Il vuoto e la città

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Dal balcone del mio confino

osservo in strada la benefica assenza

di persone e mezzi.

Traffico zero illuminato

dai lampioni di una notte calma.

Natura immobile e oscura

interrotta dai finestrini veloci di un treno

sotto il cielo sereno e stellato

dell’autunno che concede grazie

agli esuli sulla via del ritorno.

Sento gli echi ammalianti

delle finte opportunità perse

provenire dai grandi centri

dell’umanità inscatolata e sveglia

“lì dove tutto accade

ed è un peccato perderselo!”

Tra neon e anatomie eleganti in metrò

motori diretti nel caos che conta

e piazze gremite di eventi,

un nulla sapiente mi richiama all’ordine

verso la verità e i suoi silenzi parlanti.

Quello che per voi è il centro del mondo

per me sarà la periferia della ricerca.

Il vuoto è l’origine del vero,

dove la mente che non immagina si dispera

nel punto in cui l’aria ferma della notte

rasserena gli animi dei non pentiti.

Un paese come lingua di lava vibra nel buio

sulla collina nera del suo vedere infinito,

sembra galleggiare nel cielo notturno

appeso alle stelle e ai pensieri di chi non dorme.

L’essere al centro non vi salverà

dagli incubi della vita che manca.

Seguire il momento

andare e venire

tra il vuoto e la città

come in un pendolo esistenziale

oscillare

cercando bolle semplici di felicità inesplorata,

imprigionata nelle contrade dell’altrove.

3 Risposte to “Il vuoto e la città”

  1. L’ha ripubblicato su Pomeriggi perdutie ha commentato:

    … per leggere la versione editata e pubblicata di “Il vuoto e la città”: vedi raccolta “Nessuno nasce pulito” (edizioni nugae 2.0)…

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  2. Ho letto e riletto tutto più volte e non posso non apprezzare questa visione eppure, nonostante alcune mie sempre più “tenaci” convinzioni, mi ritrovo a chiedermi “dove sto andando” e se c’è qualcosa in me che mi fa andare verso un qualcosa di sbagliato. Non che esista “l’esatto andare”, ma uno sguardo critico sul paesaggio non può non farti fermare per osservarlo e valutarlo. E quando ti fermi, ti accorgi che le persone che ti girano intorno e che sembra quasi facciano con te la stessa strada, guardano in realtà “altrove”, sono altrove.. O forse sei tu che non solo sei altrove, ma guardi altro e vorresti fermare anche gli altri per dire: “Ma come, non ti accorgi di questo, non vedi quest’altro, non trovi che sia splendido questo e orribile altro ecc..”
    E invece “taccio” perché mi chiedo se non sia opinabile la mia visione, se non sia da rivisitare e rivoltare. Sarà l’effetto dell’essere molto spesso in minoranza che mi fa ragionare un po’ di più su alcune cose e, attenzione, non mi sento migliore per questo. Sai Michele, ci sono tanti che si sentono “superiori” per pensarla in un certo modo, per andare sempre “controcorrente”, ma non serve a niente, non si raggiunge niente così se non l’autocelebrazione fine a se stessa. Sentirsi “qualcuno” in mezzo al vuoto.. E invece io voglio sentirmi “niente” in mezzo a tanti e, nonostante questa mia “utopia” di trasparenza, non cedo alle lusinghe degli “specchi” illuminati da luci artificiali.
    Cammino, mi interrogo, taccio, guardo altrove e sono spesso altrove eppure sono sempre qui, in mezzo ai tanti..

    “Tra neon e anatomie eleganti in metrò
    motori diretti nel caos che conta
    e piazze gremite di eventi,
    un nulla sapiente mi richiama all’ordine
    verso la verità e i suoi silenzi parlanti.
    Quello che per voi è il centro del mondo
    per me sarà la periferia della ricerca.”

    Grazie per la riflessione!

    Piace a 1 persona

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