La poesia “Non andartene docile in quella buona notte”, letta in questo video da Michele Nigro, è tratta dalla raccolta “Poesie – Dylan Thomas” ed. Einaudi 2002, a cura di Renzo S. Crivelli, traduzione di Ariodante Marianni.
La poesia “Non andartene docile in quella buona notte”, letta in questo video da Michele Nigro, è tratta dalla raccolta “Poesie – Dylan Thomas” ed. Einaudi 2002, a cura di Renzo S. Crivelli, traduzione di Ariodante Marianni.
Giorgio Moio, poeta, saggista, critico letterario, editore, m’informa della presenza sul n.9 di “Frequenze Poetiche”, rivista di poesia internazionale ed altro, del mio scritto semi-autobiografico intitolato “1978 – 2018: comunicato n.7”, lievemente ri-editato per l’occasione dalla redazione di FP. Al di là del personale contributo, trattasi di un numero ricco e interessante, come si può evincere dall’indice. Buona lettura!
Segue come da comunicato:
INDICE
POETI – SCRITTORI – DONNE E UOMINI ILLUSTRI DEL PASSATO
– Maria Farina, Eleonora Duse…………………………………. p. 5
POETI DA RICORDARE
– Octavio Paz, Henri Michaux: viaggio nell’abisso………….. ” 9
CRITICA LETTERARIA & D’ARTE
– Antonio Sacco, Relazione tra poesia e pittura…………. ” 17
– Javier Josè Rodriguez Vallejo, Baudelaire una lucie’rnaga que illumina una biblioteca de Arteaga……………………………………………………………………………………….. ” 22
POESIA ITALIANA CONTEMPORANEA
– Leopoldo Attolico, La musica è finita………………………………………… ” 27
POESIA STRANIERA CONTEMPORANEA
– Carlos Vitale, Jornada y otros poemas…………………………………….. ” 31
POESIA VISUALE – SCRITTURE ASEMANTICHE – ARTI VISIVE
– Carlo Bugli, Senza titolo………………………………………………………….. ” 25
– Fabio Strinati, Quattro musiche visuali………………………………………. ” 31
PROSA – AFORISMI – HAIKU
– Michele Nigro, 1978 – 2018: comunicato n.7…………….. ” 40
RIVISTE DI LETTERATURA
– Raffaele Giglio, «Critica Letteraria». Una rivista
napoletana………………………………………………………………. ” 53
DISCUSSIONI & INTERVISTE
– Giorgio Moio, Intervista a Marco Palladini…………………. ” 61
LETTURE & RILETTURE
– Alfonso Amendola, Della feroce limpidezza in
Bruno Di Pietro…………………………………………………………. ” 71
– Francesco Aprile, La fiera degl’inganni di Giorgio Moio…………………….. ” 73
– Marilena Cataldini, Riflessioni al varco di un cancello……………….. ” 75
MOSTRE D’ARTE – EVENTI – NOTIZIARIO ………………… ” 78
GOTICO
Insolito e Fantastico n. 19
Sommario
Gotico e neogotico, eredi del passato, di Carlo Bordoni
L’orrore ben temprato del fantastico irlandese (Romolo Runcini)
Introduzione al “gothic novel” (Carlo Bordoni)
Trasformazioni e sopravvivenze (Giorgio Rimondi)
Thomas Tryon e il gotico americano (Riccardo Gramantieri)
Impronte gotiche in Shining (Barbara Sanguineti)
Vathek: quando l’occidente sapeva guardare ( Riccardo Rosati)
L’inferno che stiamo attraversando (Giuseppe Panella)
Mondi e visioni della notte (Walter Catalano)
Poe oltre Poe (Vito Tripi)
Il Faust di Goethe, parodia del gotico (Chiara Nejrotti)
Le suggestioni gotiche del cinema di Burton (Max Gobbo)
Solo un Dio ci può salvare (Claudio Asciuti)
Conte Dracula: vittima o carnefice (Jole Ottazzi)
Intervista (Piero Prosperi)
Un vecchio diario (Piero Prosperi)
Lo scricchiolio del gelo (S. Gaut vel Hartman)
Il portale (Alex Barcaro)
Incontro (Andrea Ferrari)
Il simulacro (Andrea Franzoni)
L’ombra dei migratori (Massimo Prandini)
Le meraviglie del Duemila (Emilio Salgari)
Ancora sulle biblioteche (Donato Altomare)
Nel labirinto di Cronenberg (Walter Catalano)
Il futuro di Urania (Walter Catalano)
Dalle ucronie di Sarban a Sawyer in giallo (Claudio Asciuti)
Distopie italiane (Giuseppe Panella)
Una dittatura medica (Nunziante Albano)
Linus e il regressio ad uterum (Claudio Asciuti)
http://www.tabulafati.com/ec/product_info.php?products_id=986
Il saggio su Tolkien e Manzoni “Il momento della partenza. Analogie e differenze tra gli illustri esempi di Manzoni e Tolkien” è stato pubblicato su Nuove Lettere dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli. Per leggerlo, cliccare qui.
E nel post che trovate qui invece ho tentato, tempo fa, di spiegarmi il perché (o i perché) di questo scritto.
Insinuazioni bibliche su
“Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma”
(le misteriose nascite di Gesù il Nazareno e Anakin Skywalker)
La saga fantascientifica di “Guerre Stellari” possiede una struttura eterogenea e attinge elementi da varie fonti; in particolare è disseminata di riferimenti biblici velati o palesi: le frequenti ambientazioni desertiche in ricordo del “deserto dei padri” di origine veterotestamentaria e il deserto come luogo di ricerca spirituale silenziosa, di isolamento e di espiazione, di passaggio, di sospensione storica e di attesa (ad es. il vecchio “Ben”, Obi-Wan Kenobi, in “Star Wars Episodio IV – Una nuova speranza”); l’aridità del pianeta Tatooine, e le sue abitazioni povere, ricordano alcune zone della Palestina ai tempi di Gesù il Nazareno; l’Impero Galattico di Darth Sidious è molto simile all’Impero romano di Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto; Coruscant è come Roma caput mundi, o sarebbe meglio dire caput universi, con tanto di Senatus Populusque Romanus in versione galattica… Numerosi anche i riferimenti alla cultura religiosa cristiana: ad esempio l’organizzazione dei Cavalieri Jedi ricalca in molti punti quella monastico-spirituale di certi ordini religiosi cavallereschi (o religioso-militari) appartenenti alla nostra cristianità medievale (anche se le spade laser dei Jedi ricordano di più le katana, le tradizionali spade giapponesi utilizzate dai samurai). L’obiettivo di George Lucas non è stato certamente quello di riproporre in chiave science fantasy la storia contenuta nella Bibbia (lo dimostra il fatto che nella saga convergono, come già ricordato, più elementi eterogenei, non solo di natura biblica, provenienti da culture e tempi differenti, e da fonti letterarie e cinematografiche differenti), ma di sicuro ha, per così dire, “preso in prestito” alcuni elementi di origine biblica. Il più importante dei quali è contenuto nel primo film della trilogia prequel intitolato “Star Wars Episodio I – La minaccia fantasma” che, come gli estimatori della saga sanno, affronta in maniera approfondita, a distanza di circa vent’anni dalla proiezione nei cinema degli episodi IV, V e VI, i fatti “storici” e le vicissitudini personali dei protagonisti che sono alla base delle avventure descritte di seguito nella cosiddetta “trilogia originale”.
In “Star Wars Episodio I” la madre del piccolo Anakin Skywalker, Shmi Skywalker, confida al maestro Jedi Qui-Gon Jinn che Anakin non ha un padre, che il suo concepimento è stato un inspiegabile miracolo, frutto presumibilmente della cosiddetta Forza, un’energia onnipresente che pervade e sostiene l’intero universo, e ad opera dei midi-chlorian di cui si dirà tra breve. La scienza ha fornito un nome poco romantico a questo fenomeno presente in natura tra alcune piante e animali: partenogenesi, ovvero riproduzione verginale, quando lo sviluppo dell’uovo avviene senza che questo sia stato fecondato.
Dice Shmi:
<<Non c’è stato un padre.
Io l’ho portato in grembo, l’ho fatto nascere, l’ho cresciuto.
Non so spiegare cos’è successo…>>
Questo evento straordinario non può non richiamare alla mente il dogma religioso, citato nella Bibbia, riguardante il cosiddetto concepimento verginale di Gesù da parte di sua madre Maria, scelta da Dio per mettere al mondo il proprio figlio. Le differenze tra i due concepimenti, a ben vedere, sono irrilevanti (i recenti avvicinamenti, confermati più dalla scienza che dalla religione, tra spiritualità e meccanica quantistica ci suggeriscono un’interessante indistinguibilità tra il concetto di “divinità” tipicamente intesa e quello di energia “intelligente”): in entrambi i casi le cause del concepimento, in un certo modo, sono “conosciute”. Il Dio degli Ebrei e la Forza nella saga di “Star Wars” sono punti di riferimento insostituibili nella concezione dell’universo e comunemente accettati. Nel caso della Forza, però, interviene anche una sorta di spiegazione scientifica a supporto della struttura mistica che caratterizza la fede dei Cavalieri Jedi: i midi-chlorian, forme di vita microscopica che vivono in
simbiosi all’interno delle cellule di tutti gli esseri viventi e che permettono la percezione della Forza, come se fossero una specie di ponte tra gli esseri viventi dell’universo e la Forza stessa, la connessione tra la mente di un individuo e la Forza. I mistici di tutte le religioni del nostro mondo, non possedendo i midi-chlorian inventati per la saga di “Star Wars”, hanno dovuto affidarsi ad altri “ponti”, sviluppando altre facoltà spirituali meno fantasiose ma altrettanto portentose. In comune tra i Cavalieri Jedi e i nostri mistici vi è l’annullamento del pensiero in favore della percezione. Come insegna il maestro Qui-Gon Jinn ad Anakin:
<<Senza i midi-chlorian non esisterebbe la vita, e noi non saremmo consapevoli della Forza. In ogni istante essi ci parlano, comunicandoci il volere della Forza. Quando imparerai a placare la mente, sentirai che ti parlano.>>
… ricevo e con piacere ritrasmetto…
Giuseppe Dessì in Europa e nel mondo:
le novità nel panorama editoriale straniero.
*
La Fondazione Giuseppe Dessì, attraverso il Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita dello scrittore sardo (nato a Cagliari nel 1909 e morto a Roma nel 1977), ha promosso una serie di iniziative per la diffusione e la valorizzazione all’estero delle opere e del messaggio di Dessì.
In particolare, i romanzi “San Silvano” e “Il disertore” hanno incontrato l’attenzione del panorama editoriale internazionale. Frutto della preziosa collaborazione dell’Istituto Italiano di Cultura in Svezia, guidato dal professor Paolo Grossi, la versione svedese di “San Silvano” è stata presentata a Stoccolma lo scorso ottobre. Tradotto e introdotto da Oleksandra Rekut, il romanzo è stato pubblicato anche in Ucraina nel numero monografico della rivista “Vsesvit”.
“Il Disertore” sarà invece disponibile entro l’anno prossimo per il mercato editoriale in Spagna (dove uscirà per i tipi dell’Editorial Catedra, con traduzione e introduzione di María de las Nieves Muñiz Muñiz) e in Lituania (tradotto da Gingiute Beruta Piatrovna e pubblicato dalla Charidbe di Vilnius, con introduzione firmata da Anna Dolfi, tra le massime studiose dell’opera di Dessì).
Oltreoceano, il Brasile ha mostrato particolare interesse e intenzioni editoriali per le opere dello scrittore sardo, ma la Fondazione Dessì e il Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita stanno predisponendo contatti di collaborazione anche con diversi altri paesi extra-europei.
In Italia, intanto, è imminente la pubblicazione per l’editore Bulzoni di “Dessì tra traduzioni e edizioni”: un saggio che, grazie al lavoro sinergico di numerosi studiosi, traccia un quadro della diffusione dell’opera dessiana nei diversi paesi del Vecchio Continente.
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FONDAZIONE GIUSEPPE DESSÌ
Via Roma, 65 – 09039 – Villacidro (Medio Campidano)
tel. 070 93 14 387 – 3474117655 – 3406660530
fax 178 22 18 462
E-mail: fondessi@tiscali.it
Ufficio stampa:
RICCARDO SGUALDINI
tel.: 070 34 95 415 ; cell. 347 83 29 583
E-mail: tagomago.1@gmail.com
CRISTIANO BANDINI
cell. 349 58 38 311 ;
E-mail: cristiano.bandini@gmail.com
Il mio saggio intitolato “Il momento della partenza – Analogie e differenze tra gli esempi di Manzoni e Tolkien” è da oggi disponibile gratuitamente (qui) in versione e-book (pdf), grazie alla pregevole iniziativa degli amici de “LaRecherche.it” (Rivista Letteraria Libera), nella collana collegata E-book: i Libri liberi de LaRecherche.it.
Roberto Maggiani, curatore (insieme a Giuliano Brenna) de LaRecherche.it, ha le idee molto chiare, e non è il solo in questo periodo florido per l’editoria digitale, sull’argomento e-book: “Pubblicare un eBook permette di ridurre l’impatto ambientale dovuto all’abbattimento di alberi, oltre che una migliore, più mirata e capillare, distribuzione che dona al libro una viva visibilità destinata a perdurare nel tempo.”
Non conoscerò mai del tutto le motivazioni inconsce che mi hanno spinto verso la formulazione di analogie “scandalose” per un certo mondo accademico. Un mondo che in alcuni casi tende a separare in maniera drastica epoche e personaggi a causa di una non dichiarata paura nei confronti di accostamenti considerati audaci ma a mio avviso possibili e necessari. La letteratura per sua natura annulla il tempo e lo spazio, avvicina mondi inconciliabili, dà vita a dialoghi impossibili: tutto questo è realizzabile grazie al fatto che le idee primordiali, gli archetipi da cui derivano i personaggi e i racconti di ogni epoca, sono incorruttibili e la loro validità è costante. Cambia la forma, ma i contenuti tematici si riverberano nel tempo, passando addirittura da un genere letterario all’altro. Non conoscerò mai, dicevo, le motivazioni intime che mi hanno spinto a scrivere questo saggio; posso avanzare solo ipotesi: forse il bisogno di alcuni cambiamenti esistenziali che in maniera inconsapevole identifico nella partenza; l’aver finalmente realizzato che molte delle cose che consideriamo eterne in realtà sono passeggere; che noi stessi siamo di passaggio e che i cosiddetti ‘punti fermi’ della nostra vita sono solo effimere illusioni; il bisogno di compiere viaggi destabilizzanti per meglio apprezzare la tradizione, di riscoprire la ricerca per salvarsi dalla monotonia degli schematismi… La vita è movimento; l’evoluzione è crisi; il dolore a volte è preliminare alla gioia. I luoghi e gli oggetti che amiamo non c’appartengono: il viaggio ripristina la gerarchia dei valori.
La stesura di questo lavoro saggistico (da me ribattezzato ‘cut up intertestuale’), nato da un’idea maturata nel corso del 2010 e forse stimolato dalle varie ‘partenze’ in qualità di viaggiatore che hanno caratterizzato l’estate di quell’anno, ha avuto la possibilità di realizzarsi anche grazie alla provvida lettura di un libro di Marco Santambrogio intitolato “Manuale di scrittura (non creativa)”, Laterza editori. Filosofo del linguaggio all’Università di Parma, Santambrogio presenta in maniera scientifica e meticolosa gli ‘strumenti’ grazie ai quali poter analizzare un testo, costruire un’argomentazione inattaccabile e realizzare la stesura del proprio saggio. A volte un’idea, anche se entusiasmante e valida, ha bisogno di essere disciplinata (soprattutto in ambito saggistico) da una serie di regole da cui non si può prescindere. Con questo non voglio e non posso dire di aver raggiunto l’obiettivo e di aver scritto un saggio inattaccabile, anzi: le numerose e preziose critiche provenienti dal mondo accademico e nella fattispecie dai filologi che hanno onorato il mio scritto leggendolo, mi hanno dato la possibilità di rilevare lacune che necessitano di approfondimenti narratologici e di revisioni pure e semplici dal punto di vista testuale, e m’inducono a pensare a un lavoro in realtà appena iniziato. Ho già cominciato a raccogliere da mesi le critiche costruttive e i consigli di lettura: il risultato di questo processo di autoediting potrebbe coincidere con la nascita di una ‘seconda edizione’ del saggio o addirittura con la distruzione quasi totale della versione proposta in pdf dal sito de LaRecherche.it.
Al di là di questi discorsi ‘escatologici’ riguardanti il mio saggio, posso senz’altro affermare che tutto sommato è stato ‘divertente’ far interagire Manzoni e Tolkien intorno a un argomento che, secondo il mio umile punto di vista, accomuna queste due grandi firme della letteratura mondiale. Affascinanti e a volte anche faticosi ma necessari sono stati i cosiddetti ‘giorni della revisione’: giorni avventurosi, portatori sani di saggezza, giorni che torneranno a farmi visita se deciderò di affrontare una seconda edizione di questo saggio, giorni indispensabili in vista di una probabile crescita letteraria.
L’importante è… partire.
E’ uscito il n.59 (Anno XXIII, ottobre 2011, nuova serie) della pubblicazione di saggistica e narrativa di fantascienza “Future Shock” curata come sempre dall’intellettuale cattolico, il prof. Antonio Scacco di Bari. Spulciando il sommario salta subito agli occhi l’interessante saggio di Cristina Bellon intitolato “L’intelligenza superumana: la Singolarità Tecnologica” (all’interno del quale spicca il paragrafo “Una nuova new wave: il connettivismo”). Tra gli altri scritti che animano il numero anche alcuni miei interventi: l’intervista già nota ai lettori di questo blog “25 anni di Future Shock: la Fantascienza Umanistica di Antonio Scacco – intervista a cura di Michele Nigro” ripresentata agli abbonati di “Future Shock” con un nuovo apparato iconografico e con un nuovo titolo scelto all’uopo da Scacco (titolo da cui io pacatamente mi dissocio): “L’interconnessione tra Cristianesimo, modernità e fantascienza”; il racconto “L’ultimo tramonto” e la recensione al romanzo breve “Un anno nella città lineare” dello scrittore statunitense Paul Di Filippo. Nella rubrica Notizie un ricordo di Vittorio Curtoni recentemente scomparso e nell’angolo della posta – Ci scrivono i lettori -, dove a rispondere è lo stesso curatore, non mancano interventi pro e contro la linea editoriale scelta da Scacco per la sua fanzine. Buona lettura.
<<L’insoddisfazione delle proprie vite, il dolore, la solitudine, sono dei fattori predisponenti necessari per una scrittura che vada a fondo nell’animo umano o si può scrivere in modo frivolo anche solo per soddisfare esigenze estetiche… per pura descrizione?
Alle volte uno stato d’animo angosciato, a causa delle cose della vita che uno non può realizzare, a causa anche di una “attesa tradita”, ti dà la possibilità di ottenere un’alternativa altrove, di coglierla altrove e di riscattare il vissuto altrove…
Ci sono altre scuole di pensiero che vedono la poesia come una finzione e non come sofferenza; come un rebus da risolvere; la poesia come capacità nel saper realizzare delle cose. La sofferenza è una finzione, in quanto il poeta non fa nient’altro che utilizzare delle forme. IL POETA È UN CINICO. Non è detto che il poeta debba essere per forza un sofferente, un’anima in pena, ma è un “grande cinico” che sfrutta le situazioni. Un funerale? Ci fa una poesia. Chernobyl, le Twin Towers…? Ogni occasione è buona per fare una poesia. Il poeta è uno che sfrutta per un proprio tornaconto; lucido, freddo, anche nelle situazioni negative lui scrive una poesia. Quindi non ci vedrei una grande sofferenza in questo atteggiamento.
Io personalmente ho scritto poesie “rubando” immagini alla gente; ho sentito parlare di sogni, di esperienze che ho ascoltato e rubato e su cui ho costruito poesie…>>
(tratto da Intervista a Vito Cerullo – “Nugae” n.4/2005)
Si è rivelato interessante e piacevole fin dalle prime battute l’excursus proposto il giorno 27 ottobre 2011 all’Università di Salerno dal prof. Guido Davico Bonino sulla letteratura fantastica italiana: una tematica che è stata curata in maniera sistematica dagli italianisti del nostro Paese solo a partire dagli anni ’20 e ’30 dello scorso secolo.
La “cicalata” sul fantastico italiano – come ha ribattezzato lo stesso Davico Bonino la sua dotta relazione – è partita da quelli che potremmo definire gli albori e non si è limitata a un’analisi ‘locale’ del genere letterario ma ha preso forza dall’inevitabile considerazione delle esperienze europee e mondiali che di seguito hanno influenzato positivamente gli autori italiani.
Sin dal ‘500 singolari scrittori hanno espresso la loro capacità creativa nell’ambito del fantastico.
Il primo nome illustre a cadere nella ‘rete’ del relatore è stato quello di Giovan Francesco Straparola (1480-1557?) che con la sua raccolta di racconti boccacceschi intitolata “Le piacevoli notti” introduce nella tradizione letteraria della penisola italica l’elemento fantastico. Senza tralasciare, in ordine cronologico, il famoso “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile (1566-1632) e le opere teatrali di Carlo Gozzi (1720-1806). Sarebbe stato pleonastico ribadire che questi autori classici con le loro opere rappresentano un tipo di fantastico che potremmo definire ‘primordiale’: il racconto fantastico di quei secoli coincide quasi sempre con una fiaba in cui è contenuto un “senso del meraviglioso” veicolato da animali introvabili in natura, piante mostruose, luoghi inimmaginabili, situazioni fisiche paradossali… Alcuni secoli più tardi, tuttavia, il saggista Cvetan Todorov (1939 – vivente) nella sua opera “La letteratura fantastica” avvertirà l’esigenza di mettere un po’ d’ordine affermando: <<bisogna distinguere tra ‘meraviglioso’ e ‘fantastico’>>
La Francia, dal punto di vista del genere fantastico, ha svolto
l’importante funzione di ‘nazione apripista’: partendo da Charles Perrault, passando per Jean Cocteau, Jules Verne fino a un ‘insospettabile’ Émile Zola.
Non da meno la Germania con Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776-1822): giurista, scrittore e compositore; personaggio geniale e al tempo stesso discutibile, dedito all’abuso di alcolici e particolarmente interessato alle giovanissime donne! Tutta l’opera narrativa di Hoffmann (in 7 anni, dal 1815 al 1822, scrisse oltre 2000 pagine di romanzi e racconti, tutti fantastici) fu tradotta da Carlo Pinelli, fratello di Tullio, per l’Einaudi. Doveroso ricordare almeno la raccolta di Hoffmann intitolata “Fantasie alla maniera di Callot” (Fantasiestücke in Callots Manier, 4 volumi) scritti a partire dal 1814 e contenente il racconto “Il vaso d’oro”, tradotto nel 1824 da Thomas Carlyle.
A nutrirsi delle opere di Hoffmann sarà anche l’americano Edgar Allan Poe e dimostrerà di essere stato influenzato dall’autore europeo, tanto da farne il suo modello e il suo ideale, pubblicando nel 1840 i “Racconti del grottesco e dell’arabesco” (Tales of the Grotesque and Arabesque). In Francia l’autore de “I fiori del male”, Charles Baudelaire, all’età di venticinque anni legge Poe, ne rimane folgorato e lo traduce integralmente in francese dimostrando una certa devota ossessione.
Ala liberale dei Romantici, di cui fa parte anche Victor Hugo, sempre in Francia, lo scrittore di racconti fantastici Charles Nodier, bibliotecario della Biblioteca dell’Arsenale di Parigi, crea un cenacolo letterario che riunisce dal 1824 al 1836 penne del calibro di François-Adolphe Loève-Veimars che traduce in francese tutte le opere di Hoffmann.
Baudelaire scrive due saggi su Edgar Allan Poe e in generale si fa lentamente strada l’idea che le novelle brevi (non troppo brevi, però) sotto certi aspetti valgono più di una novella lunga o addirittura di un romanzo: la virtù insita nella sintesi che caratterizza il racconto breve diventa preponderante, perché ha il vantaggio immenso di accrescere l’effetto finale sul lettore. Anche se lo stesso Poe non rimane estraneo alla forma del romanzo, come dimostra la pubblicazione della “Storia di Arthur Gordon Pym”. Sin dall’ ‘800 la novella è il genere letterario preferito dagli scrittori francesi di fantastico. E non solo francesi.
All’appello non possono mancare i racconti fantastici di
Théophile Gautier e quelli di altri due ‘insospettabili’ francesi: i venticinque tra racconti e romanzi squisitamente fantastici di Honoré de Balzac (del quale, dopo morto, si disse: “È morto il San Gottardo degli scrittori realisti”) e i cinquanta racconti fantastici (prelevati da un corpus di trecentocinquanta racconti) appartenenti a un altro grande personaggio della letteratura francese, Guy de Maupassant.
L’autore di origini francesi Adelbert von Chamisso scrisse nel 1814 un racconto che narra di un uomo senza ombra (venduta al demonio!) e intitolato “Storia straordinaria di Peter Schlemihl”. Molti di questi Autori sono stati tradotti in italiano.
Sergio Luzzatto e Gabriele Pedullà, curando per l’Einaudi l’Atlante della letteratura italiana, hanno preso in considerazione anche le ‘tracce fantastiche’ presenti nella storia della nostra letteratura. Tommaso Zanotti, invece, in maniera certosina ha elencato le traduzioni delle opere fantastiche tradotte in lingua italiana, da quando è nato negli italiani un certo interesse nei confronti di questo genere letterario, fino ai giorni nostri.
Ma è possibile individuare un preciso momento storico in cui collocare la nascita del fantastico italiano?
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