Archivio per olismo

Attraversando il bardo, sguardi sull’aldilà

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 7 agosto 2015 by Michele Nigro

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Questo libricino di Franco Battiato rappresenta la raccolta di tutti i testi ascoltati nell’omonimo documentario in dvd: rileggere con i propri occhi quello che è stato ‘detto’, però, ha un altro effetto. Pur essendo un libro semplice, essenziale e strutturato in maniera elementare, “Attraversando il bardo” (sottotitolo: “Sguardi sull’aldilà”) sorvola un argomento potentissimo e che riguarda ogni essere vivente, e in particolar modo l’essere vivente cosciente: la morte. Al di là delle credenze religiose, degli approcci filosofici, della predisposizione all’esoterismo, del proprio essere atei, agnostici o credenti, quello che colpisce di questo libro/documentario è il coraggio dimostrato nell’accostare, sul versante escatologico, due mondi tenuti separati troppo a lungo: quello della spiritualità e quello della scienza. Un certo tipo di ricerca ‘trasversale’ esiste da tempo: da decenni un manipolo di “fisici hippie” (per dirla alla Kaiser David) e di uomini in cerca di Dio, tentano di percorrere un cammino comune non minato da antichi pregiudizi scolastici e ciechi dogmatismi. Quello che religioni e filosofie hanno cercato di descrivere nei secoli passati, oggi la scienza – e in particolar modo la fisica quantistica, anche grazie ai progressi compiuti in ambito sperimentale – comincia a spiegarlo, adoperando modelli plausibili confortati da dati scientifici, superando un atavico pudore dettato dalla delicatezza dell’argomento che sembrava essere dominio assoluto dei presbiteri o, molto peggio, dei maghi. Anche se il linguaggio usato in ambito religioso per descrivere determinati fenomeni conserva un’impronta che in molti definirebbero “fantasiosa” (perché nel corso di certi periodi storici la rappresentazione sintetica – diciamo pure “artistica” – di antiche saggezze era molto più efficace di una loro incompleta spiegazione scientifica), e non poteva essere diversamente dal momento che in passato occorreva comunicare importanti verità a un’umanità non istruita e non avendo a disposizione dati sperimentali, ci si rende conto che molto sta cambiando: l’accesso a certe tematiche scientifiche è stato facilitato in questi ultimi tempi e quindi risulta più agevole parlare liberamente di “fisica dell’immortalità”.

Ma il cammino è ancora lungo; come ho scritto in un mio post dedicato all’opera “Telesio” di Battiato e alla teoria dell’universo ologramma: <<… Da tempo si stanno ponendo le basi, seppure in forma esoterica, per lo sviluppo di una “spiritualità quantistica”, nonostante le varie religioni di stato, prima fra tutte quella cattolica, abbiano scoraggiato e continuino a scoraggiare i propri fedeli nel compiere ricerche spirituali scomode e alternative, forse perché impaurite dalla prospettiva di perdere un potere di mediazione escogitato per soddisfare delle esigenze di natura politica ed economica. L’invenzione dell’eresia (compresa quella scientifica) è servita e serve tuttora a difendere un vacuo ritualismo che non fa progredire l’umanità di un millimetro e che solo in rari casi è collegabile a piani d’interpretazione superiore, non confondibili con un “sacro magico” fatto di improbabili interventi divini. Non a caso i cosiddetti mistici, catalogati frettolosamente come santi o nella peggiore delle ipotesi come “pazzi”, sono una rarità in tutte le religioni e dovrebbero invece rappresentare l’occasione per una vera evoluzione spirituale e scientifica. Sugli altari delle chiese, durante le celebrazioni, insieme alle sacre scritture bisognerebbe leggere anche brani tratti da testi di fisica quantistica. Forse il Dio che abbiamo imparato ad antropomorfizzare nel corso dei secoli (incolpandolo di non intervenire in sciagure umane che non capiamo) è quell’ordine implicito così difficile da raggiungere e persino da intuire. L’ingerenza basata su dogmi incancreniti, però, è più conveniente della ricerca di una verità che trascende le organizzazioni religiose. Se la ricerca fosse orientata verso livelli alti, le guerre, gli odi interreligiosi, la difesa di certi principi non negoziabili, persino le quotidiane questioni di orgoglio nelle quali ci perdiamo, diventerebbero scorie: ma la storia, anche quella privata, c’insegna che non sempre le cose vanno così…>>

“Attraversando il bardo” è un’opera che dona serenità: la consapevolezza di possedere una mente che “non ha inizio” (e che di conseguenza non ha un termine), che siamo in interazione col tutto, che la morte non è la fine ma un’opportunità straordinaria di conoscenza ed è una festa per l’anima, sono verità che la nostra cultura materialistica da sempre mantiene a una certa distanza, e che al contrario potrebbero donarci già in vita un’autentica pace interiore. Serenità e pace non illusorie o instillate per fede, ma derivanti da una nuova coscienza.

Il “Telesio” olografico di Franco Battiato e la teoria dell’universo ologramma

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 3 aprile 2014 by Michele Nigro

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Se si ritornasse veramente a se stessi,

nel senso auspicato da Agostino,

nel senso del reditus in se ipsum,

sparendo il mondo esterno,

sparendo la natura, spariremmo noi stessi.

Dobbiamo riversarci interamente fuori di noi, per essere

(dal Primo Atto)

Si legge nel Manifesto del Connettivismo: <<Noi crediamo che il mistero dell’universo sia codificato in una chiave inafferrabile e indistruttibile: l’ologramma. Il principio olografico, il modello olonomico della mente e l’olomovimento: dalla struttura della realtà ai nostri schemi di senso la percezione conosce un solo paradigma, che racchiude le istanze della relatività e dell’indeterminazione.>> Il poliedrico musicista siciliano Franco Battiato grazie al suo Telesio, opera lirica in due atti e un epilogo dal libretto originale del filosofo Manlio Sgalambro, dimostra di aver rielaborato in forma teatrale un paradigma non più confinato in ambito teorico e scientifico ma fruibile a livello pratico, adattandolo a una ben precisa esigenza artistica. L’assenza fisica degli attori sulla scena, sostituiti da proiezioni olografiche preregistrate, realizza la relatività della percezione, sorprendendo i puristi dell’unicità del momento recitativo incarnato dalla presenza, ogni sera diversa e irripetibile, di persone reali.

Ma che cosa significa essere reali? Battiato non sceglie a caso l’olografia per rappresentare scenicamente la vita e il pensiero Bernardino_Telesiodel filosofo cosentino Bernardino Telesio, XVI secolo, che, criticando la fisica aristotelica basata su principi universali come materia, forma, sostanza, tentò di far capire ai suoi coevi la funzione principale svolta dalla percezione sensoriale nella spiegazione dei principi primi che sono alla base degli eventi naturali.

Telesio non conosceva l’olografia e non aveva a disposizione la meccanica quantistica. I sensi possono essere più importanti di una spiegazione metafisica: e quindi via dalle tavole attori e pesanti scenografie da trasportare di teatro in teatro. Battiato abdica alla materia e affida tutto all’illusione dei sensi. La scelta tecnica di questa particolare esperienza artistica si lega in maniera indissolubile ai contenuti del pensiero filosofico rappresentato. L’illusione della tridimensionalità offerta dall’olografia vince sulla falsa autorevolezza della materia. Grazie alla memorizzazione dell’informazione visiva, in seguito proiettata per mezzo di una luce laser, lo spiritus degli attori – per dirla alla Telesio! -, o meglio la loro passione recitativa, il movimento teatrale, il canto, unitamente agli allestimenti scenici, sopravvivono all’assenza fisica dei corpi e delle scenografie. Non si tratta di una semplice videoregistrazione di cui siamo consapevoli: l’ologramma sfida la coscienza disinformata sulla vera natura del visto. Come a voler dire: non è importante se sei a conoscenza della reale esistenza di quello che vedi, perché conta innanzitutto la percezione (o sarebbe meglio dire l’intuizione) dei contenuti.Battiato_Sgalambro

Solo il suono, e quindi la musica, è un fattore cosmico primordiale: pur essendo soggetto alle stesse regole della fisica quantistica, grazie alla sua preesistenza (lo sciamanesimo druidico, e non solo, ritiene che la musica sia un elemento inscindibile dalle origini dell’universo e collegabile al biblico “In principio era il Verbo” ovvero il suono iniziale che spiega la cosmogonia) ha un posto privilegiato nell’economia scenica. Uniche presenze dotate di consistenza fisica durante la prima, infatti, sono i musicisti dell’orchestra diretti dal Maestro Carlo Boccadoro: legame sopravvissuto tra sogno e realtà, l’immaterialità del suono prodotto dal vivo fa da trait d’union tra l’ologramma e la materia umana pagante presente in sala sotto forma di spettatori ben vestiti. Il concetto di truffa viene in tal modo sostituito dal bisogno di evoluzione: il fatto di aver acquistato un biglietto per vedere ologrammi invece di attori impegnati a sudare sotto i riflettori, a cantare e a ricordare battute, deve essere accolto come una sfida filosofica lanciata alle proprie abitudini sensoriali.

Viviamo in un universo strettamente interconnesso: nessun individuo è totalmente indipendente (anzi non lo è per niente), tutto è collegato a un ordine implicito invisibile. Superare la materialità dell’attore è solo il primo passo verso la scoperta di una nuova dimensione in cui siamo, olisticamente parlando, immersi. La fisica quantistica annulla l’importanza di un io organizzato ma illusorio; la soggettività (e quindi il malsano desiderio d’interazione tra attore e spettatore) è il residuo di una presunzione meccanicistica destinata, con il tempo e con l’umiltà derivante dall’esercizio di un altro tipo di osservazione, a estinguersi. La natura, c’insegna il pensiero di Telesio, va studiata attraverso i sensi e contemporaneamente per mezzo della negazione di questi: allo stesso modo l’esperienza sensoriale dell’ologramma minaccia il dominio della materia, perché quello che conta è la connessione delle parti tra di loro e con il tutto, e non la loro presunta autonomia.

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