La Federazione Lazio del P. Carc esprime piena solidarietà alle compagne e ai compagni del CSOA Corto Circuito per l’operazione di sgombero messa in campo dalle “autorità” e il conseguente sequestro dell’area tacciata di “gravi abusi edilizi”. L’accanimento contro il Corto Circuito (ripetutamente colpito ma incessantemente difeso dagli attivisti e dalle masse popolari del quartiere e della città), si spiega solo alla luce del ruolo politico che esercita da circa 30 anni a Roma, in virtù del quale non è solo uno dei padri delle occupazioni romane, ma è soprattutto uno dei motori importanti della lotta di classe romana: al servizio di questa il Corto Circuito ha costruito, in uno dei quartieri periferici di Roma, uno spazio accessibile alle masse popolari (la scuola e la palestra popolare, ma non solo) per svolgere attività che la società sempre di più nega e rende appannaggio esclusivo di ricchi e padroni: il diritto all’istruzione, allo sport, alla socialità e all’aggregazione sana, l’integrazione dei migranti, la difesa dell’ambiente, ecc.
Per questo “le mani sul Corto Circuito”, sono le mani sul diritto delle masse popolari a fare politica, a interessarsi di quello che succede nel mondo e a organizzarsi dal basso per cambiarlo. Questo è il motivo principale per cui la difesa della sua agibilità politica va assunta da chiunque oggi ha a cuore la costruzione dell’alternativa politica a Roma e nel paese intero.
D’altra parte lo sgombero del Corto Circuito, mostra l’urgenza di “dare le gambe” a quanto emerso il 4 ottobre nell’assemblea “Consultazione Popolare” dove a centinaia hanno sottolineato che nessuno si salva da solo e che le mille vertenze e battaglie in corso, nei vari campi (lavoro, casa, ambiente, istruzione, ecc.) possono trovare una soluzione positiva solo in una mobilitazione unitaria che punta a costruire un nuovo sistema di potere popolare, che nasce dal basso (si fonda sul ruolo attivo e sulla crescente partecipazione delle masse popolari) e che svolge una doppia funzione:
– rende la città ingovernabile ai poteri forti, tramite la mobilitazione e l’organizzazione popolare nella attuazione pratica delle soluzioni ai problemi più urgenti (casa, lavoro, manutenzione e vivibilità del territorio, emarginazione sociale, ecc.), alimenta e organizza la disobbedienza e il sabotaggio di tutte le regole imposte dal governo centrale e locale che solo se affrontate collettivamente (come affare pubblico e non questione privata), diventano un “problema” per le autorità centrali e locali;
– costruisce la nuova governabilità delle masse popolari, che potenzia il lavoro e l’attività che già centinaia di comitati, reti e associazioni svolgono nei nostri territori e in virtù del quale esistono “sacche di resistenza” in cui la barbarie del capitalismo fatica a fare terra bruciata: le mille strutture popolari (scuole, palestre, centri di accoglienza e integrazione per i migranti, centri di difesa e tutela delle donne, ecc.) che esistono a Roma sono già una rete organizzata e coordinata dove si impara ad occuparsi dell’individuo soprattutto occupandosi del collettivo e lavorando nel suo interesse.
Per il ruolo che già svolge, questa “rete” è già un embrione di governo del territorio alternativo a quello della politica borghese, conosce le questioni di cui è necessario occuparsi, ha già delle soluzioni pratiche e conta già su una certa disponibilità delle masse popolari a mobilitarsi per attuarle. In questo senso lo sviluppo del “controllo popolare” non può che accelerare il processo che porta le masse popolari a governarsi, se si pone l’obiettivo di costruire un comitato in ogni posto di lavoro, strada, caseggiato che agisce da “nuova autorità” locale, che afferma ciò che è legittimo su ciò che è legale. E’ questo il movimento che fa schierare nella pratica e non solo a parole, le amministrazioni locali (comunale e municipale), spingendole, con le buone o con le cattive, ad usare mezzi, fondi e risorse per provvedere alle questioni più urgenti che oggi affliggono la vita delle masse popolari romane e secondo priorità e decreti che vengono dal basso!
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“NESSUNO NASCE PULITO”
autore: Michele Nigro
anno pubblicazione: 2016
edizioni nugae 2.0
La raccolta intitolata “Nessuno nasce pulito” contiene poesie esperienziali. La singolare titolazione prende spunto dalla condizione embrionale, “sporca”, di ogni lirica nascente che con lentezza, dopo un lavoro di analisi interiore da parte dell’autore e di limatura del testo, giunge al lettore nella versione pubblica, “pulita”: egli, il lettore, può solo intuire il percorso intrapreso dal poeta, farlo proprio senza l’urgenza dell’interpretazione.
Si tratta di una “raccolta di formazione”: elencate in ordine alfabetico, per interrompere la consequenzialità cronologica tra i vari componimenti, le poesie selezionate rappresentano folgorazioni e intermittenze della mente con cui il poeta registra stati mentali, impressioni, epifanie appartenenti al suo vissuto. Sono un “manifesto esistenziale” in cui riconoscersi e farsi riconoscere. È una poesia urbana, quotidiana, che non ricerca una lingua pura, panica e arcaica; non insegue la tradizione. La parola utilizzata in questa raccolta non è una mimesi della realtà né del parlato. È una voce autentica, che adopera slittamenti di senso e si pone contro la linearità sia geometrica (la posizione della scrittura nello spazio del foglio) che di pensiero. [n.d.c.]
DOVE ACQUISTARLO?
cartaceo in vendita su ilmiolibro (Gruppo L’Espresso):
esempio di video viral marketing prima dell’uscita del libro
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… e poi è uscito!
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“NESSUNO NASCE PULITO”
autore: Michele Nigro
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Si tratta di una “raccolta di formazione”: elencate in ordine alfabetico, per interrompere la consequenzialità cronologica tra i vari componimenti, le poesie selezionate rappresentano folgorazioni e intermittenze della mente con cui il poeta registra stati mentali, impressioni, epifanie appartenenti al suo vissuto. Sono un “manifesto esistenziale” in cui riconoscersi e farsi riconoscere. È una poesia urbana, quotidiana, che non ricerca una lingua pura, panica e arcaica; non insegue la tradizione. La parola utilizzata in questa raccolta non è una mimesi della realtà né del parlato. È una voce autentica, che adopera slittamenti di senso e si pone contro la linearità sia geometrica (la posizione della scrittura nello spazio del foglio) che di pensiero. [n.d.c.]
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cartaceo in vendita su ilmiolibro (Gruppo L’Espresso):
“… non si può partecipare
subito a un concorso di poesia
che idea
intitolarla ‘apnea’
vale un primo posto…”
(“Il pescatore di asterischi” – Samuele Bersani)
Chi si appresta a scrivere il seguente post, in passato, ha partecipato a numerosissimi concorsi letterari comprendenti la cosiddetta “quota di partecipazione” o “tassa di lettura”, preferendo di gran lunga la prima definizione, anche se l’effetto è lo stesso, dal momento che viviamo in un paese i cui abitanti sono già abbondantemente tassati da chi governa e non c’è bisogno di esserlo anche in ambito culturale e creativo. Sempre lo scrivente gestisce un “servizio di recensione a pagamento” (ATTENZIONE: servizio non più attivo dal 19/08/2017, n.d.a) e quindi, prima che qualche detrattore di professione metta in evidenza questa sua presunta contraddizione, ci terrebbe a distinguere i due momenti “pagati”: mentre una recensione è caratterizzata da un rapporto privato tra recensore e autore, e il recensore non sfrutta secondariamente l’opera ma mette a disposizione il proprio tempo per recensire, tempo che deve essere valorizzato ricorrendo al vil denaro, nel caso delle opere inviate a un concorso letterario vi sono gli estremi per uno “sfruttamento” delle stesse nell’ambito di una manifestazione sociale o di un evento culturale pubblico, e quindi a volerla dire tutta dovrebbero essere gli autori partecipanti a ricevere un pagamento, dal momento che senza le loro opere la manifestazione letteraria non avrebbe luogo. Poiché anche questa ipotesi apparirà a molti di voi utopica e lontana dalle esigenze pratiche reali di chi organizza degli eventi che comportano una spesa, l’unica soluzione dovrebbe essere quella di indire bandi per concorsi letterari caratterizzati da un rapporto di gratuità tra autori/partecipanti e organizzatori/lettori, facendo affidamento quando possibile a fonti terze di sovvenzionamento.
Tenterò in seguito di elencare quelle che secondo il mio modesto parere sono le motivazioni che dovrebbero spingere un autore a partecipare solo ed esclusivamente a concorsi gratuiti o forse, addirittura, a non partecipare a nessun tipo di concorso:
al di là del fatto che chi partecipa, con il semplice “esserci”, alimenta già un meccanismo che tiene in piedi l’evento, c’è da dire che accade molto spesso di assistere anche alla conseguente nascita editoriale di antologie rimpolpate dalle opere in concorso e che dalla cui vendita i vari autori partecipanti non ricaveranno una cosiddetta “lira scannata”: i proventi serviranno a qualche opera di beneficenza di cui si perderanno le tracce dopo pochi minuti dalla fine del concorso o a un più realistico recupero di quelle spese anticipate dai volenterosi organizzatori che a volte si autotassano o alleggerendo le già esigue casse di una sconosciuta “associazione culturale” – in ogni angolo del mondo c’è sempre un’associazione culturale che sforna eventi – che per darsi una ragione di esistere più consistente della semplice registrazione negli elenchi dell’associazionismo, sceglie di “scendere in campo”, quello culturale ed editoriale, e salvare finalmente dall’annientamento letterario questa società già ampiamente devastata da WhatsApp e Facebook! La maggior parte dei concorsi, inoltre, non inviando neanche una copia omaggio all’autore (e dico “una”, con la sacrosanta clausola di pagare almeno le altre eventualmente ordinate), costringe quest’ultimo a dover aggiungere alla succitata tassa di lettura anche un’altra tassa di lettura, ovvero la propria: va pagato il piacere vanitoso e vano del leggersi su un prodotto editoriale destinato il più delle volte a circuiti interni (“io leggo te, tu leggi me!”) e sconosciuti alle grandi “correnti” commerciali. In tanti anni di partecipazione a questa tipologia di concorsi, solo una volta mi è capitato di intravedere una di queste antologie tra gli scaffali di un famoso bookstore abituato a metabolizzare altre tipologie di prodotti e a ritmi ben più serrati di quelli di un’antologia con cadenza annuale. Ma a volte questi “prodotti di nicchia” sfuggono al duro filtro del marketing per giungere alla vista del grande pubblico.
Sono lieto di annunciare a voi, Lettrici e Lettori del blog “Nigricante”, l’uscita del volume Umafeminità. Cento poet* per un’innovazione linguistico-etica (contenente anche la mia poesia intitolata “Acidità di cervello”) curato dalla scrittrice e poetessa Nadia Cavalera, cofondatrice a Modena insieme al poeta Edoardo Sanguineti della rivista letteraria Bollettario.
È già iniziata la distribuzione del volume nelle librerie e sui portali di vendita online; e anche quiqui e qui
Cos’è l’Umafeminità? Ce lo spiega nel suo appello Nadia Cavalera che ha lanciato l’idea di questa “utopia”, come lei stessa definisce l’urgente esigenza alla base di una pacifica “chiamata alle armi”, cominciando da quelle del linguaggio:
<< Mi dissocio da quanto avviene in questo mondo agli sgoccioli Non nel mio nome i morti delle tante guerre volute e gestite dagli uomini Non nel mio nome le vittime di infiniti soprusi politici economici sociali etici Non nel mio nome la violenza la sopraffazione l’ingiustizia imperante Mi dissocio dall’UMANITA’ e rilancio la nascita di un nuovo nome da cui ripartire per la costruzione di un’era nuova. Ripartiamo con l’UMAFEMINITA’>>
"Poesie minori Pensieri minimi"
sottotitolo: "materiali di risulta"
raccolta di Michele Nigro
(edizioni nugae 2.0 - 2018)
LEGGILA GRATIS, ORA!
FREE DOWNLOAD!
(per leggere e/o scaricare il PDF pronto per la stampa: cliccare sull'immagine di copertina)
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Dimensioni formato PDF: 12,7×20,32cm – 5”×8”
ATTENZIONE: i formati MOBI-KINDLE, EPUB, AZW3, LIT,
utili per i fruitori di ebook reader, potranno essere richiesti
via e-mail direttamente all'Autore:
mikevelox@alice.it
"CALL CENTER - reloaded"
racconto social fantasy
di Michele Nigro
su STREETLIB STORES
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L'uomo abita l'ombra delle parole, la giostra dell'ombra delle parole. Un "animale metafisico" lo ha definito Albert Caraco: un ente che dà luce al mondo attraverso le parole. Tra la parola e la luce cade l'ombra che le permette di splendere. Il Logos, infatti, è la struttura fondamentale, la lente di ingrandimento con la quale l'uomo legge l'universo.
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