
dedicato a Robin Williams/John Keating
Che cos’è la web poetry?
(interattività, multimedialità, ipertestualità)
Alla domanda “che cos’è la web poetry?” (tristemente somigliante all’interrogativo “che cos’è la poesia?” del Professore emerito Jonathan Evans Prichard evocato, e giustamente sbeffeggiato, nel film “L’attimo fuggente”) si sarebbe tentati di rispondere in maniera sbrigativa affermando che trattasi semplicemente di poesie pubblicate in internet, su blog, siti specializzati, social network… Quelli della mia generazione hanno vissuto e vivono a cavallo tra un’epoca cartacea e una digitale: prima dell’acquisto del mio primo personal computer per me poesia era sinonimo di antologie scolastiche, piccole biblioteche casalinghe, libri di poesie di famosi poeti da acquistare in libreria, antologie sfornate dai vari concorsi letterari sparsi in questa penisola di santi, poeti e navigatori. Poi con l’avvento del web 2.0 è accaduta una cosa straordinaria: la poesia, non più relegata nel meraviglioso mondo dei libri di carta, ha cominciato a sentirsi a proprio agio anche in ambienti meno classici e più interattivi, meno fruscianti e più scrolling. Una buona fetta di lettori aveva finalmente compreso che non è il mezzo bensì il contenuto a dover prevalere tra le priorità del “ricercatore”. Il lettore aveva scoperto, dopo anni di noterelle scritte a matita e affidate agli ampi margini lasciati in bianco tipici dei libri di poesia, di poter depositare il proprio giudizio critico-letterario o delle semplici impressioni personali collegate al vissuto, in tempo reale sotto forma di commento nei pressi della poesia appena letta in rete. A dire il vero l’interattività è un fenomeno che ha riguardato tutto il mondo della letteratura e non solo quello più ristretto e intimo della poesia: l’irraggiungibilità e la sacralità dell’Autore sono stati in tal modo scardinati dalla democratica invadenza del social networking; un’invadenza scelta, tra l’altro, dagli stessi Autori, stanchi di certe lentezze editoriali e di rimuginare in solitudine sui propri versi come tanti Abate Faria rinchiusi nei Castelli d’If della creatività.
Questa interattività influenza il percorso dell’Autore? Niente affatto. Se il progetto scritturale dell’Autore, concepito lontano dalle tastiere e dai modem, è forte, l’interattività avrà solo un ruolo marginale, complementare. Sarà un po’ come far entrare aria nuova in stanze già affrescate: il disegno e i colori non saranno alterati bensì entreranno in contatto con la luce, con il mondo. Afferma il mitico Professor John Keating, interpretato dal compianto e indimenticabile Robin Williams, sempre nel film “L’attimo fuggente” (Dead Poets Society) del regista Peter Weir: <<Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione…>>. Una passione destinata a divenire semplice pratica onanistica se non fosse corroborata dall’interazione tra autore e lettore: il web ha solo accelerato, diversificato e amplificato questa necessaria interattività, non l’ha inventata. In passato il lettore devoto attendeva paziente una presentazione pubblica per avvicinare e per interagire con il proprio “eroe” dotato di penna e dare così una ragione di esistere alle noterelle, a cui accennavamo, scritte a margine del testo mesi prima dell’incontro. Anche l’onanismo del lettore viene in tal modo sconfitto. La stessa cura avuta nello scrivere le impressioni da lettore sulla carta dei libri viene oggi richiesta ai lettori-commentatori sparsi lungo le vie immateriali della grande rete. Dal web non deriva niente di nuovo e il pensiero non si lascia influenzare dallo strumento, o almeno non più di quanto le tavolette d’argilla influenzarono il pensiero dei primi filosofi. Pensare il contrario significherebbe sottovalutare la storia evolutiva e le potenzialità dell’umanità: è l’uomo che immette nel mezzo le idee che in seguito il mezzo veicolerà, metabolizzerà e trasformerà (“il mezzo non è il messaggio”: pensiero anti-Marshall McLuhan). Non ne trasformerà il senso originario, sia chiaro, ma ne moltiplicherà le possibilità esistenziali viaggiando attraverso le città mentali di quella “razza umana” a cui faceva riferimento il Prof. Keating. 
Ma ancora non è completa la mia definizione di “web poetry”. Finora è stato sfiorato solo l’aspetto dell’interattività, accennando ai fattori positivi e non scendendo in strada alla ricerca di quelli negativi. Questo è un compito che lascerò volentieri svolgere ai non amanti di internet, a chi da anni coltiva ragioni personali nei confronti di un’esclusività cartacea legittima e sacrosanta. E lo dico da amante dei libri classicamente intesi, quei libri di carta che hanno caratterizzato il mio esordio nell’universo della lettura e continueranno a svolgere un ruolo primario e parallelo alle novità dell’editoria digitale.
L’aspetto che più m’interessa della web poetry è quello riguardante la sua “multimedialità”. Una poesia, estrapolata dal magico mondo del web 2.0 e stampata su carta senza orpelli aggiuntivi, dovrebbe da sola essere in grado di “autopromuoversi” facendo affidamento sull’arbitrarietà del verso (preferisco il termine “arbitrarietà” e non “licenza” che mi ricorda tanto la licenza di uccidere dell’agente 007 o la licenza per aprire un tabacchino), sul ritmo (o sull’aritmia) e quindi sulla musicalità (o sulla non bellezza musicale sostituita dalla potenza dei contenuti), sul potere evocativo insito nei versi, sulla concentrazione di senso che la distingue dalla prosa, sulla densità o meno di artifici retorici (io personalmente sarei più propenso, lì dove possibile e prefiggendosi precisi obiettivi evolutivi, alla loro definitiva “distruzione” piuttosto che a una conservazione forzata in nome della tradizione!), sulla pregnanza semantica e polivalente aperta delle parole che compongono il verso, sulla sua concentrata verticalità contro la lentezza dell’orizzontalità della prosa… Il testo poetico, da solo e senza aiuti esterni, dovrebbe “ipnotizzare” il lettore o almeno catturarne il lato primordiale in vista di viaggi verso terre inusitate. Ed è giusto che continui ad essere così.
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