Gabbiano pensante
6 aprile 1989
“Il primo volo”
Un giorno per istinto un gabbiano ci provò
ma dall’alta scogliera una caduta pigliò:
si sentiva sicuro
il suo becco era duro
eppure qualcosa lo tradì
e rassegnato disse: “riproverò venerdì!”
Era un giorno di tempesta
ed il mare era in festa;
ecco che il gabbiano deluso
ancora una volta si ruppe il muso.
“Accidenti!” pensò l’uccello
“io questo mondo lo facevo più bello”
e tutto insicuro se ne tornò nel nido
gridando al vento: “di questo mare io non mi fido!”
Eppure il povero gabbiano inesperto
non aveva capito che il mare era lì per lui, certo.
Quante apparenze l’avevan fatto gonfiare,
ma è bastato un insuccesso per non farlo più volare.
Il vento dei libri non l’aiutava più:
lui cercava, scrutava, leggeva, ma il morale era giù.
Nel suo nido non trovava pace
e si ripeteva: “io non sono capace!”
Eppure il mare era lì, pronto a istruirlo
dalle alte scogliere fino in cielo a issarlo.
Allora tutti pensarono che il gabbiano era fesso
e che non sapeva combattere contro se stesso.
La comunità dei vecchi gabbiani decise:
“questo uccello la propria volontà uccise,
buttiamolo fuori dalla comunità adesso
forse imparerà la strada egli stesso!”
Ma un gabbiano più saggio disse:
“voi conoscete la storia di Ulisse?”
e tutti gli altri lo guardarono con le teste fisse.
“Da un’isola chiamata Itaca un giorno
Ulisse intraprese un viaggio che sembrò senza ritorno.
Il suo cuore era entusiasta
e diceva sempre: “si parte e basta!”
Nessuno lo poté fermare a terra
nemmeno la donna per cui avrebbe mosso guerra.
Era impaziente di obbedire e partire
aveva voglia di combattere e scoprire,
ma ahimè per vent’anni non trovò la via
ed il ritorno a casa diventò un’utopia.
Quindi, amici miei, come potete condannare
un giovane gabbiano che non ha trovato la via per volare?
Ulisse impiegò vent’anni e alla fine tornò
questa penna acerba in venti secondi a spiccare ci provò.
Allora, saggi gabbiani, perché non aspettiamo
e della storia di Ulisse ci ricordiamo?”
Non saprei dire chi fosse quel saggio gabbiano
chissà, forse un’alta forma di coscienza
che trasforma col senno il pensiero spartano.
Come potremmo vivere senza?
E così il giovane gabbiano a pensare cominciò
e all’improvviso la giusta risposta in sé trovò:
“per tutti gli oceani, sono io la causa!” disse esultante
e da quel giorno divenne un gabbiano pensante.
Da quella caduta non so quali vantaggi ebbe
ma di sicuro so che un poco crebbe.
Cominciava a capire il mondo e se stesso
e scoprì che la vita non era di gesso.
La vita è mobile, guizzante e capricciosa
e del suo corso la mente ne è dubbiosa.
La vita è donna: bisogna saperla trattare
e con un po’ di capacità saperla amare.
Ma non bastano solo queste rime di poesia
c’è bisogno che il gabbiano se ne voli via!
Purtroppo, pennuto mio, codesta società
ha cambiato in peggio tutta la realtà:
i giovani cadono su morbidi cuscini
e non conoscono più il dolore dei propri vicini.
Come te, sono anch’io un gabbiano pensante
e vedo la gente dalla vita sempre più distante.
Dovranno crescere penne più dure
e allenarti per zampe più sicure:
ne passerà di acqua sotto i ponti
ma alla fine si troveranno i conti.
È arrivato il momento di farla finita
il nido devi disfarlo con le tue dita.
La porta sul mondo si apre solo da dentro
e il tuo cuore, di questo pianeta, ne è il centro.
Ricordati di quella legge santa
che ti ordina: “quando cadi… canta!”
Questa, amico, è solo una specie di poesia
la vita ormai se ne sta volando via.
E tu che fai, aspetti e dormi?
Corri! Che già sono partiti dei gabbiani gli stormi.
Non essere un volante pessimista
traccia anche tu la tua buona pista.
E quando reciterai l’ultimo atto
potrai dire: “ciò che è bene… è stato fatto!”
Thinking Seagull
(Gabbiano pensante, 6/4/’89)
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versione pdf: “Il primo volo”
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