Come gli adiuvanti nei vaccini stimolano la risposta immunitaria dell’organismo nei confronti dell’antigene, così certe immagini semiserie, grottesche o superficialmente innocue e comiche, adoperate nella semiosfera, o più specificamente nella blogosfera,veicolano messaggi stimolando dapprima la visione del tutto. Queste immagini divertenti confinanti con la Pop Art,costruite a tavolino senza che vi sia un vero atto creativo, parlano di oggetti quotidiani contenenti piccoli segni,colori accattivanti,scritte rassicuranti. Ad entrare è il tutto, ma è il particolare che resta all’interno e che agisce sul non esprimibile.
<<Nonostante il libero arbitrio e la democrazia, la Tradizione non lascia spazio alle idee alternative perché la maggior parte della gente non abbandona il giaciglio sicuro e caldo in cui già altri hanno dormito. E allora l’unica alternativa possibile viene realizzata solo grazie alla nostra Fantasia: ciò che è subcreato sulla carta tramite le parole può rimanere ideasenza ripercussioni nel reale, oppure penetrare lentamente nei nostri gesti quotidiani e condensarsi sotto forma di piccoli segni non percepiti dall’occhio del Sistema.>>
La sera accendiamo il nostro televisore credendo di avere a che fare con un semplice elettrodomestico: un tostapane, uno scaldabagno, un forno a microonde, un rasoio elettrico… Le scelte filmiche contenute nei palinsesti non sono mai casuali. L’occhio disattento e pigro non processa le analogie esistenti tra gli eventi storici quotidiani e i messaggi socio-politici trasportati dagli ‘innocui’ film trasmessi in prima serata: la fascia oraria del lavoratore stanco, della casalinga che vuole rilassarsi, dello studente che desidera svagare la mente. In seconda serata, invece, per gli insonni pensatori falliti e paranoici una programmazione più impegnata contenente tematiche contorte. L’ora tarda non predispone alla rivoluzione attiva! Alle prime luci dell’alba svaniranno tutti i propositi eversivi coltivati con l’ausilio delle tenebre.
Muore Osama bin Laden? Va in onda subito il film “World Trade Center” sull’11 settembre 2001. Scoppia lo ‘scandalo’ delle intercettazioni telefoniche? Va in onda il film “Nemico pubblico” con Will Smith. Succede un attentato terroristico? Puntuale la messa in onda del film “Attacco al potere” con Denzel Washington. Si avanzano dubbi sulla presa di posizione nei confronti del nazismo da parte di Papa Pio XII? Niente paura: ecco pronta una fiction per riabilitare Pio XII… Gli esempi sono innumerevoli e i ‘punti di contatto’ tra realtà e palinsesto non ancora del tutto ‘decifrati’: bisognerebbe avere la pazienza e la meticolosità del ‘filologo televisivo’ per riuscire a fare un costante confronto tra i fatti del giorno e la non casuale programmazione televisiva.
Qualcuno potrebbe dire che si tratti della normale strategia attuata da una qualsiasi rete televisiva per alzare lo share: deviare la scelta televisiva del telespettatore medio costruendo un palinsesto coerente con i fatti reali. Invece io penso – paranoicamente – che si tratta di un’operazione esattamente inversa: influenzare l’interpretazione dei fatti reali tramite messaggi allegorici e simbolismi veicolati dal mezzo filmico. E non mi riferisco ai ‘messaggi subliminali’ adottati dagli strateghi della pubblicità per influenzare le scelte commerciali dei consumatori. Il telespettatore non pensante della prima serata (quello determinante dal punto di vista statistico) riceve così la sua dose quotidiana di anestetico, la sua dose di esegesi collettiva, la sua dose di immagini apparentemente innocue ma che nell’intimo svolgono una straordinaria opera di convincimento.
Ma convincere di cosa? Vari (e mutevoli, a seconda di chi sta al potere) possono essere i ‘target’: convincerci che esistono dei pericoli o che non esistono; che siamo dalla parte della ragione sempre e comunque; che la verità appartiene solo e sempre a una precisa tipologia umana… Convincerci a ricordare o a dimenticare un periodo storico; a trasformare gli eroi in assassini o viceversa; a rivedere in maniera superficiale la storia quando è scomoda o in maniera approfondita per esaltare figure storiche ‘necessarie’ per influenzare il consenso popolare (vedi, ad esempio, i ripetitivi e per certi versi ossessivi contributi televisivi dedicati in questi giorni al personaggio Giovanni Paolo II in qualità di ‘eroe che sconfigge il comunismo’: al contrario sappiamo che il comunismo era destinato a ‘evolvere’ per questioni sociali e soprattutto economiche e che ciò sarebbe accaduto prima o poi anche senza l’intervento storico di Karol Wojtyla). Indurci ad avere paura quando dovremmo essere sereni o a essere sereni quando invece dovremmo avere paura. Spingerci alla diffidenza o alla tolleranza. Al garantismo o al giustizialismo…
“Niente… Sto facendo a pezzi Berlusconi!” – rispose l’uomo senza scomporsi.
“Dopo, però, metti tutto a posto!” – intimò la donna.
“Non preoccuparti!”
Tempo fa su questo blog proposi un esperimento basato sull’utilizzo della cosiddetta tecnica del cut-up ampiamente e magistralmente sfruttata in ambito letterario (e non solo) dallo scrittore statunitense William Burroughs. Il potere ‘rivoluzionario’ insito nel cut-up di Burroughs consiste nella sua capacità di de-costruire il segnale apparentemente puro e corretto emesso dalle nuove e vecchie dittature mass-mediatiche: una de-costruzione che, in maniera sorprendente e direi anche avvilente, svela tutta l’impotenza di questo ‘giochino dadaista’ dinanzi all’autonomia sub-liminale della parola sradicata dalla frase e solo superficialmente divenuta nonsense. Il cut-up ha il merito di disegnare la mappa, non evidenziabile in altri ‘ragionevoli’ modi, degli intimi meccanismi che stanno alla base del CONTROLLO.
Verrebbe quasi da chiedersi: a cosa serve allora la ‘frase logica’? A cosa serve la sintassi? Sarei tentato di rispondere: a nulla! Quella che noi definiamo ‘comprensione’ è solo la componente conscia, manieristica, convenzionale, epidermica, visibile, udibile, dell’atto comunicativo (qualunque esso sia): in realtà, nei sotterranei della percezione, si nascondono meccanismi ben più inconsciamente sofisticati e capaci di ‘titillare’ i centri arcaici dell’Homo sapiens.
Il cut-up è in grado di interrompere (tagliandole fisicamente: dall’inglese cut up = ‘tagliare a pezzi’), questo sì, le linee logiche di associazione esistenti nel testo o nella sequenza musicale; non riesce però (se il ‘taglio’ viene effettuato a un livello medio, cioè non riducendo il testo in singole parole ma in frasi più o meno lunghe) a disattivare le connessioni associative in maniera radicale. Una frase, da sola, può conservare ancora una certa ‘pericolosità’ anche se sconnessa dal resto del testo e quindi priva di logicità testuale. Grazie all’esperienza del cut-up applicato al testo possiamo comprendere la differenza tra LOGICA e SENSO LOGICO. L’inintelligibilità del testo non coincide con il potere evocativo della singola parola. In una civiltà come quella attuale, abituata alla mediazione rapida e poco faticosa dell’Immagine, la ‘parola’ diventa icona, diventa diapositiva singola, autonoma, unicellulare, indipendente, provvista di senso logico anche quando siamo stati in grado di eliminare la logica dal contesto in cui la parola stessa è stata concepita e ‘allevata’. Il ‘senso’, facendo leva sul potere immaginifico della parola, ‘parla’ (espressione inflazionata in questi ultimi venti anni per motivi politici che tra poco affronteremo) alla pancia della gente. Dimenticando volontariamente fuori dalla porta la ben più necessaria logica. E questa regola vale in misura tanto maggiore, quanto più è semplice il testo. Una frase complessa, se scomposta, è più vulnerabile: il potere immaginifico in essa contenuto perde la sua energia strada facendo, attuando un taglio sempre più draconiano sul testo. Paradossalmente il cut-up, eliminando per sua natura proprio la ‘logica’ dal testo letterario e politico, ci permette di individuare le ‘centraline’ indipendenti del Controllo mass-mediatico.
Ed è così che è nata in me la necessità di sperimentare la tecnica del cut-up non più su un testo letterario (scomodando nuovamente il povero Manzoni e i suoi Promessi Sposi), bensì su uno scritto avente valenza sociale e politica: un messaggio del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi rivolto ai lettori del suo fan club. Il messaggio risale al periodo precedente al voto di sfiducia alla camera e al senato del 14 dicembre 2010.
Messaggio del Presidente del Consiglio
“Care amiche e cari amici, la missione che vi affido questa settimana è quella di aiutare gli italiani a capire questo momento politico così assurdo, così contrario all’interesse del Paese, così lontano dagli interessi veri della gente. Vi chiedo anche di mobilitarvi fin da ora per organizzare per sabato 11 e domenica 12 dicembre una grande manifestazione e una raccolta di firme a sostegno all’azione del governo per non tradire gli elettori, allestendo punti di incontro e di dialogo con gli italiani nei gazebo, nelle piazze e nei teatri delle vostre città. So che molti di voi anticiperanno questa mobilitazione già dalla prossima settimana e quindi credo riusciremo a mettere in campo una mobilitazione, un’azione davvero efficace. Il nostro governo, lo sapete, è il governo del fare, del fare quello che la gente chiede alla politica, cioè quello di cui il Paese ha bisogno. Gli altri parlano, noi facciamo. In questi due anni abbiamo risolto tutte le emergenze vecchie e nuove: il problema tragico dei rifiuti a Napoli e Campania è riemerso per incapacità delle amministrazioni locali: ho dato il via a un’operazione che in meno di due settimane porterà Napoli al suo dovuto decoro. Abbiamo agito con grande tempestività ed efficacia dopo il terremoto in Abruzzo e la Corte dei conti e l’Autorità sul controllo dei lavori pubblici hanno fatto giustizia di tutto il fango che era stato buttato addosso alla Protezione civile…” (continua qui)
Fase 1
“Facciamo a pezzi Berlusconi!”
La tecnica del cut-up è sostanzialmente semplice da realizzare ed è applicabile a qualsiasi testo: una volta stampato il testo da cutupizzare su un foglio bianco che sacrificheremo per la ‘causa’, non ci resta che scegliere la modalità di taglio. La forma più usata di cut-up (come si vede anche da alcuni video presenti in rete raffiguranti proprio Burroughs mentre illustra il ‘suo’ cut-up) consiste nel tagliare in quattro parti il foglio contenente il testo scelto dando a queste parti così ottenute un nuovo ordine. A questo punto già il testo è da considerarsi ‘alterato’, ma volendo si possono ‘spezzettare’ le sezioni ricavate in ulteriori parti più piccole e così via fino ad arrivare alle singole parole. Cercando, però, di lasciare intatte le frasi o le parole, a seconda del grado di taglio che decidiamo di applicare al testo. Unire due parti di due parole, per crearne un’altra nuova rappresentante un grugnito senza senso più che un neologismo avente un preciso significato, sarebbe ridicolo e grottesco e non servirebbe a niente dal punto di vista ‘rivoluzionario’!
La tecnica del cut-up in fin dei conti è personalizzabile, pur tenendo conto dell’unica regola appena esposta riguardante l’integrità delle parole. Io ho scelto di tagliuzzare il messaggio di Berlusconi in tante striscioline quanti sono i righi del foglio e in seguito ogni singola strisciolina in due, tre o più parti rispettando l’integrità delle parole come già ricordato. Nella foto sottostante il risultato del mio ‘tagliuzzamento’.
[…] Comincerò da una di quelle “opere” esposte in piazza Aldo Moro, collocata tra l’erbetta e i cedri, e che più di tutte ha attirato la mia paranoica attenzione; premetto e anzi ripeto che non conosco il progettista e non so se la notte prima di progettare tali “corredi urbanistici” abbia ricevuto in sogno Mussolini o Starace, o se “semplicemente” abbia voluto introdurre un preciso messaggio ideologico subliminale in un oggetto che resterà sotto gli occhi dei battipagliesi per decenni. Dico questo perchè il cittadino attento e semiologicamente preparato non potrà esimersi dal paragonare tale oggetto urbanistico ad un altro oggetto, storicamente famigerato e più scomodo da proporre così com’è alle popolazioni del Terzo Millennio: mi riferisco al cosiddetto “FASCIO LITTORIO” e al suo carico storico e ideologico pesante e terrificante. Lo so: qualcuno di voi starà dicendo che la mia interpretazione è forzata, è ideologicamente schierata e tirata per i capelli: allora invito tutti voi ad andare in piazza Aldo Moro, se non ci siete già stati, e ad osservare attentamente le nuove opere presenti e in particolar modo questa da me indicata, poiché la mia foto è qualitativamente scadente e non rende.
Mi permetto, però, di anticiparvi alcune analogie seminascoste da me riscontrate: la “testa” presente nel fascio littorio tra l’ascia e il fascio stesso, è stata sostituita con la testa quadrata di quella specie di “robot” che vigila in maniera accigliata dall’alto della “scultura”; la verga centrale del fascio, invece, è stata conservata e la parte superiore spicca dietro la testa del robottone; l’ascia è stata sostituita da due “assi” paralleli; gli spazi longitudinali tra le verghe del fascio sono stati sostituiti da spazi trasversali che li richiamano subliminalmente; i nastri (i fasces, appunto) che avvolgono il fascio cilindrico di verghe sono stati sostituiti da una zona centrale dell’opera in pietra non, diciamo così, seghettata ma liscia… Insomma: cambiano le forme o la disposizione geometrica di queste, ma i contenuti sono gli stessi. Potrebbe trattarsi, secondo me, di un simbolismo fascistoide e anacronistico che non mi piace! Una sorta di elogio di un orgoglioso totalitarismo fascio-agricolo, filo-industriale e vagamente futurista che può persistere solo nella mente annebbiata di certe persistenti generazioni destrorse: quelle stesse generazioni che subirono il fascino deleterio di Mussolini e più recentemente di alcuni sindaci particolarmente destrorsi. Potrebbe trattarsi di una muta chiamata alle armi da parte di un “italico robot” tutto piazza e chiesa. Oppure di un figlio minore dell’isola di Pasqua o meglio, di un rapanui trappano della Piana del Sele, come a voler richiamare inesistenti origini ancestrali e imitando, così, le scellerate ricerche antropologiche e genealogiche in Tibet da parte di Adolf Hitler… O più semplicemente di un massiccio e bruttissimo tentativo di richiamare l’attenzione sulla vocazione palazzinara della classe borghese e imprenditoriale battipagliese, dal momento che il “coso” assomiglia proprio a una palazzina modernista e fantascientifica degna dei migliori quartieri dormitorio della nostra amata Battipaglia.
Non lo so: scegliete voi, tra queste opzioni! O aggiungetene di vostre… […]
(tratto da Architettura urbanistica subliminale a Battipaglia: testo originale da cui è stato estrapolato l’articolo sotto riportato pubblicato sul mensile “i cento passi” anno 2 – numero 20 – novembre 2008):
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L'uomo abita l'ombra delle parole, la giostra dell'ombra delle parole. Un "animale metafisico" lo ha definito Albert Caraco: un ente che dà luce al mondo attraverso le parole. Tra la parola e la luce cade l'ombra che le permette di splendere. Il Logos, infatti, è la struttura fondamentale, la lente di ingrandimento con la quale l'uomo legge l'universo.
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