<<Una sospensione del giudizio (in omaggio all’epochèdella “Fenomenologia” di Edmund Husserl) da applicare, in questo caso, non agli eventi naturali, bensì a quegli eventi umani esaltati dalla propaganda di una dittatura tecnocratica. Epochè significa “contemplazione disinteressata” realizzata tramite un distacco totale dal mondo, un atteggiamento svincolato da partecipazione. Sospendere il giudizio sui clamori televisivi e immanenti (che a tratti – così c’hanno fatto credere – potrebbero addirittura sembrare indispensabili) per contemplare le essenze dei fenomeni e delle cose (“Zu den Sachen selbst! Andiamo alle cose!” – il motto dei fenomenologi). Seguire (studiare) i reality shownon con la passione del fan teledipendente, ma con la scientificità dell’intellettuale curioso, disincantato e che prova compassione.>>
Per ‘fenomenologia’ s’intende la descrizione pura e semplice di un complesso di fenomeni, come si manifestano nello spazio e nel tempo. Per Husserl in particolare la fenomenologia ha il delicato compito di indagare sulle ‘essenze’, cioè sugli elementi fissi che si presentano nell’esperienza vissuta e sono colti dall’intuizione nelle esperienze più diverse… Dopo una simile premessa appare pleonastico sottolineare che chiunque si appresti a leggere questo libro di Enzo Di Mauro intitolato “Fenomenologia di Battiato” (ed. Auditorium) pensando di trovarsi dinanzi a un testo ossequioso, acritico e colmo di buonismo, finalizzato alla semplice descrizione (promozione) dei singoli album del cantautore siciliano, è destinato a incassare una solenne delusione. Si tratta, volendo trovare una definizione adatta, di un’analisi concisa, intuitiva (quindi onesta) e in alcuni punti ‘spietata’ riguardante il fenomeno creativo di uno degli artisti più interessanti e controversi del panorama musicale italiano degli ultimi quarant’anni.
Molti tra quelli che oggi si definiscono fan di Battiato (soprattutto i più giovani), in realtà hanno ‘scoperto’ questo grande autore in concomitanza del grande successo ottenuto con il brano “La cura”, accettando incondizionatamente la sua genialità musicale e senza avanzare dubbi sul suo risultato discografico. Il libro di Di Mauro, invece, non fa sconti o favoritismi: e questa ‘imparzialità scientifica’ nel descrivere il “personaggio Battiato” (caratterizzato da dualismi e contraddizioni) si avverte fin dal capitolo introduttivo scritto da Claudio Chianura: <<… Considerato come un vero e proprio maestro di pensiero, il suo parere viene richiesto sugli argomenti più disparati. Ma se cercassimo nelle sue innumerevoli dichiarazioni un pur minimo cenno di coerenza, resteremmo delusi.>> (pag. 24). Oppure: <<… Gli piace cullarsi nell’idea di aver compiuto un percorso ascetico, una evoluzione che dall’aridità sperimentale lo ha condotto al riconoscimento e all’apprezzamento generale, nobilitato di tanto in tanto da qualche puntatina nei giardini profumati del sacro e dell’opera, tra i banchi di una chiesa o i palchi di un teatro.>> (pag. 36)
Più anatomico e ‘cattivo’ il capitolo centrale di Di Mauro che dà il titolo al libro, ma si tratta di una ‘cattiveria’ necessaria, catartica, che scarnifica il segnale emesso da Battiato, rendendolo finalmente puro, ‘fenomenico’, privo di quei tipici abbellimenti da fanatico. L’autore c’invita, in fin dei conti, a non concentrare le nostre energie mentali solo ed esclusivamente nell’esegesi esasperata dei testi di Battiato (“cosa avrà voluto dirci il Maestro in questo brano?”), ma ad analizzare il ‘fenomeno Battiato’, la sua storia musicale e umana, con la freddezza degli scienziati, tentando di scrivere, a distanza di quarant’anni dall’inizio del suo cammino esperienziale, una ‘postfazione’ veritiera e scanzonata: <<… La rivolta, ogni rivolta, pretende la rinuncia, la sottrazione, l’ascesi, la solitudine, ossia il desiderio della sconfitta storica. A Battiato, invece, per sua fortuna, il consenso e il successo non sono mancati. Egli allora, in quanto pestigrafo e apocalittico, ha perduto, ma ha vinto come emblema, come stemma, come icona… di un’epoca che egli ha creduto di maledire.>> (pag. 62)
E questa spietata decostruzione rende il personaggio Franco Battiato ancor più interessante agli occhi di quei veri estimatori che mai si autodefiniranno semplicemente ‘fan’.
Il metodo ufficiale di ricerca storica possiede il merito, ed insieme il limite, di catalogare e razionalizzare, in base ad una sequenza cronologica e ad un riscontro nella realtà, tutti quegli eventi che caratterizzano un periodo, fornendo al giudizio dei posteri una necessaria e ordinata visione “dall’alto”. Ed è esattamente attuando tale visione “scientifica” ed equilibrata dei fatti che i documenti e le testimonianze “sparse” acquisiscono dignità storica ed entrano a far parte dell’eredità umana di una nazione e, nella maggior parte dei casi, dell’intero patrimonio storico mondiale.
A partire dai margini di tale nucleo storico ufficiale si estende l’ampia zona, non priva di fascino, della cosiddetta fenomenologia dietrologica (un neologismo binomiale al gusto di ossimoro) che, nonostante si affidi ai tipici strumenti di ricerca sperimentati dalla Storia Ufficiale [“fatto” storico (phainòmenon)> raccolta dati> dimostrazione], predilige l’indagine su più “maliziose” tematiche soggettivate e, per questo, non accettate definitivamente dagli storici. Un esempio relativamente recente – poco originale, a dire il vero! – potrebbe rivelarsi d’aiuto: affermare che la guerra in Iraq sia la conseguenza palese di una politica terroristica internazionale attuata da Al Qaeda è ormai un fatto storico dimostrato. La facilità mediatica del rapporto causa-effetto è fin troppo evidente: i terroristi distruggono le Torri Gemelle di New York e “di conseguenza” diviene necessaria una guerra preventiva per evitare futuri attacchi. L’indagine dietrologica (ufficiosa e tenuta a debita distanza dal Potere), invece, non si ferma dinanzi all’evidenza ed attua una ricerca più approfondita: rispolvera legami insabbiati, rivaluta antiche alleanze, tasta il polso ufficioso dell’attualità ed alcuni dati riesumati da tale ricerca diventano di dominio pubblico ed agevolmente riscontrabili anche dal più cauto ed ossequioso degli storici. Ritornando al nostro esempio: non è un mistero l’interesse petrolifero, certamente non archeologico, degli Stati Uniti (e in particolar modo dello “staff idrocarburico” dell’ex Presidente Bush) nei confronti dell’area mesopotamica… Ma una tale affermazione, anche se documentata, non comparirà mai sui futuri libri di storia. D’altronde il fatto che la Storia sia costellata di “omissis” non è per niente un dato originale.
C’è poi una terza zona, molto più ampia o addirittura, per sua natura, “concentricamente infinita” rispetto alle prime due: la zona delle ucronie (dette anche storie alternative o allostorie). Se nei confronti della fenomenologia dietrologica la Storia Ufficiale lascia aperte molte più porte di quanto non ammetta pubblicamente, nei confronti della letteratura fantastorica, invece, taglia o evita di creare – direi giustamente – qualsiasi legame. Concede, però, ai romanzi ucronici il privilegio di esplorare le ipotesi avanzate dagli Autori che si dilettano in questo genere, consapevole del fatto che gli eventi storici non sono nient’altro – si fa per dire – che il frutto di un continuo “sfregamento” tra i cosiddetti fattori predisponenti e le cause scatenanti. Non è compito degli storici indagare negli Universi Paralleli della Storia, anche se è proprio da questo tipo di universi che dovremmo ricevere, credo, il maggior numero di “insegnamenti” grazie ai quali evitare, o addirittura “prevenire”, i drammi della storia. Non mi riferisco al compito dei PreCog descritti nel “Rapporto di minoranza” di Philip K. Dick i quali, “vedendo” tragici accadimenti futuri, legittimano gli interventi della Polizia Preventiva (“PreCrime”) permettendo, così, l’arresto del reo non-confesso in procinto di commettere il delitto. Fantasioso esempio di “prevenzione” che trova la sua massima realizzazione nel mondo reale grazie all’ormai famosa “teoria della guerra preventiva” di Donald Rumsfeld e Paul Wolfowitz ed egregiamente applicata al caso iracheno.
Mi riferisco, invece, all’assopita Saggezza Umana che dovrebbe interpretare, nel normale fluire del Presente, che diviene Passato nel momento stesso in cui lo si nomina, i “segni” di chi ci sta affianco nel mondo. Segni che dovrebbero richiamare l’attenzione del mondo sul valore della “giustizia economica e sociale” globale, oltre che sui diritti inalienabili del “civilissimo” Occidente alle prese con una profonda crisi esistenziale. E a ricordare tale crisi ci pensano l’ex cardinale Joseph Ratzinger e Marcello Pera, nel loro libretto scritto a quattro mani dal titolo “Senza radici”, in cui si evidenzia, direi a ragione, la graduale perdita di un’identità religiosa (e non solo) europea; denunciano la crisi in atto senza mai spendere nemmeno una parola sulle connivenze politiche della vecchia e cara Europa nei confronti delle ingiuste manovre economiche perpetrate dai pre-Potenti in tutto il pianeta sfruttando la sigla del WTO o di altre organizzazioni pseudo mondialiste.
Il cerchio si chiude (il termine “periodo” deriva dal greco “perìodos” che significa circuito, giro…) e così la Storia coincide con le Ipotesi Espresse (i “fenomeni” di cui sopra): il vissuto è un continuo deviare da un percorso storico che in realtà non esiste se non per merito di chi crede nel Destino. Il percorso va tracciato alla fine del cammino e non durante o all’inizio. Crediamo di scegliere, ma in realtà deviamo continuamente in base a caotiche Leggi. La risultante parziale di tutte le deviazioni è la Vita che vediamo, in noi e fuori di noi, ma non già la “vita che sarà” perché quest’ultima è territorio esclusivo delle Ipotesi non storiche ma futuribili. La Storia è storia di deviazioni. E la Fantasia è l’unica “macchina del tempo”, attualmente, a nostra disposizione: grazie ad essa torniamo indietro nel tempo e rivivendo i fattori esistenziali dei personaggi storici su cui concentriamo la nostra attenzione, ne condividiamo le sensazioni e partecipiamo alle loro (possibili) deviazioni.
Il racconto “Vite parallele”, contenuto nella mia raccolta di racconti intitolata “Esperimenti”, (che non vuole assolutamente “scimmiottare” il romanzo ucronico di Norman Spinrad “Il signore della svastica” o altri esempi narrativi orbitanti intorno alla negativa figura storica di Adolf Hitler) vorrebbe considerare, utilizzando una trama volutamente scarna, una di queste ipotesi (storiche) non espresse, tenendo presente che lo “sfregamento”, a cui accennavamo poco fa, non conosce riposo ed esplora continuamente le infinite combinazioni del “divenire”. Come un calcolatore che lavora instancabilmente per trovare la sequenza numerica adatta a far scattare i relè della Storia.
Solo che, spesso, tale computo riprende in esame Ipotesi scartate in passato (il periodo, il “cerchio”, per definizione, “ritorna” al punto di partenza…), ricollocandole in scenari dalla Forma mutata ma dai Contenuti fin troppo noti: basti pensare ai recenti vagiti neonazisti nel Nord Europa e alle nostalgiche manifestazioni dei neofascisti italiani, rinsaviti dall’apparente buona salute di questo governo di centro-destra diluito da un buonismo videocratico, ripensando alle mancate glorie della Repubblica di Salò. Stoltamente non riconosciamo tali Ipotesi ed è più comodo per noi rifiutare a priori il concetto di “ciclicità” della Storia Umana. Ecco perché il desiderio inconsapevole dell’uomo, anche se suscita fisicamente tanta paura, è la Morte: per non avere la possibilità (o subire la condanna) di ricordare all’infinito il proprio vissuto e fare spazio, così, alle nuove combinazioni e deviazioni attuate da successori immemori. La “condanna” dell’Highlander non consisteva tanto nella fatica del vivere, quanto nella pena insita nel ricordo. Un dolore che è parte integrante del patrimonio umano: vivere è ricordare.
Qualcuno cerca di opporsi a tale desiderio di “morte mnemonica” alimentando la cosiddetta “memoria storica”, mentre altri si abbandonano alla romantica e deresponsabilizzante accettazione del destino umano.
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