PERCHE’ “NIGRICANTE”?
Le ragioni di un blog.
Dopo l’esperienza “ecumenica” della rivista cartacea “Nugae”, durata sei anni, il bisogno di un angolo personale, “privato”, in cui far convergere scritti nuovi e vecchi, opinioni, dettagli, sillogismi, pensieri, analogie, letture trasversali, sguardi obliqui, j’accuse, riflessioni più o meno impegnate, eventi, notizie dall’Italia e dal mondo, progetti, esperimenti, esercizi scritturali, canovacci, capricci, alchimie, libri, recensioni, gusti letterari, passioni culturali, interessi, esperienze, piccoli e grandi traguardi, azioni quotidiane, speranze…
Benvenuti!
Michele Nigro
Nomen omen
(“il destino nel nome”)
nigricante: vc. dotta, lat. nigricante(m), part. pres. di nigricare “nereggiare”, da niger “nero”. Lett. Che tende al nero.
niger, nigră, nigrum (aggettivo latino): nero, scuro, tenebroso, fosco, infausto, funereo, funesto, luttuoso, malvagio, perfido.
L’Opera al nero è un romanzo di Marguerite Yourcenar del 1968, a sfondo storico, incentrato sulla storia di un personaggio immaginario: Zenone. Dal libro è stato tratto nel 1988 il film L’opera al nero, con Gian Maria Volonté nel ruolo di Zenone.
La vita di questo protagonista inizia a Bruges agli inizi del 1500, quando viene messo alla luce da Hilzonde, una donna di nobile casata. Zenone viene avviato dalla famiglia alla carriera ecclesiastica ed affidato al canonico Bartolomeo Campanus che gli trasmette il suo grande amore per le belle lettere. Il ragazzo si appassiona subito ai libri e allo studio del sapere classico con cui ottiene dimestichezza di pensiero, ma si distacca anche dalla saggezza sacra e dalla dottrina cristiana. Dopo essersi iscritto alla scuola di teologia ed aver riportato stupefacenti risultati, Zenone decide di partire e di dedicarsi ad una vita errante per trovare sé stesso girando il mondo. Svolge i più svariati lavori mentre le sue vere occupazioni sono la medicina, la filosofia e l’alchimia e per questo passa di città in città e di corte in corte sempre alla ricerca di un nuovo sapere. Scrive libri sulla scienza e sull’alchimia e spesso viene ricercato e condannato per le sue teorie atee e talvolta eretiche. La sua è l’epoca della riforma e della controriforma, periodo in cui le controversie religiose tengono banco e in cui si rischia il rogo per il solo sospetto di eresia (un capitolo della prima parte è dedicato alla rivolta di Münster).
All’età di quarant’anni Zenone decide di tornare sui suoi passi e di trascorrere un po’ di tempo a Bruges sotto il falso nome di Sebastiano Theus. Qui incontra l’istruito e lungimirante priore dei Cordiglieri che gli offre un posto come medico presso l’ospizio del suo ordine. Il suo stato di immobilità e di monotonia del suo nuovo lavoro non gli fa rimpiangere la vita movimentata fino allora trascorsa, anzi è l’inizio di una nuova stagione della sua vita. Zenone continua la sua fervente attività intellettuale che però non si rivolge più alle grandi tematiche ma alla riflessione sul corpo. Ne risulta un radicale distacco dai sentimenti e dalle emozioni, niente ha più per lui un nome, una forma, una funzione. È in questo momento che Zenone capisce che si sta compiendo in lui l’opus nigrum ((LA)”opera nera”), ovvero il tentativo alchimistico di dissoluzione e di calcinazione delle forme. Il suo corpo diventa una macchina perfetta: non sente la fatica, le esigenze della carne e cura chiunque senza fare differenza e senza nessun coinvolgimento.
Una nuova svolta nella vicenda di Zenone avviene quando il priore dei Cordiglieri muore e con essa anche parte della sua copertura. Poco dopo un grave scandalo trapela dalle mura del convento: alcuni frati si riuniscono nottetempo in stanze sotterranee e insieme a una giovane conversa celebrano riti eretici. Uno degli adepti è frate Cipriano, aiutante nell’ospizio di Zenone che al momento di difendersi coinvolge il medico accusandolo di complicità. Il finto dott. Theus si trova allora costretto a rivelare la sua vera identità e con essa vengono ricordate tutte le imputazioni d’eresia che fino ad allora gravavano sul suo nome. A nulla gli valgono le sue tesi difensive e dopo settanta giorni di agiata prigionia, la sua fine è ormai segnata. Ma la sera prima dell’esecuzione, quel distacco che aveva mantenuto dall’anima carnale si spezza improvvisamente. Zenone allora decide di mettere fine alla sua vita di propria mano prima che gli diventi impossibile una fine razionale.
Nel personaggio di Zenone si racchiude la sintesi dell’uomo rinascimentale e in particolare quell’esemplare di passaggio fra Medio Evo ed età moderna. Le teorie alchimistiche e quelle ermetiche sono un’eredità medievale che si intreccia alla modernità delle ricerche scientifiche, dello studio oggettivo dei classici e della posizione centrale dell’uomo. Per costruire questo complesso personaggio l’autrice si è ispirata alla storia reale di persone vissute in quei secoli come il chimico Paracelso, Michele Serveto, Leonardo dei Quaderni, Erasmo da Rotterdam e il filosofo Tommaso Campanella. Come tutte queste grandi personalità anche Zenone ha dovuto patire il fatto di anticipare il pensiero del tempo. La sua figura di martire si spiega durante il suo processo quando si accorge, discutendo con i teologi,
«che non esiste accomodamento durevole tra coloro che cercano, pensano, analizzano e si onorano di essere capaci di pensare domani diversamente da oggi, e coloro che credono o affermano di credere, e obbligano con la pena di morte i loro simili a fare altrettanto» |
Il libro offre anche una visione ampia della società del tempo, la varietà dei personaggi spazia dalle famiglie nobili a quelle mercanti, da figure religiose ad altre politiche e si incontrano anche personaggi di basso rango: protestanti, artigiani, mendicanti, prostitute. Il tutto crea un affresco complesso e dettagliato di cui solo Zenone è capace di avere una visione razionale.
15 agosto 2013 a 17:04
leggendo questo post …
penso che tu abbia fatto bene a mettere questa pagina perché per me che (e chi come me ), sono approdata in questa bella isola relativamente da poco, è come trovare la via di accesso al labirinto, lo start di una maratona alla quale si desidera partecipare, il bandolo di una matassa che contiene in sé l’intero “chroma” e tutte le sue liste.
Insomma mi porta quasi a dire: – Aaaah… Niger, adesso ti capisco! –
Un buon ferragosto anche se si va verso la dissolvenza… 🙂
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15 agosto 2013 a 17:11
è un post che sta lì fin dagli “esordi”… serviva forse di più a me per ricordare il perché di una scelta di blogging… non so se ho soddisfatto le mie aspettative… forse sì, di sicuro c’è molto altro ancora da scrivere… buona “dissolvenza” anche a te! 😉
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11 aprile 2013 a 15:44
[…] qualità di “scrivente”… Come affermai in uno dei miei primissimi post intitolato “Perché Nigricante?” ho cercato di mettere insieme diversi tipi di esigenze (le mie): il fatto che […]
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