Tempo fa, in un post intitolato “Racconti di fantascienza” di Alessandro Blasetti, scrissi una frase percorsa da una vena di pessimismo: <<Francamente non so se torneranno epoche simili dal punto di vista televisivo: la situazione attuale, facendo zapping tra gli innumerevoli canali del nuovo e tanto esaltato digitale terrestre, non mi permette di sperare in nulla di positivo. Le regole ferree di un mercato televisivo sempre più schiavo dello share (e rappresentativo, purtroppo, dello stato culturale e mentale medio nazionale) non offrono spiragli attraverso cui introdurre certi sperimentalismi…>> Facevo questi cattivi pensieri nel maggio del 2010, in tempi non sospetti, un anno prima circa della messa in onda di “Wonderland”, il magazine settimanale di Rai 4 dedicato al genere fantastico ideato da Leopoldo Santovincenzo e Carlo Modesti Pauer. Nato come rubrica di supporto alla programmazione cinematografica di Rai 4, in realtà “Wonderland” è un prodotto autonomo e capace di vivere di vita propria, suddiviso generalmente in tre parti principali: la rubrica Mainstreaming, viaggi multimediali tra i nuovi universi del fantastico (a cura di Andrea Fornasiero) in cui vengono segnalate le novità più importanti riguardanti il genere fantastico dal punto di vista cinematografico, fumettistico, televisivo e in alcuni casi, indirettamente, anche dal punto di vista letterario; un’intervista centrale ad attori, registi, scienziati, editori, scrittori, giornalisti, saggisti, astronauti, sociologi…; e a chiudere – last but not least – la rubrica Dizionario del fantastico per un approfondimento delle tematiche principali del genere, adoperando innumerevoli esempi filmici e stuzzicando in tal modo le conoscenze cinematografiche del telespettatore.
Si tratta di un programma che non teme le contaminazioni e le evoluzioni dettate dai tempi; come riportato nella pagina web di Rai 4: <<Wonderland esplora e racconta le mille declinazioni – classiche e contemporanee – di questo multiforme immaginario di genere, in linea con l’attenzione del canale ai linguaggi della postmodernità e alla loro sempre più marcata dimensione multimediale.>>
Elogio della brevità – ogni puntata dura tra i 15 e i 25 minuti – “Wonderland” ha il merito di aver riportato l’attenzione televisiva sul fantastico, spaziando dal genere fantascientifico a quello fantasy e comprendendo i rispettivi sottogeneri. Potremmo definire questo programma di Rai 4 come una sorta di “spot denso” che non ha la pretesa di esaurire in pochi minuti argomenti che a causa della loro complessità avrebbero bisogno di molto più tempo, ma che svolge senza ombra di dubbio una funzione stimolante sugli utenti di un palinsesto, dal mio punto di vista, ancora fin troppo deprimente.
La sera accendiamo il nostro televisore credendo di avere a che fare con un semplice elettrodomestico: un tostapane, uno scaldabagno, un forno a microonde, un rasoio elettrico… Le scelte filmiche contenute nei palinsesti non sono mai casuali. L’occhio disattento e pigro non processa le analogie esistenti tra gli eventi storici quotidiani e i messaggi socio-politici trasportati dagli ‘innocui’ film trasmessi in prima serata: la fascia oraria del lavoratore stanco, della casalinga che vuole rilassarsi, dello studente che desidera svagare la mente. In seconda serata, invece, per gli insonni pensatori falliti e paranoici una programmazione più impegnata contenente tematiche contorte. L’ora tarda non predispone alla rivoluzione attiva! Alle prime luci dell’alba svaniranno tutti i propositi eversivi coltivati con l’ausilio delle tenebre.
Muore Osama bin Laden? Va in onda subito il film “World Trade Center” sull’11 settembre 2001. Scoppia lo ‘scandalo’ delle intercettazioni telefoniche? Va in onda il film “Nemico pubblico” con Will Smith. Succede un attentato terroristico? Puntuale la messa in onda del film “Attacco al potere” con Denzel Washington. Si avanzano dubbi sulla presa di posizione nei confronti del nazismo da parte di Papa Pio XII? Niente paura: ecco pronta una fiction per riabilitare Pio XII… Gli esempi sono innumerevoli e i ‘punti di contatto’ tra realtà e palinsesto non ancora del tutto ‘decifrati’: bisognerebbe avere la pazienza e la meticolosità del ‘filologo televisivo’ per riuscire a fare un costante confronto tra i fatti del giorno e la non casuale programmazione televisiva.
Qualcuno potrebbe dire che si tratti della normale strategia attuata da una qualsiasi rete televisiva per alzare lo share: deviare la scelta televisiva del telespettatore medio costruendo un palinsesto coerente con i fatti reali. Invece io penso – paranoicamente – che si tratta di un’operazione esattamente inversa: influenzare l’interpretazione dei fatti reali tramite messaggi allegorici e simbolismi veicolati dal mezzo filmico. E non mi riferisco ai ‘messaggi subliminali’ adottati dagli strateghi della pubblicità per influenzare le scelte commerciali dei consumatori. Il telespettatore non pensante della prima serata (quello determinante dal punto di vista statistico) riceve così la sua dose quotidiana di anestetico, la sua dose di esegesi collettiva, la sua dose di immagini apparentemente innocue ma che nell’intimo svolgono una straordinaria opera di convincimento.
Ma convincere di cosa? Vari (e mutevoli, a seconda di chi sta al potere) possono essere i ‘target’: convincerci che esistono dei pericoli o che non esistono; che siamo dalla parte della ragione sempre e comunque; che la verità appartiene solo e sempre a una precisa tipologia umana… Convincerci a ricordare o a dimenticare un periodo storico; a trasformare gli eroi in assassini o viceversa; a rivedere in maniera superficiale la storia quando è scomoda o in maniera approfondita per esaltare figure storiche ‘necessarie’ per influenzare il consenso popolare (vedi, ad esempio, i ripetitivi e per certi versi ossessivi contributi televisivi dedicati in questi giorni al personaggio Giovanni Paolo II in qualità di ‘eroe che sconfigge il comunismo’: al contrario sappiamo che il comunismo era destinato a ‘evolvere’ per questioni sociali e soprattutto economiche e che ciò sarebbe accaduto prima o poi anche senza l’intervento storico di Karol Wojtyla). Indurci ad avere paura quando dovremmo essere sereni o a essere sereni quando invece dovremmo avere paura. Spingerci alla diffidenza o alla tolleranza. Al garantismo o al giustizialismo…
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L'uomo abita l'ombra delle parole, la giostra dell'ombra delle parole. Un "animale metafisico" lo ha definito Albert Caraco: un ente che dà luce al mondo attraverso le parole. Tra la parola e la luce cade l'ombra che le permette di splendere. Il Logos, infatti, è la struttura fondamentale, la lente di ingrandimento con la quale l'uomo legge l'universo.
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