza importante e sostanziale tra Genti e genti, tra Persone e persone, tra Uomini e uomini, tra Artisti ed artisti. Branduardi si aggiunge alla lista dei Grandi artisti che alimentano il panorama della musica.
E così mentre lo ascolto, mentre ritorno indietro negli anni, ai mitici anni 70, ai collettivi, alle manifestazioni di piazza, a Branduardi e alla sua “alla Fiera dell’est”, a Lolli e alla bellissima “Anna di Francia”, a De Gregori e i suoi “Pezzi di vetro” e potrei continuare ancora… e ancora…e ancora…. penso a come ci si debba sentir male a vedersi circondati da un Coreano che si da all’ippica ( Gangnam style) e dice di fare musica alla faccia della ricerca della profondità, dell’importanza del messaggio.
Alla faccia anche di Artisti che lo hanno preceduto e che forse prima di salire in sella hanno dovuto sputare sangue ed ingoiare lacrime amare.
Quando penso a questo provo un senso di disagio, lo stesso che mi assale quando vedo un “cinepanettone” che fa il tutto esaurito ed un Ingmar Bergman sconosciuto oppure, quando le recensioni raccontano che un Moccia è primo in classifica mentre noto che Louis Ferdinand Céline viene scambiato per un profumo.
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12 agosto 2013 a 20:50
… ahahah! Grande Cris! 😉 Anch’io spesso faccio questi paragoni tra Artisti e artisti, e mentre li faccio mi sento anche un po’ snob… poi penso che l’esoterismo, l’insegnamento per pochi, la qualità che si nasconde dietro la quantità sono, a pensarci bene, una grande fortuna… forse il mondo è andato sempre così e non cambierà, forse le cose belle sono nascoste proprio per far provare a quei pochi degni l’ebbrezza della scoperta… forse! ciao.
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