Archivio per armi

Piombo

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 18 aprile 2017 by Michele Nigro

Ricordi? La tivvù passava

Goldrake, Mazinga, Jeeg Robot

esplosioni nucleari aliene

in un Giappone già sconfitto.

Alle scuole medie

disegnavo rifugi

antiatomici colorati e minuziosi

con tutto quel piombo

che dava speranza

al futuro dell’umanità e ai miei

acerbi spermatozoi.

 

Poi i potenti rinsavirono

fu un vortice di firme, strette di mano

crolli, trattati di pace

ipocriti disarmi senza equilibrio.

Crisi d’identità

da oriente a occidente,

cani affamati senza museruola e padroni

abbaiavano nelle notti di provincia.

 

Dove saranno

in quale scatola degli anni ottanta

i miei progetti, odor di matita e gomma

per esorcizzare la paura del caldo nulla

e della morte da poco conosciuta?

Armistizio

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 8 settembre 2015 by Michele Nigro

Title: HOMME ET UNE FEMME, UN / A MAN AND A WOMAN ¥ Pers: AIMEE, ANOUK / TRINTIGNANT, JEAN-LOUIS ¥ Year: 1966 ¥ Dir: LELOUCH, CLAUDE ¥ Ref: HOM020AO ¥ Credit: [ FILMS 13 / THE KOBAL COLLECTION ]

Tacciono!

le armi di logiche guerre

e le questioni di principio,

nuovi stati di felicità

ostili alla morte dell’anima

in chi guarda lontano

verso la patria dei sensi.

Ti sorprendi ad esistere

prevale la bellezza sull’odio

esulta lo spirito!

L’erotismo dei freddi obici

concentra un altro fuoco sulla pelle

amata,

avido di passione e di essenza

proponi un cessate il dovere,

difendi le cose che contano

e la pace del letto

dai guerrafondai della morale.

Chair à canon

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 14 luglio 2015 by Michele Nigro

napoleon-bonaparte-defaite-waterloo-bataille

(Waterloo in the flesh)

Lontana dalla battaglia

nel silenzio di campi insanguinati

riesci a sentirti parte della storia

oh gloriosa carne da cannone?

Non resta che l’uomo

se mi spoglio di quegli ideali

schierati in truppe convinte di patria.

Il pensiero semplice dell’individuo

interrompe lo schema tattico della fede,

è pura poesia quel grano ancora irto in mezzo ai morti

quello sprazzo di sole malato tra il fumo degli obici.

VIDEO CORRELATO: “Il sole di Austerlitz”, Giuni Russo

Born on the Fourth of July

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 21 novembre 2014 by Michele Nigro

born_on_the_fourth_of_july_07

Potrai dire un giorno

d’aver creduto, sbagliando

sacrificato gli anni migliori

veduto passare l’amore

senza poterlo cucire sulla pelle

tradito da una fede inutile.

Potrai dirlo,

d’aver capito troppo tardi

quali cose valgono e quali

solo propaganda del nulla

al potere, malsana bandiera di patria a luglio.

Un cieco ideale uccise la vita vera

la sua ridicola essenza casalinga, non eroica

sul fronte della ragion di stato,

reduce da te stesso

trascini quel che resta dell’orgoglio

lungo strade impotenti di sguardi pietosi

sofferta sopravvivenza all’errore.

Generazione ingannata, fottuta

illusa delusa abbandonata

ricominci a vedere con occhi nuovi

prima ancora di camminare

su gambe vecchie

code inermi di sirene in congedo.

Potrai dire un giorno, moderno Francesco

di aver amato comunque e con più forza

aggrappato al ricordo ubriaco

di un’esistenza che non ritorna.

a Ron Kovic

VVAWvetinwheelchair

God bless…

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 14 giugno 2014 by Michele Nigro

God-Bless-America

America!

Fondi il metallo dei vecchi cannoni gloriosi

per forgiare le armi di moderne crociate,

guerre sante su pellicola hollywoodiana

esigenze democratiche sparse nel mondo

l’avidità energetica inventa pretesti umanitari.

God bless… bombe intelligenti e cristiane.

Ronda planetaria del benessere, in nome di chi?

God bless… America!

Pax in tavola

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 4 giugno 2012 by Michele Nigro

Sull’annosa diatriba tra efficiente salutismo estetico e intellettualismo passivo, se sia più nobile e bello rimanere in forma per la guerra, e morire in perfetta salute fisica, o godersi la vita nell’ombra e gozzovigliando andarsene felici e malaticci. Ovvero se l’idealismo, la felicità, il coraggio e l’intelligenza siano sempre incompatibili con l’inestetismo e il non interventismo.

Sacrificar lo ventre alla beltà

è come sputar fin su lo crocifisso

la vita è bella nella sazietà

non per morir nella battaglia d’Isso.

Entrar dentro la bettola coi compari

senza sporcar di schiuma il grugno

è ‘n po’ come girar per lupanari

senza fornir la potta al terzo pugno.

Abili guerrieri, servi e frati in arme

lasciate in terra spada, scudo e lancia.

Per lo martirio siete già in allarme

e non prestate orecchio al suon di pancia?

Per divenir concime il tempo abbonda

non disdegnate tavola e cantine.

Voglio una barba che di vino gronda

e non sentirmi lesto al fosso affine.

Prodi crociati che v’allenate in piazza

non canzonate il lardo che m’adorna.

Meglio morir col cibo e la sollazza

più tòsto d’esser bardo che non torna.

dedicato a Mario Monicelli e Vittorio Gassman

Le barricate in piazza…

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , on 14 ottobre 2011 by Michele Nigro

“Le barricate in piazza le fai per conto della borghesia

che crea falsi miti di progresso.”

(da “Up patriots to arms”, F. Battiato)

<<Eppure, non sarebbe inconcepibile una vita senza libri?

[…] la risposta a questa domanda deriva dalla scelta che ognuno di noi fa: le rivoluzioni non capitano per caso; dopo aver sposato una causa (immanente o trascendente) si organizzano le “barricate” utilizzando il materiale che si ha a disposizione, in vista di un possibile attacco da parte di chi non sostiene e quindi combatte la nostra causa. Quella effettuata tramite i libri non può che essere una “rivoluzione bianca”, pacifica ma inesorabile e senza compromessi, diretta soprattutto al miglioramento del proprio “creato interiore”.

Ad affiancare l’azione rivoluzionaria deve esserci immancabilmente l’idea che nutre la rivoluzione e spinge gli uomini alla ricerca dentro e fuori di sé. Le immagini rappresentate nei libri per mezzo della parola non devono essere interpretate come blocchi dogmatici: si tratta di scenari proposti e mai imposti che agiscono lentamente nella nostra intimità fantasiosa fino a dare vita ad altre idee o, in alcuni casi, addirittura a ideali.>>

(da “La bistecca di Matrix”, pag. 20-21)

Echoes of sufi dances

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , on 6 luglio 2011 by Michele Nigro

Franco Battiato ha affermato in un’intervista con Carlo Silvestro per “King” nel 1991: “Incontrare la meditazione per me ha voluto dire incontrare la mia realtà interiore (…). È una specie di morte, anche se solo per un attimo: vedi morire la tua personalità e al tempo stesso vedi apparire la tua individualità, il tuo essere eterno e immortale. Questo ha aperto uno spiraglio totalmente nuovo nella mia esistenza.”

Una ‘morte’ necessaria che permette di raggiungere la vera modestia, l’umiltà liberatrice, il disprezzo di sé (da non confondere con l’autolesionismo e la disistima), il distacco dalle presunte conquiste, dai falsi traguardi, dai successi effimeri che ingannano. La propria individualità come uno strumento con cui esercitarsi quotidianamente, per essere in uno stato di miglioramento perenne. Uno strumento dinamico da contrapporre alla staticità della ‘personalità’. Battiato, da sempre vicino al mondo interiore dei mistici sufi, sottolinea questo bisogno di ‘annullamento’ anche nel simpatico incipit del brano in inglese “Up patriots to arms” dell’album “Echoes of sufi dances”: una donna parla al telefono con un interlocutore che non sentiamo, ma dal dialogo emerge la frase “nothing especial” – “niente di speciale” – in riferimento al brano “Up patriots to arms” che è già in sottofondo. La “armi” a cui sembrerebbe riferirsi Battiato – e al cui uso sprona i veri ‘patrioti’, non quelli che fanno barricate per conto della borghesia: migliorare il proprio ‘interiore’ significa migliorare l’intera patria – sono proprio queste: la distruzione dell’Io superbo, lo sviluppo dell’occhio interiore, la vera umiltà, il silenzio da contrapporre alla gloria, la modestia per combattere l’autoreferenzialità, il ‘non prendersi troppo sul serio’ per sopravvivere a se stessi e per riuscire a ridere con serenità dei potenti…

Ma questi sono solo “echi” di un lavoro infinito e affascinante.

“Yeeess? Hello, yeah this is Carola, who are you?… [l’altro tipo dice il suo nome, ma si sente solo la donna] Ah, sure I remember, uh Johnie! How are you?… What are you doing in New York?… Ahh, just passing through eh… California?! Oh Jesus! I was up there last year, it rained every day, yeah… it was terrible… [l’altro chiede a lei cosa sta facendo, ma non si sente] Oh, nothing but… listening to a record… Nothing especial. Just an Italian singer like you. Do you wanna hear it? Wait just a minute… I go and turn up the volume!”

‎”Siiì? Pronto, sono Carola, chi è?… [l’altro tipo dice il suo nome, ma si sente solo la donna] Ah sì che mi ricordo, Johnie! Come stai? Cosa fai a New York?… Ah, sei solo di passaggio… [l’altro presumo che dica dove è diretto] California?! Oddio, ci sono stato lo scorso anno, ha piovuto ogni giorno, sì… è stato terribile… [l’altro chiede a lei cosa sta facendo, ma non si sente] Oh, nulla in particolare. Sto ascoltando una canzone… Nulla di speciale. Solo un cantante italiano come te. Vuoi ascoltarlo? Aspetta solo un minuto… Vado e alzo il volume!”

(grazie a Tommaso Fia del BVT per la traduzione)

Up Patriots to arms!

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 23 ottobre 2010 by Michele Nigro

L’incipit arabo di “Up patriots to arms” e altri particolari.

Chi conosce la creatività musicale di Franco Battiato sa benissimo che ogni brano dell’artista siciliano possiede un meccanismo complesso, o comunque non ordinario, costituito di suoni, come è ovvio che sia, ma anche di voci quasi impercettibili, rimandi culturali, linguistici, geografici, storici, ponti spazio-temporali e anche di innocui e giocosi messaggi subliminali… <<Ma quali “messaggi subliminali”!?>> Ci tiene a precisare simpaticamente, con un “dispaccio” inviatomi su un famoso social network dopo aver letto questo post, Filippo “Phil” Destrieri – storico tastierista di Franco Battiato, all’epoca impegnato in studio con il cantautore proprio per registrare l’album “Patriots”: <<… a volte la realtà è più semplice e meno misteriosa della fantasia! […] in nessun disco di Franco, ci sono dei messaggi subliminali! Pensa che a quei tempi, per il super lavoro, non avevamo nemmeno il tempo per mangiare e poi figurati se il Bat si fa ste seghe mentali!>>.

Messaggi subliminali a parte, il brano “Up patriots to arms”, prima traccia dell’album “Patriots” (1980), rappresenta uno dei più fulgidi esempi di questa colta e al tempo stesso goliardica complessità: Battiato ha sempre amato ‘giocare’ con la frammentazione dei propri testi.

La vera e propria “parte musicale”, come tutti sanno, comincia con il frammento imperioso tratto dall’ouverture del “Tannhäuser” di Richard Wagner, ma i primi secondi della traccia qui presa in esame sono occupati da un incipit in lingua araba molto interessante: si tratta di un parlato il cui significato non viene rivelato nel booklet dell’album. La translitterazione di quel parlato è la seguente: “… nawl kull al-yawm, ashufna al-kull mushtatu, ashuftu wa-al-kull kull al-‘alam ‘andu ‘ashua ya amlu, wa-nahnu la ‘ashna…” la cui traduzione dovrebbe essere approssimativamente: “… ogni giorno, guardiamo le cose insignificanti, guardo tutto e tutto il mondo che vive di speranza, e noi non viviamo…” (translitterazione e traduzione a cura di Alessio Cantarella per il “Battiato Virtual Tribute”). Anche se non si conosce la fonte letteraria, ammesso che ce ne sia una, del parlato: potrebbe essere un anonimo poeta sufi? Uno degli “uomini straordinari” incontrati da Battiato durante i suoi viaggi? Niente di tutto questo: <<L’incipit arabo dell’Intro di “Up Patriots to arms” l’aveva registrato in studio un mio amico!>> – continua Destrieri nella sua opera di decostruzione delle leggende metropolitane riguardanti la genesi di uno dei brani più conosciuti e apprezzati di Battiato – <<Lo dicevo anche ad altri estimatori che un giorno di questi cercherò questo mio amico e gli farò ripetere l’incipit davanti al mio cellulare e poi pubblicherò il video, con la traduzione esatta!>> E aggiungo io: facendo conoscere finalmente al pubblico anche l’identità di chi ha prestato la propria voce per incidere un incipit che non poca curiosità ha suscitato e tutt’ora suscita nel pubblico (almeno a giudicare dalle statistiche fornite dalla piattaforma di questo blog riguardanti il tipo di ricerca effettuata in rete dagli utenti sul significato del titolo “Up patriots to arms!” e in particolare dell’incipit in arabo).

Quindi la traduzione di cui sopra è, per il momento, da prendere assolutamente con le molle: il presente post è un “work in progress” che ha già subito in passato alcune doverose revisioni; ma a quanto sembra – pur essendo stato pubblicato a Ottobre 2010 – continuerà a sorprendere i lettori di questo blog ancora per molto. Restate sintonizzati, dunque, se volete conoscere altre “verità” riguardanti il brano “Up patriots to arms!”Fin qui tutto “normale” e facilmente percepibile ascoltando il brano; ma tra 0:18 e 0:28, quando il parlato in arabo s’interseca ormai in maniera crescente con l’ouverture del Tannhäuser, Battiato si “diverte” a introdurre una voce quasi impercettibile a 0:18 che sembra dire: “Parla, maestro!” e a 0:28 la propria voce (?) che esclama: “Ah! Tuttu n’terra sei contento? Contento sei!” Qualcuno considera questa voce come la “voce della coscienza”, mentre Velvet-Grazia Capone (uno dei due amministratori del “Battiato Virtual Tribute”) asserisce: <<Più che la voce della coscienza, sembra di trovarsi di fronte a presenze e tracce di fantasmi con i loro inspiegabili frammenti di vite quotidiane vissute in altri tempi. Battiato lo dice: “io sono una calamita per certe presenze.”>>

Di seguito il frammento di traccia contenente anche la voce quasi impercettibile di Battiato, “isolata” adoperando tre filtri diversi (grazie ad Aquii del BVT):

spectralinv.mp3

tobrown.mp3

tovoice.mp3

E incalza Filippo Destrieri nel suo messaggio: <<… è perfettamente inutile filtrare poiché nel brano non esiste nessun’altra voce…>> Al di là delle voci percepibili a livello ‘liminale‘ (l’amico “arabo” di Destrieri nell’incipit, le voci delle “presenze” – tra cui, come già detto, quella dello stesso Battiato – e la più importante, indubitabilmente di Battiato, che canta il “testo ufficiale” presente nel booklet) non c’è nient’altro: i cacciatori di messaggi occulti sono definitivamente avvisati.

Il rischio di farsi delle seghe mentali – per dirla alla Destrieri – su un testo tutto sommato ‘semplice’, esiste ed è grande; ma come disse Massimo Troisi nel film “Il Postino”: <<la poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve>>. L’analisi soggettiva di un testo non è sinonimo di verità. Per fortuna!

I temi chiave del Tannhäuser di Wagner sono (cito dalla fonte Wikipedia): “… l’opposizione fra amore sacro e profano (tema caro a Battiato e più volte riesaminato anche a distanza di anni, n.d.b.) e la redenzione tramite l’amore…”; a rovinare i continui tentativi di redenzione da parte dell’essere umano (verticalità vs orizzontalità) interviene la quotidiana pochezza umana. E la voce appena percettibile di presenze o di testimoni “storici” ci ricorda questo fallimento: “Ah! Tuttu n’terra sei contento? Contento sei!” Quasi la voce di una madre (o di un padre) che redarguisce il figlio combina-guai e che non ascolta gli insegnamenti di chi è più saggio (del Maestro?)…

Perché l’uomo fallisce? La risposta potrebbe provenire da quella “amara” constatazione in lingua araba dolcemente sussurrata e non imposta (a differenza della “ramanzina” genitoriale: “Ah! Tuttu n’terra sei contento? Contento sei!”): “… ogni giorno, guardiamo le cose insignificanti, guardo tutto e tutto il mondo che vive di speranza, e noi non viviamo…” Falliamo perché veniamo distratti da stupide speranze e non viviamo veramente, pienamente. Ma che cosa significa “vivere pienamente”?

Alla luce di questa ipotetica e forse azzardata “triangolazione” (parlato in arabo – voci di presenze – ouverture) il titolo della canzone, anche se non ne aveva bisogno, acquista una valenza etica possente: Up patriots to arms, un incitamento patriottico letto nel 1975 su un cartellone in un pub di Birmingham, come per dire “alle armi interiori della volontà e della disciplina!”.
Pensiamo sempre che le nostre qualità siano un dono e non il potenziale risultato di un impegno, di una ricerca, di un miglioramento che richiede tempo e fatica. C’è chi riesce a stare a galla e a raggiungere certi obiettivi solo se viene trasportato dalla corrente di un fiume in piena, ovvero dal consenso travolgente di un’opinione pubblica acclamante. Pensiamo sempre che la salvezza provenga dall’alto (“La fantasia dei popoli che è giunta fino a noi non viene dalle stelle“).

Battiato sembra voler affermare: “non è colpa mia se nessuno ha il coraggio di prendersi le proprie responsabilità verso sé stesso, andando alla deriva. Non tutti stanno male per colpa della sfortuna o della società: spesso l’imbecillità reiterata dell’individuo è la sola causa di certi mali personali”. Spesso siamo noi i “carnefici” di noi stessi. Così come è una responsabilità personale “abboccare” alle dittature e agli opportunismi politici travestiti da ideologie indispensabili o da “partiti dell’amore”.
I pochi discepoli di Gurdjieff (certi insegnamenti esoterici non possono essere distribuiti alle masse ma solo a pochi, sennò l’insegnamento perde valore) possono essere giudicati male da chi, dall’esterno, nota alcuni esercizi fuori dal comune (lo studio di sé), ma si tratta di luci esoteriche che possono nel loro piccolo salvare il mondo: “noi siamo delle lucciole che stanno nelle tenebre.” Una lucciola non può eliminare le tenebre, ma può sicuramente illuminare il proprio ambito.

Anche un impero come quello musicale può essere deprimente; anche la cultura ufficiale è portatrice di menzogna e le sue rappresentazioni da palcoscenico sono fuorvianti. “I direttori artistici” e “gli addetti alla cultura”, quelli che si sentono obbligati a controllare lo standard di certe produzioni come succede nelle filiere industriali, investiti di tale carica non si sa bene da chi e per quali meriti, alla fine sono riusciti a far prevalere gli effetti speciali (i “fumi e raggi laser”) sui contenuti, la sicura commerciabilità del prodotto sulla rischiosa e poco remunerativa comunicazione di certi messaggi. Il prepensionamento e il cosiddetto ricambio generazionale potrebbero essere le soluzioni, anche se Battiato non si è mai dichiarato “giovanilista”. Gli “scemi che si muovono” e che non apportano nessuna novità alla sperimentazione musicale e alla conoscenza interiore, a volte hanno più successo di chi fa un certo tipo di ricerca.

“Impegnatevi!” raccomanda un Battiato per nulla scoraggiato, anche se spesso la musica contemporanea lo butta giù! Disciplina, sguardo interiore, addirittura negazione di ciò che viene proposto nel mondo musicale a cui Battiato appartiene e da cui non vuole farsi condizionare. Essere nel mondo, ma senza assorbire il male del mondo. Sembra facile, ma non lo è.
Salvare il mondo non significa sentirsi responsabili della Storia (Gurdjieff diceva sempre che l’uomo non può fare nulla!), ma la responsabilità di sé stessi è l’unica strada da perseguire. L’unica rivoluzione possibile (la vera barricata in piazza che fai per conto di te stesso) è quella interiore. Senza bisogno di ayatollah o di pontefici: cambiando il proprio mondo; seguendo la propria natura.

Seguire solo ed esclusivamente certi sfavillanti miti tecnocratici significa trascurare l’interiorità. Esibire la propria diversità (andando dai capelli fino alle scelte artistiche in qualità di musicisti e cantautori) può creare dei problemi: ma anche una semplice lucciola può fare la differenza in un mondo oscuro.

Il cammino indicato non è tra i più agevoli: occorre tantissimo impegno… E allora: Up patriots to arms! Engagez-Vous! (“Alle armi, patrioti! Impegnatevi!”)

(ultimo aggiornamento post: 29/3/2017)

Gruppo Facebook “SCALO A GRADO”

cop arca di noè
Lanciato ufficialmente la domenica di Pasqua dell’anno 2018 (1° Aprile, ma senza voler essere uno scherzo!), questo gruppo non poteva intitolarsi in altro modo, o così ci piace pensare.

“Fare scalo a Grado” significa fermarsi per leggere o venire a condividere scritti (propri o di altri autori) inerenti non solo la musica del cantautore siciliano Franco Battiato, ma anche le sue esperienze non musicali, il suo pensiero e i tanti affluenti culturali che lo hanno nutrito in tutti questi preziosi anni di attività; significa soffermarsi in un luogo sospeso tra la terra e il mare, un po’ isola e un po’ terraferma, al confine tra due nazioni immaginarie, tra il viaggio interiore e quello geografico, tra l’uomo che ricerca nel silenzio e l’artista che canta seduto su un tappeto.
Tutto questo, se vorrete, con una predisposizione al sincretismo, alla disappartenenza politica, religiosa e filosofica e alla multiculturalità. Al di là dei riti collettivi, non incoraggiati in questo gruppo.

https://www.facebook.com/groups/scaloagrado/

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