Antologia “Archetipi Poetici”: intervista all’Autore Michele Nigro

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Antologia “Archetipi Poetici”: intervista all’Autore Michele Nigro

  

 a cura di Francesco Innella

 

Qual è o quale dovrebbe essere, secondo te, la funzione della poesia nella società attuale? Chi fa poesia oggi, come si muove nel contesto socio-culturale o come dovrebbe muoversi?

La funzione della poesia dovrebbe essere quella di non avere funzioni; l’atto poetico non trasforma direttamente la società, né la migliora né la peggiora: è una pratica solitaria, intima (anche per il lettore; altro che poetry slam e sciocchezze simili!); una ricerca arcaica che, pur essendo influenzata dal contesto socio-culturale, dovrebbe seguire una via autonoma e interiore. Le diatribe con il mondo editoriale, le pubblicazioni, i “firmacopie”, i vari “premifici”, le vendite, le presentazioni, persino questa intervista, sono solo degli incidenti che nulla hanno a che fare con la creazione di un verso. Non credo nell’azione civile della poesia, anche quando ci riferiamo a esempi autorevoli. I poeti engagé sono tali per vendere di più, e perché quella della solitudine è una sfida che fa paura. Sono un anarco-individualista: credo nell’influenza sul singolo e del singolo, nel tempo. Ci vuole fede… Tanta fede!

Come nasce la tua poesia? Potresti “illustrarci” la tua poetica e dirci quali sono le caratteristiche peculiari del tuo linguaggio poetico? Quali poeti ti hanno ispirato?

Non ho mai “deciso” di scrivere; è la parola che viene a cercare me, in modi e tempi non concordati: se il mio radar è acceso, può prendere forma qualche verso interessante intorno al quale si condensa tutta la struttura di quella che in seguito ho l’ardire di chiamare ‘poesia’. Utilizzo il verso libero ma questo non significa trascurare una musicalità, un ritmo non rimato interno alla struttura. Non amo i “belletti” e i ricamini, non me ne frega niente della metrica, del “bel verso” e della tradizione. Mi è capitato di introdurre termini “moderni” nei miei versi (anche in altre lingue), ma come dicevo poc’anzi la poetica, intesa come ricerca interiore individuale, deve conservare una sua arcaicità.

Fare una cernita di chi mi avrebbe influenzato è praticamente impossibile: le mie letture eterogenee spaziano dai poeti della Beat Generation a Shakespeare, da Giorgio Manganelli a John Donne, dall’amato Edgar Lee Masters (la cui Antologia mi è entrata nelle ossa) al nostro Alfonso Gatto, da Whitman a Salinas; per non parlare dei miei numerosi coevi… Non mi ha ispirato nessuno, a livello conscio: cerco di emulare me stesso. Cerco solo di realizzare la poetica di Michele Nigro.

Quale è stato il criterio con cui hai scelto le dieci poesie inserite nell’antologia “Archetipi Poetici”? Quale tra esse ti rappresenta di più?

Non ho adottato alcun criterio: ho lasciato carta bianca al curatore iniziale che ha selezionato le poesie presenti nell’antologia prelevandole dalla mia raccolta edita “Nessuno nasce pulito” (ed. nugae 2.0 – 2016). Mi piace che sia stata scelta A prophecy. Tuttavia, dovendo rifare l’antologia oggi non lascerei più quelle: appartengono a una raccolta di poesie il cui stile, tranne pochi casi, sto già rinnegando. La poesia è movimento in se stessi: rinnegarsi è importante.

Verso libero o estetica tradizionale. Un’antica diatriba: secondo te è una contrapposizione che ha ancora ragione di esistere?

Come dicevo, verso libero: non c’è diatriba perché sarebbe anacronistico cimentarsi in un poetare legato a un’estetica il cui schema linguistico e socio-culturale non ci appartiene più. Altra cosa è lo studio di forme e stili per motivi storico-letterari: bisogna conoscere la tradizione senza impantanarsi in essa.

Credo nell’evoluzione neurolinguistica non solo del poeta ma del genere umano di cui il poeta fa parte; sforzarsi di coltivare uno stile passato sarebbe inutile, si tratterebbe solo di un nostalgico e vezzoso esercizio di disciplina non rispettoso del cambiamento in atto.

Manifesto di gruppo o poetica individuale: oggi la critica letteraria è in grado di individuare un comune denominatore tra tutti gli slanci espressivi in circolazione oppure ha rinunciato alla sua funzione discernente?

Essere consapevole della propria poetica è la cosa più onesta e naturale che un poeta può fare: riuscirci è già un’impresa. La critica letteraria è allo sbando quando non è inesistente: i critici più coraggiosi, abbandonando le scialuppe di salvataggio accademiche e le riviste elitarie, tentano di far sentire la propria voce sul web. Ed è lì che si sta svolgendo la “battaglia finale” per tentare di dare un nome alle numerose voci circolanti.

I manifesti rappresentavano un tentativo di autodefinizione in un mondo lento dal punto di vista comunicativo e non dominato del tutto dalla cultura di massa; anche se per salvarsi dal marasma attuale forse adottare un manifesto sembrerebbe l’unica soluzione, devo dire che non è più tempo di manifesti artistici: oggi possiamo solo aprirci al mondo, diluirci in esso con consapevolezza e studiare i fenomeni linguistici in atto sperando di essere più veloci dell’evoluzione stessa.

Esiste un archetipo poetico? E quale influenza può avere sul Poeta?

Junghianamente parlando sarebbe bello pensare di fare poesia attingendo a piene mani da un immaginario collettivo capace di mettere in comunione tutti i poeti. Ma restando fedele al mio anarco-individualismo (freudiano?) penso che l’archetipo poetico sia l’individuo senziente che nel silenzio del proprio universo viene raggiunto dalla parola che per lui, e lui solo, ha un senso. Altri “trucchi” non sono consentiti. L’effetto di questa influenza è il verso che funziona: e il poeta lo sa, lo sente, se funziona; il parere del mondo e i vari “like” sui social non lo scalfiscono!

Michele Nigro, nato nel 1971 in provincia di Napoli, vive a Battipaglia (Sa) dal 1978. Si diletta nella scrittura di racconti, poesie, brevi saggi, articoli per giornali e riviste, riflessioni e opinioni da blogger… Ha diretto la rivista letteraria “Nugae – scritti autografi” fino al 2009 e attualmente cura il blog esperienziale “Nigricante”. Ha partecipato in passato a numerosi concorsi letterari ed è presente con suoi scritti in antologie e periodici. Nel 2016 è uscita la sua prima raccolta poetica – che ama definire “raccolta di formazione” – intitolata “Nessuno nasce pulito” (edizioni nugae 2.0). Ha pubblicato “Esperimenti”, raccolta di racconti; il mini-saggio “La bistecca di Matrix”; nel 2013 la prima edizione del racconto lungo “Call Center”, nel 2018 la seconda edizione “Call Center – reloaded” e la raccolta “Poesie minori Pensieri minimi”.

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Per leggere l’antologia “Archetipi poetici”:

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3 Risposte to “Antologia “Archetipi Poetici”: intervista all’Autore Michele Nigro”

  1. VITTORIO Says:

    SONO D’ACCORDO, MICHELE, CHE LA POESIA È UN ATTO ESCLUSIVAMENTE DEL POETA, DIALOGO CHE SI SVOLGE IN SE STESSI. IL POETA È UNA MACCHINA FOTOGRAFICA CHE IMPRIME TUTTO AL SUO PASSAGGIO: IL REALE DEL MOMENTO, IL POETA SI PREOCCUPA PIÙ PER GLI ALTRI CHE PER SE STESSO, ANCHE PERCHÉ È L’UOMO DEL SUO TEMPO. LA PAROLA POETICA NON PUÒ AFFOGARE TRA RIME BACIATE E VERSI LIBERI, PROBLEMATICA PLEONASTICA: “DISCIPLINA NON RISPETTOSA NEL CAMBIAMENTO IN ATTO”. IL TEATRO È MORTO NEL MOMENTO IN CUI HA ABBANDONATO IL PRESENTE: IL TEMPO TRASFORMA IL LINGUAGGIO, LE PROBLEMATICHE, I SUONI E I RITMI. IL MUTAMENTO DELLO SCENARIO E L’ADATTAMENTO ALLO SQUALLIDO URBANESIMO IMPERANTE, SI DEDUCE NELLA TUA POETICA.

    VITTORIO ORLANDO.

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