E’ uscito ed è in distribuzione il n.58 di “Future Shock”, pubblicazione di saggistica e narrativa di fantascienza curata da Antonio Scacco.
Tra i vari scritti presenti in questo numero, ho trovato particolarmente interessante l’articolo di Elisabetta Modena intitolato “Come è cambiata oggi la narrativa di fantascienza per giovani adulti”. Interessante non solo per l’excursus – su cui anche ci sarebbe da discutere – attraverso le varie “forme ibride” che caratterizzano l’attuale panorama della narrativa sci-fi (dalla tecno-novel alla fantascienza filosofico-esistenziale, dalla fantascienza psicologico-sentimentale ai rapporti tra fantascienza e favola, e fantascienza e fantasy), ma soprattutto per alcuni passaggi dell’articolo che, ne sono sicuro, non mancheranno di suscitare qualche polemica in seno al variegato mondo dei lettori e degli scrittori di fantascienza.
Nel paragrafo intitolato Parola d’ordine: contaminazione, Elisabetta Modena scrive: “Al giorno d’oggi […] La fantascienza si diluisce in ambientazioni semplicistiche che, a volte, di fantascienza hanno ben poco, o si mescola al fantasy tanto che i ragazzi non distinguono più tra fantastico, fantasy e science-fiction, mentre la fantascienza “dura e pura” è relegata a nicchie come, attualmente, il movimento del connettivismo italiano…” Premesso che sono d’accordo con la parte iniziale dello stralcio sopra riportato, nel senso che prima di cucinare dei “minestroni” bisognerebbe a mio avviso conoscere innanzitutto il sapore, il colore e la forma dei singoli ortaggi che andranno a comporre il minestrone, non sono invece per niente d’accordo con il resto: se c’è attualmente un movimento nell’ambito della cultura fantascientifica italiana che non aspira in alcun modo a essere “duro e puro”, né tanto meno a rimanere relegato in una nicchia, quello è il connettivismo. La contaminazione consapevole, la sperimentazione avanguardista, la multimedialità e la multidisciplinarietà, l’inquietudine spazio-temporale, la ricerca contenutistica che travalica il genere, il suo carattere open source, rendono il movimento connettivista non relegabile. E il motivo di questo mancato ‘arroccamento’ da parte dei connettivisti (e non solo dei connettivisti) ci viene fornito paradossalmente dalla stessa autrice dell’articolo quando all’inizio afferma: “… Oggi, la realtà è più complessa ed ecco che la fantascienza si adegua, diventa più sfaccettata e polimorfa…” Una sfaccettatura e un polimorfismo che non devono aspirare alla confusione (o al “minestrone” a cui accennavo) ma a un superamento consapevole, se vogliamo sperimentale, di barriere strutturali che non hanno più ragione di esistere. E poi ancora: “… osservo che la fantascienza, oggi, è usata in forme ibride, come se il concetto di fantascienza stesse cambiando.” La fantascienza è già cambiata! Si tende, secondo me erroneamente, a far coincidere la contaminatio con il tramonto della “fantascienza classica” e non si vuole sfruttare la grande occasione di rigenerazione offerta dai tempi. E’ vero che una volta il commesso di una libreria romana mi disse con tono infastidito che avrei potuto trovare “Bay City” di Richard K. Morgan nel reparto “Gialli”, ma questo non significa che a causa della confusione di pochi si debba rinunciare a un intero processo di rinnovamento.
Ma Elisabetta Modena non demorde e nella Conclusione del suo articolo, dopo aver sminuito persino l’importanza della narrativa distopica (“Trame spesso distopiche, in cui accadono avvenimenti terribili che lasciano il lettore a bocca aperta, a contemplare le macerie di quel che resta. […] E così la fantascienza si avvita su se stessa, implode, rimane terrorismo e basta, scientismo fine a se stesso…”) che a mio avviso costituisce uno dei pilastri fondamentali della letteratura sci-fi e per mezzo della quale poter seriamente riflettere sul presente, rincara la dose scrivendo: “… la questione dell’ibridazione dei generi: è un’operazione scorretta e rischia solo di creare la biblica torre di Babele…”
Nell’editoriale del n.4/2010 di IF (Rivista dell’Insolito e del Fantastico) intitolato “Il fascino discreto della contaminazione”, Carlo Bordoni afferma invece: “… A differenza della biologia e della medicina, la contaminazione in campo letterario è l’unica a non essere nociva, anzi, a produrre effetti benefici. Sulla creatività, soprattutto, incubando storie originali e stili innovativi che contribuiscono a svecchiare il settore. Perché i generi, di anni ne hanno, e tanti […] e a quella bell’età è naturale che si comincino ad avvertire gli acciacchi. Qualche scricchiolio dolorante, la ripetitività, la mancanza di memoria, la stanchezza sono sintomi inevitabili… […] A pensarci bene, da allora, […] Solo variazioni sul tema, qualche evoluzione, […] facendo attenzione a tenere ben distinti i confini tra un genere e l’altro. Una preoccupazione che si è rispecchiata persino nelle collane più popolari, contrassegnate da “colori” diversi, come le maglie di una squadra di calcio.”
Da questo articolo di Elisabetta Modena si evince che il dibattito all’interno della community c’è ed è vivo, fortunatamente. E il bello è che nessuno dovrà cercare di convincere l’altro: saranno i naturali tempi evolutivi della società da cui scaturisce il naturale bisogno di contaminazione, saranno le nuove esigenze dei lettori e non i dettami ideologici, le definizioni letterarie schematiche o i dogmi religiosi, a determinare la vittoria o la sconfitta di una linea rispetto a un’altra. Nel frattempo: rispetto, dialogo acceso, democrazia, convivenza.
E soprattutto, buona lettura!
40.608772
14.983035
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.