Hüzün: “… Nel Corano questa parola sta ad indicare lo stato d’animo determinato da una grave perdita spirituale e dal distacco irreversibile da una persona amata. Il concetto è stato ripreso nella filosofia sufi per indicare l’emozione generata dalla consapevolezza dell’incolmabile distanza tra l’uomo e Dio. Tale sentimento è tuttavia estremamente positivo, poiché è visto come una condizione esistenziale necessaria per intraprendere il cammino mistico di riavvicinamento alla divinità…” (fonte)
René Magritte – L’impero della luce (L’Empire des lumières)*, 1953–54
I due lati della casa
La mia casa ha due viste
due modi di intendere la vita.
Una si apre sulla strada trafficata
esistenza che cerca compagnia
tra schiamazzi e strusci estivi
automobili, giostre e feste patronali.
L’altra si nutre da millenni
di pipistrelli e vecchie querce
sul mare stellato
della notte arcaica e silenziosa.
Oscillo, eterno cercatore,
tra appartenenza e libertà
progresso e conservazione
tra il presente e i ricordi
bisognoso di entrambi i lati.
Il fumo aromatico di una pipa solitaria
si sovrappone al nitido schema
della costellazione dell’Orsa Maggiore
mentre fioche luci di fari lontani
scompaiono e riappaiono
divorate dai boschi notturni e briganti
di una Lucania ancora vergine.
La fontana ormai asciutta
legata agli echi di giochi bambini
difende i propri spazi melmosi
dalle nuove costruzioni
di generazioni senza memoria.
Da strade poco illuminate
riemergono le passeggiate di ieri
masticando erbe selvatiche
tra i passi avvolti dal silenzio del tempo
di persone assenti e quasi dimenticate,
e nuove rotte di aerei ignoranti
come stelle cadenti orizzontali.
Intorno ai lampioni di campagna
vortici di insetti assetati di luce
simulano, fedeli nei secoli,
movimenti cosmici senza nome.
Sospeso sui balconi di una casa ambigua
il corpo respira quiete
tra progetti futuri e pesanti eredità
tra desideri e doveri
sogno e risveglio
fantasia e realtà
antico e moderno
ricerca e disincanto
natura e asfalto
mistero e certezza
poesia e tecnica…
Fino alla fine della notte.
♦
♦
* Magritte: «Nell’Impero delle luci ho rappresentato due idee diverse, vale a dire un cielo notturno e un cielo come lo vediamo di giorno. Il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e notte abbia la forza di sorprendere e di incantare. Chiamo questa forza poesia.»
Quando l’abitante di Lucifera vide la sua lama affondare nella pelle scura dell’avversario, capì che ancora una volta il suo angolo di luce non sarebbe stato violato.
Un riflesso partito dal metallo dell’arma, illuminando il torace del perdente fino a lambire il collo e la mascella, aveva finito per evidenziare un rivolo vermiglio: il sangue dell’altro come dono sacrificale da offrire al dio sole.
Lucifera e Nictalopia, i due emisferi del pianeta dalla doppia faccia: l’uno perennemente illuminato, l’altro condannato all’oscurità eterna. Da millenni, da quando il lento ma inesorabile mutare del moto rotatorio aveva costretto metà della popolazione di Statikos ad attendere la morte immersa in una notte senza fine, il pianeta viveva in uno stato di guerra permanente: dapprima furono le pallide genti di Nictalopia a muovere battaglia contro i fortunati abitanti di Lucifera. La disperata conquista dei raggi solari necessari per produrre cibo ed energia aveva causato un nuovo odio fratricida.
In seguito alla definitiva sconfitta degli abitanti del lato oscuro, il conflitto aveva trovato una diversa fonte d’ispirazione nel sovraffollamento di Lucifera: la vincente popolazione dell’emisfero illuminato era cresciuta a dismisura e la difesa del proprio posto al sole rappresentava ormai la priorità dei sopravvissuti vincitori.
Combattere con tutte le proprie forze per restare nella luce o migrare verso Nictalopia e andare incontro a morte certa.
Le periodiche stragi gladiatorie organizzate dal Governatore di Lucifera servivano a ristabilire l’equilibrio sotto il sole: la guerra, sola igiene del mondo illuminato. Ma si trattava di una guerra ripartita nel tempo e scientificamente organizzata, di una mattanza progettata secoli addietro e divenuta pian piano usanza tribale, appuntamento pubblico, gioco necessario, per alcuni rito religioso propiziatorio…
Il vincente abitante di Lucifera estrasse il fendente dal corpo esanime del concorrente scelto dalla sorte. Non conosceva il nome di quel casuale conterraneo steso morto dinanzi ai suoi piedi e non aveva nutrito odio nei suoi confronti prima del combattimento: aveva solo difeso il suo futuro e la sua fetta di luce. Aveva semplicemente rispettato la feroce legge di Lucifera.
Senza entusiasmo e con un forzato gesto plateale alzò la sua arma insanguinata verso il sole.
La sconfinata valle assolata intorno alla capitale di Lucifera era un luccichio di lame vincitrici. I legittimi proprietari offrivano alla vitale stella la loro vittoria stagionale.
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L'uomo abita l'ombra delle parole, la giostra dell'ombra delle parole. Un "animale metafisico" lo ha definito Albert Caraco: un ente che dà luce al mondo attraverso le parole. Tra la parola e la luce cade l'ombra che le permette di splendere. Il Logos, infatti, è la struttura fondamentale, la lente di ingrandimento con la quale l'uomo legge l'universo.
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