Seconda edizione (ebook e cartaceo) dedicata, tra gli altri, ai lavoratori Amazon di Piacenza, “Call Center – reloaded” è un racconto social fantasy pubblicato in prima edizione nel 2013: alcune scomode verità socio-economiche e culturali riguardanti i nostri tempi, evolvono in una specie di realismo magico lovecraftiano crudele e inesorabile. Partendo da temi caldi quali il lavoro, la precarietà, la mancanza di sicurezza economica in un futuro nebbioso, l’Autore cerca di descrivere la condizione ambigua dell’uomo moderno e ne approfitta per toccare il cuore dell’inganno consumistico: il lavoro è diventato un prodotto e i lavoratori-consumatori sono dei complici più o meno consapevoli. La “liquidità baumaniana” ha preso il sopravvento in ogni settore. L’informazione carpita dai “profili”, la conoscenza dei desideri, diventano risorse preziose per un Sistema che non lascia scampo. La libertà è un’utopia luminosa ma per conoscere la verità (e quindi riscattarsi dalle regole del Sistema) bisogna avere il coraggio di scendere in zone oscure, di sé stessi e del mondo lavorativo disumanizzato. E incontrare il “mostro”…
Archivio per disobbedienza
“The Doors in direzione del prossimo whiskey bar” di Giuseppe Calogiuri
Posted in nigrologia with tags 1968, anniversario, autore, brano, cambiamento, casa editrice, consapevolezza, controcorrente, controcultura, cultura, disobbedienza, edizione, festival, guerra, ideologia, lettura, liberazione, libertà, libro, lotta di classe, movimento, musica, politica, porte della percezione, potere, pubblicazione, racconto, ribellione, rivolta, rivoluzione, rock, saggistica, scontri, scrittore, sistema, società, storia, suono, U.S.A., università, usi e costumi on 3 gennaio 2017 by Michele NigroComunicato stampa
Il 4 gennaio diventerà ufficialmente il “Day Of The Doors” a Los Angeles e iQdB Edizioni di Stefano Donno è pronta a festeggiarlo con “The Doors in direzione del prossimo whiskey bar” di Giuseppe Calogiuri
Sono trascorsi 50 anni dall’esordio dei The Doors: era il 4 gennaio 1967 e l’omonino debut album usciva per Elektra Records. Per festeggiare il 50esimo anniversario, il “Day Of The Doors”, anche iQdB Edizioni di Stefano Donno è pronta con “The Doors in direzione del prossimo whiskey bar” di Giuseppe Calogiuri.
“Ci vuole coraggio. Sì, ci vuole molto coraggio nel chiedermi di scrivere una prefazione a un libro su di una band degli anni ’60. Perché, anche a voi che leggete, qual è il primo pensiero che vi viene in mente? Sicuramente uno di quegli insopportabili gruppi frikkettoni, hippie, pacifisti, lenti e insulsi sul modello di Mamas&Papas o Jefferson Airplane (ne sono certo). Per fortuna, anche in quegli anni terribili dal punto di vista musicale qualche luce affiorava nel buio. E, forse, una luce più di tutte, quella di The Doors! Ed è di questa luce che questo libro vi parla. Meglio, ve la racconta. E Giuseppe Calogiuri, conoscendo questa mia debolezza, ha saputo trovare lo strumento e il coraggio giusto. Ma, forse, è necessario andare per ordine… Il 4 gennaio 1967 The Doors pubblicano il loro primo album omonimo. Non siamo in un anno qualsiasi, quel 1967 segnerà la storia degli Stati Uniti, prima, e dell’intero mondo occidentale, poi. Già da qualche anno le forze armate di Washington combattono lontano da casa una guerra non ufficiale. Dall’inizio del suo mandato presidenziale, il “progressista” John F. Kennedy ha cominciato a prendere i ragazzi del suo paese per scaraventarli dall’altra parte del mondo. The Golden One (citando The Human League), figlio di una famiglia arricchitasi spropositatamente grazie al commercio illegale di alcol, ha precipitato gli Stati Uniti nel fango del Vietnam. Il suo successore, Lyndon B. Johnson, ha continuato il lavoro. Anzi, lo ha portato alle estreme conseguenze. Il 7 agosto 1964, il Congresso americano – approvando la H.J. Res. 1145 (conosciuta come la “Risoluzione del Tonchino”) – ha consegnato al Presidente un assegno in bianco per portare le truppe ovunque ritenesse necessario. È l’inizio della presidenza imperiale. E’ anche l’inizio, in pratica, della coscrizione obbligatoria per i giovani americani. Quella carne fresca serve. È indispensabile per combattere nelle paludi e nelle giungle del sud-est asiatico. Nel 1968, saranno ben 500.000 i soldati impiegati in Vietnam (con infiltrazioni anche in Cambogia e Laos per inseguire i charlie). In questo clima, le Università sono le istituzioni che, più di altre, risentono della guerra. I ragazzi che “vincono” alla perfida lotteria della coscrizione hanno solo tre scelte: 1) accettare l’arruolamento; 2) scappare, magari in Canada (come Jack Nicholson); oppure 3) scegliere la strada dell’obiezione di coscienza. La terza è una scelta difficile, ti mette fuori dalla società e, per questo, ci vuole un coraggio enorme. Un campione sportivo all’apice della carriera rifiuterà più volte l’arruolamento e il 20 giugno del 1967 sarà giudicato colpevole di tradimento. Quell’uomo era Muhammad Ali! Una nuova strada doveva essere trovata. E qui la musica sarà fondamentale come mezzo di aggregazione per tutti coloro i quali volevano fare qualcosa. Il 1967 regalerà alla costa occidentale degli Stati Uniti la Summer of Love e al Vecchio Continente la spinta alla rivolta studentesca, che in Europa inizierà nel maggio dell’anno dopo. La scintilla partita dall’Università di Berkeley, in California, diventerà fiamma viva in altri atenei, per trasformarsi in incendio a Parigi. Il Monterey Pop Festival del giugno 1967 sarà il pretesto che permetterà agli studenti di unirsi, confrontarsi e cogliere tutti i segnali che artisti come Jimi Hendrix o The Who sputavano dal palco. Segnali che, in un modo o in un altro, volevano dire rabbia. Beh, The Doors sono figli e, insieme, strumento di quella rabbia e di quella società americana che è confusa e terrorizzata dai suoi stessi leader. Una società che ha visto cadere i propri miti politici con l’assassinio di Kennedy, o quelli sportivi, con l’arresto di Ali, e che vede, continuamente, partire i propri ragazzi verso luoghi lontani e impronunziabili per tornare, poi, in casse avvolte dalla bandiera a stelle e strisce. Una generazione di giovani e adolescenti che si rifugia sempre più nelle droghe. Magari nuove droghe come l’LSD, che aprono nuove porte. E queste porte sono quelle già narrate da William Blake e che Jim Morrison, Ray Manzarek, Robby Krieger e John Densmore faranno proprie e attraverseranno con l’arroganza, l’incoscienza e la rabbia dell’età. Arroganza, incoscienza e rabbia che non si possono non condividere e abbracciare. Abbracciare anche da parte di chi, come me, è cresciuto con e nel punk, prima, e nella new wave, dopo.
Chair à canon
Posted in nigrologia with tags armi, armi di distrazione di massa, attimo, controcorrente, decostruzione, disobbedienza, esistenzialismo, eversivo, fede, fuga, gloria, guerra, guerrafondaio, guerriglia, ideale, indipendenza, individualismo, individualità, individuo, libertà, lontananza, morte, natura umana, patria, patrioti, patriottismo, pensiero, poesia, potere, silenzio, sistema, società, storia, strumentalizzazione, umanità, vita, web poetry on 14 luglio 2015 by Michele Nigro(Waterloo in the flesh)
Lontana dalla battaglia
nel silenzio di campi insanguinati
riesci a sentirti parte della storia
oh gloriosa carne da cannone?
Non resta che l’uomo
se mi spoglio di quegli ideali
schierati in truppe convinte di patria.
Il pensiero semplice dell’individuo
interrompe lo schema tattico della fede,
è pura poesia quel grano ancora irto in mezzo ai morti
quello sprazzo di sole malato tra il fumo degli obici.
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VIDEO CORRELATO: “Il sole di Austerlitz”, Giuni Russo
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Dylan
Posted in nigrologia with tags amore, cambiamento, caso, conoscenza, decostruzione, deserto, disobbedienza, dolore, esistenza, evoluzione, filosofia, fuga, istinto, libertà, lotta, morte, musica, natura, poesia, poeta, poetica, quest, ricerca, rivoluzione, strada, viaggio, vita, web poetry on 13 febbraio 2015 by Michele NigroSi trasformerà prima o poi
l’amore non dato e ricevuto
in strada da percorrere a piedi
verso quel mondo di sogni resi reali
dalla sorridente disperazione
di chi non si arrende
vagabondo che cerchi di cancellare
il suo volto dagli archivi del dolore.
Incroci deserti e polverosi, binari roventi
fontane poco generose, indicazioni sbiadite dal sole
fedele zaino macchiato di voglia d’andare, senza chitarra
la musica è già in te
ne hai fatto scorta
prima di staccare la spina dalla mortale routine
quanti chilometri per lenire
le ferite non viste
quanti volti nuovi
per capire cosa farne di te.
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“Donna al volante rivoluzione costante”: dalla primavera araba al futurismo saudita
Posted in nigrologia with tags cultura, disobbedienza, donna, futurismo, guida, lotta, Marinetti, popolo, primavera araba, religione, rivoluzione, società, usi e costumi on 17 giugno 2011 by Michele NigroQuando pensiamo alla cosiddetta ‘primavera araba’ ci vengono subito in mente le immagini del giovane egiziano che si dà fuoco per protesta davanti al Parlamento, della fuga dalla Tunisia di Ben Ali, della protesta finita nel sangue del popolo libico, degli scontri in Siria… Spesso, però, le rivoluzioni si nutrono anche di ‘lotte culturali’ incruente ma significative: lotte che affondano le proprie radici in bisogni semplici, scontati per noi occidentali, intrisi di praticità e quotidianità.
Un nutrito gruppo di irriducibili donne saudite, in questi giorni, sta protestando in nome di un diritto che potrebbe far sorridere la parte rosa ed emancipata del nostro mondo libero: il diritto a guidare un’automobile. Non si tratta di una sterile protesta di piazza in attesa di futuri cambiamenti legislativi ma di una manifestazione attiva e disobbediente: le donne di “Women2drive”, questo il nome del comitato che ha organizzato la protesta delle disobbedienti al volante, chiedono di poter circolare liberamente in auto e di non essere arrestate dalla polizia saudita se la mattina accompagnano i propri figli a scuola utilizzando l’automobile del marito-padrone fondamentalista. Tutto qui.
Non posso, in qualità di occidentale amante della cultura orientale e mediorientale ma che resta dubbioso dinanzi a tali eccessi interpretativi della legge coranica (si tratta, è vero, di una legge dello stato, ma sono fin troppo evidenti le connessioni con le varie proibizioni di origine ‘religiosa’), non ripercorrere una tappa in particolare dell’emancipazione della donna occidentale. E l’occasione mi viene fornita dalla rilettura del Manifesto della donna futurista scritto nel 1912 dalla bella francese Valentine de Saint-Point (nella foto), amante di Marinetti. Interessante il suo anti-femminismo (forse vedeva nel femminismo una sconfitta indiretta della natura femminile, un elemosinare diritti appartenenti alla mascolinità tradendo di fatto le potenzialità intrinseche nell’essere donna) e la sua successiva conversione all’Islam.
Marinetti aveva scritto tre anni prima (1909) nel Manifesto del Futurismo:
“Noi vogliamo glorificare […] il disprezzo della donna”
Parole da non fraintendere ma da interpretare provocatoriamente (parliamo di una provocazione lanciata all’inizio del XX secolo e non durante la ‘rivoluzione sessuale’ del ’68) in vista di un’emancipazione della donna raffigurata come ‘angelo del focolare’, tutta casa-chiesa-famiglia. Incalza la de Saint-Point nel 1912: “La maggioranza delle donne non è superiore né inferiore alla maggioranza degli uomini. Esse sono uguali. Tutte e due meritano lo stesso disprezzo.” E poi: “Ecco perchè nessuna rivoluzione deve rimanerle estranea; ecco perchè invece di disprezzare la donna, bisogna rivolgersi a lei.” Conclude: “DONNE, PER TROPPO TEMPO SVIATE FRA LE MORALI E I PREGIUDIZI, RITORNATE AL VOSTRO ISTINTO SUBLIME: ALLA VIOLENZA E ALLA CRUDELTÀ.”
È edificante poter rileggere il Manifesto della donna futurista (vi invito a farlo) alla luce dei fatti sopra descritti, facendo riferimento alla disobbedienza delle donne-guidatrici di Riad: la freschezza e l’attualità del pensiero della de Saint-Point è a dir poco entusiasmante.
Dopo la ‘primavera araba’ i tempi sono maturi, forse, anche per la realizzazione di un ‘futurismo saudita’.
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