Giuliano Brenna, cofondatore insieme a Roberto Maggiani del sito letterario La Recherche.it, ha recentemente pubblicato una recensione al mio racconto social fantasy “Call Center”.
Segue un breve stralcio:
<<… Il protagonista, in un fitto dialogo fra sé ed un sé più profondo, che in corsivo gli parla sottolineando le brutture del sistema, va all’origine del sistema stesso, scende nel profondo dell’edificio che ospita il famigerato Call Center e nel mentre scende anche nel proprio profondo a trovare la risposta che gli preme. In un crescendo in bilico tra Kafka e Matrix il protagonista giunge alla radice del male, la quale sembra essere solo una delle numerose ramificazioni di una immensa ragnatela che ha inesorabilmente catturato l’uomo…>>
[la recensione qui presentata si riferisce alla prima edizione del racconto pubblicata nel 2013, non più disponibile; per leggere la seconda edizione (2018) “Call Center – reloaded”, andate qui!]
<<Uno dei sintomi più fastidiosi di questa nevrosi applicata al mondo del libro è la cosiddetta “letteratura giustificata”: assistiamo, conniventi e compiaciuti, alla pubblicazione di libri da parte di autori che, consapevoli della debolezza del proprio testo o non del tutto convinti della funzione salvifica della scrittura, decidono di “devolvere l’intero ricavato delle vendite alla causa di Tizio o di Caio…”. Mi verrebbe da chiedere che fine abbia fatto il libro come opera d’arte che non ha bisogno di giustificarsi, nel contesto di una società velocemente produttivistica, tramite espedienti buonistici o tattiche di psico-marketing scadenti nel sentimentalismo.>>
<<Insieme al grande amore (ipocrita?) nei confronti dei libri, però, coesiste una coltre di sospetto che investe il mondo dei lettori: come in una sorta di “occhio del ciclone” soleggiato e sereno, ci adagiamo con il nostro libro preferito tra le mani in attesa che la tempesta si sposti, investendoci. Intorno al libro c’è una calma apparente che può essere interrotta da un momento all’altro. Sì, perché il lettore, pur essendo apprezzato e in un certo qual modo rispettato da chi intravede nella lettura una pratica nobile, deve contemporaneamente combattere contro una serie di pregiudizi legati alla nevrosi produttivistica che caratterizza la società moderna: leggere, in poche parole, è una perdita di tempo. Ma tempo per fare cosa? Per soddisfare i ritmi ossessivi ed efficienti delle catene industriali? Per consumare i prodotti del divertimentificio organizzato dai padroni dell’economia? Per essere presenti durante le manifestazioni tradizionali della massa belante? Per lasciarsi inebriare dal consenso della tribù d’appartenenza?>>
<<… L’accettazione mutualistica delle cosiddette Regole rende l’uomo e la donna “liberi” di muoversi in un contesto che li accetta in quanto è proprio il contesto, a sua volta, a essere accettato senza contraddittorio dai protagonisti della vita civile: la società-specchio riflette il comportamento dei suoi attori, a volte deformandolo, altre volte esaltandone o deprimendone impropriamente le sfumature che dovrebbero rimanere tali, andando addirittura al di là degli intenti iniziali. Più ci si muove e si agita il proprio corpo dinanzi a tali specchi sociali e maggiore sarà la deformazione della nostra immagine: il segreto per la tranquillità e per ottenere l’annullamento della critica da parte dei cosiddetti “cittadini produttivi” sembrerebbe essere l’immobilismo cosciente (o ereditato), ovvero l’eliminazione del pensiero alternativo, per alcuni sinonimo di eresia. La contestazione del contesto, al contrario, rappresenta il rifiuto globale e radicale di tutta la realtà socio-economica come protesta contro di essa. Marcuse ritiene la negazione una operazione logica e vitale, l’unica che l’uomo possa assumere nel mondo odierno.
Appare evidente che il passo verso l’accettazione del copione di una commedia scritta da altri (o di un dramma, a seconda dei punti di vista) è breve. Una società che a volte tradisce anche i fedeli taciturni (quelli che si affidano a un placido consensus gentiumpensando di essere graziati dalla massa assetata di gossip), ma da cui è difficile distaccarsi se non per mezzo di incommensurabili sforzi culturali uniti a solipsistici ma necessari esercizi di solitudine: una catarsi solitaria per realizzare l’allontanamento da quegli oggetti sociali ed economici di cui vorremmo liberarci e che rappresentano i “bracci armati” del Sistema. Un distacco che non deve per forza coincidere con l’asocialità, anche se tali distacchi ideologici causano quasi sempre un consequenziale distacco fisico e materiale da quella realtà accettata, invece, dalla maggioranza.
Una maggioranza che non comprende e che in un certo qual modo intimamente odia, disprezzando e combattendo, chiunque si distacchi dal già vissuto e dalla regola scritta che non ha mai deluso le passate generazioni. L’obiettivo, tuttavia, non è quello di passare dal soggettivismo all’alienazione, ma di riuscire a essere sé stessi nel contesto, come i robusti alberi di una nave che assecondano elasticamente la furia della tempesta: questa è la vera sfida…>>
La miniera d’oro di Sierra Pelada, Brasile. Foto di Sebastião Salgado
<<… l’importanza dello “stare insieme” deve essere preservata solo quando è assicurata una zona marginale non necessariamente di tipo spaziale in cui poter rielaborare liberamente le proprie esperienze, usando il tempo in base a un’interiore cronologia personalizzata non sottoposta al giudizio oppressivo e moralistico di un falso liberismo produttivistico ed esasperante travestito da Moda. “Moda” non in senso estetico o “tessile” bensì statistico ovvero considerando “il termine che si ripete con maggior frequenza” divenendo Legge inattaccabile agli occhi del consumatore distratto che ha abbandonato la via del Pensiero per affidarsi al fascino deleterio e meccanico dell’Avere: colui che ha, che possiede, che si affida ciecamente al funzionalismo, colui che “va di moda” ovvero che è frequente e quindi colui che viene considerato affidabile, in base a sofisticati quanto assurdi meccanismi allignati nei secoli, appare anche come imbattibile, giusto, bello, immortale, ineccepibile, statico dal punto di vista dialettico, agli occhi di chi vorrebbe possedere le stesse “fortune” e che di conseguenza, dichiarando la propria presunta debolezza, “iconizza” l’uomo di successo.>>
"Poesie minori Pensieri minimi"
sottotitolo: "materiali di risulta"
raccolta di Michele Nigro
(edizioni nugae 2.0 - 2018)
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Dimensioni formato PDF: 12,7×20,32cm – 5”×8”
ATTENZIONE: i formati MOBI-KINDLE, EPUB, AZW3, LIT,
utili per i fruitori di ebook reader, potranno essere richiesti
via e-mail direttamente all'Autore:
mikevelox@alice.it
"CALL CENTER - reloaded"
racconto social fantasy
di Michele Nigro
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L'uomo abita l'ombra delle parole, la giostra dell'ombra delle parole. Un "animale metafisico" lo ha definito Albert Caraco: un ente che dà luce al mondo attraverso le parole. Tra la parola e la luce cade l'ombra che le permette di splendere. Il Logos, infatti, è la struttura fondamentale, la lente di ingrandimento con la quale l'uomo legge l'universo.
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