
Non è la singola ferita
letale e divina
da cui sgorga
la morte certa
ma i milioni di aghi quotidiani
che sottili attraversano gentili
il corpo andante dell’uomo
testardo e distratto
a condurti, silenziosi e
senza sangue,
verso la fiduciosa scena
del “vediamo
come va a finire!”
♦
immagine: “Adamo ed Eva (qualche anno dopo)”
di Pawel Kuczynski
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This entry was posted on 27 gennaio 2019 at 00:51 and is filed under nigrologia with tags cambiamento, consapevolezza, corpo, dolore, esistenza, evoluzione, fede, forza, lotta, morte, poesia, resilienza, resistenza, ricerca, silenzio, storia, tempo, vita, web poetry. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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27 gennaio 2019 a 13:07
Proprio così…
Piccoli aghi che la vita ci infligge nel tempo e fino a quando ce la faremo a sopportare questa “gentile penetrazione”, potremo pensare al “come va a finire”. Diversamente il finale sarà in un attimo scontato e noto.
Molto bella e densa di significati.
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27 gennaio 2019 a 14:57
O a volte non essendo scontato e noto si vive fino alla fine con la speranza (e la volontà) di comprendere e cambiare ciò che può essere cambiato, ognuno nel proprio quotidiano e in base ai propri obiettivi. Ma gli aghi, quelli, ci sono e ci saranno a prescindere… Fanno parte del “pacchetto”!
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