Archivio per tecnica

Volto di donna

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 23 Maggio 2018 by Michele Nigro

Rosaria Costa Schifani

Isoliamo l’audio. Per un attimo, solo per un attimo, mettiamo da parte le parole struggenti, arrabbiate, diventate “storia nazionale” e ormai parte del nostro immaginario collettivo, pronunciate da Rosaria Costa (nella foto), vedova dell’agente di Polizia Vito Schifani, uno dei componenti della scorta al giudice Giovanni Falcone, ucciso durante la strage di Capaci il 23 maggio 1992. Togliamo il sonoro, “dimentichiamo” la lettera disperata ma decisa letta a Palermo dalla vedova Schifani durante il funerale degli agenti e dei due magistrati, e concentriamoci su questo volto di donna immortalato in una suggestiva foto della giornalista Letizia Battaglia. Leggiamolo; leggiamo le parole non dette…

Quello che vediamo è il volto di una donna ferita, intimamente ferita, anche se la genuina bellezza di giovane madre ventiduenne contrasta l’affiorare di indelebili segni dolorosi: il fuoco disperato è tutto dentro, è un fuoco agitato le cui lingue si manifesteranno nelle parole che in questo caso abbiamo deciso di non riascoltare.

Un “titolo laico” potrebbe essere: Madonna con occhi chiusi, in preghiera o in procinto di leggere su un foglio alcune cose da dire agli uomini della mafia, lì presenti; occhi chiusi e senza lacrime visibili perché già tutte versate, sono finite o riassorbite dalla rabbia. La bocca è semiaperta: quelle labbra stanno per pronunciare parole di perdono ma anche di condanna e di disincanto. Labbra ancora troppo giovani per restare sole; labbra strappate a una vita di coppia appena cominciata. Sono labbra che chiedono giustizia e che sembrano domandarsi “dove è finita quella vita felice promessa ai miei ventidue anni?”. Labbra di mamma che dovrà dare risposte, un giorno, a un figlio appena nato. E ai tanti figli acquisiti che incontrerà in un doveroso cammino appena iniziato.

Ma è anche un volto costretto a dividersi tra luce e ombra, un prima e un dopo lo scoppio di Capaci. Luce e ombra simili alle molte ombre e alle conquistate luci che accompagnano ancora oggi un’esecuzione di mafia diversa da tutte le altre: eclatante, spettacolare, “esagerata”. In quel tritolo mandanti ed esecutori concentrarono tutta la rabbia di una Cupola decapitata, processata, condannata, che aveva giurato di presentare il conto.

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I Ragazzi di via Panisperna

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 3 aprile 2017 by Michele Nigro

versione pdf: I Ragazzi di via Panisperna

Film lunghissimo, mai noioso. Nell’incipit viene descritto lo “scherzo” in stile futurista da parte di un gruppo di studenti di Fisica ai danni del “vecchio” Guglielmo Marconi, visto ormai come la personificazione di una forma di “passatismo scientifico” che non lascia spazio alle nuove scienze, alle nuove idee appena sognate e non ancora dimostrate, ai suoi giovani e scalpitanti protagonisti. Siamo in piena era fascista, il sapere e le scoperte scientifiche devono assecondare i sogni di gloria dell’uomo solo al comando e del suo impero, non c’è spazio per le farneticazioni teoriche. Eppure, invece di essere puniti dal preside Corbino, gli irriverenti goliardi vengono incoraggiati a proseguire sulla nuova strada e coordinati nelle ricerche dal professore Enrico Fermi firmeranno importanti scoperte nel campo della fisica nucleare. Accanto a Emilio Segrè, Bruno Pontecorvo, Edoardo Amaldi, si distingue per genialità e sensibilità (scambiata dalla maggior parte dei conoscenti per fragilità) la figura “misteriosa e unica” di Ettore Majorana. Due tipologie umane, due caratteri scientifici, due linee parallele che, contrariamente a quanto stabilito dall’assioma geometrico, s’incontrano spesso per poi separarsi, ma è un avvicinarsi asintotico: Majorana, pur contribuendo alle scoperte e spesso anticipandole senza tuttavia renderle pubbliche, non si integrerà mai del tutto all’entusiasmo scientifico del gruppo, ne resterà sempre ai margini.

Dal film, che segue giustamente la trama storica dei traguardi scientifici caratterizzanti un’epoca gloriosa della ricerca scientifica italiana (passando dalla radio di Marconi alla radioattività di Fermi!), emerge soprattutto la particolarità psicologica di Ettore Majorana, e non solo per il misterioso epilogo della sua storia personale quanto piuttosto perché rappresentò uno scomodo “mezzo di contrasto” scientifico e di pensiero non solo all’interno del gruppo di scienziati di via Panisperna ma anche nei confronti di un intero periodo storico delicato.

Nel film di Gianni Amelio bene è evidenziato il disagio esistenziale di Majorana che convive e spesso si scontra con il pragmatismo di Fermi e gli altri ricercatori: ma non si tratta di un disagio invalidante, anzi; l’essere un tipo silenzioso, la voglia di solitudine, le oscillazioni caratteriali, il suo schermirsi dai sentimenti, distraggono l’interlocutore dal suo essere invece un intelligente anticipatore. Un’anticipazione che non si manifesta solo attraverso una straordinaria velocità di calcolo matematico ma anche per mezzo di una visione del mondo che lo rende inevitabilmente un emarginato. Un'”emarginazione geniale” che, nonostante tutto, lo condurrà in Germania al fianco di Heisenberg… Il suo essere un critico anticipatore ebbe per alcuni il sapore dello sberleffo: i traguardi di Fermi e dei ragazzi di via Panisperna – la scoperta sbandierata degli elementi Ausonio ed Esperio, fin dalla scelta dei nomi, denunciava un’autoreferenzialità tipica del regime fascista e un entusiasmo scientista non supportato da una visione d’insieme lungimirante – furono in un certo qual modo tenuti a debita distanza dallo stesso Majorana, forse perché lo scienziato siciliano aveva già preconizzato il loro maldestro utilizzo per scopi bellici (come a breve distanza di tempo sarebbe avvenuto!).

Se fossero stati gli americani a realizzare il film, sicuramente avrebbero aggiunto qualche effetto speciale mirabolante per meglio sottolineare gli argomenti di fisica atomica: invece vi è una scena importante, nella sua estrema semplicità, che vale l’intera pellicola anche senza il supporto di effetti; quella in cui un Majorana sconvolto e paranoico spiega a uno studente impaurito, sorpreso a mettere ordine nell’aula del dipartimento di Fisica, che nel nucleo non vi sono protoni ed elettroni – come affermato dallo stesso Fermi – bensì protoni e delle non ancora definite “particelle fantasma” (ovvero i “protoni neutri”)… E poi, mostrando allo studente la punta di una matita, afferma che se la punta è il nucleo dell’atomo, bisogna immaginarsi l’intera aula occupata dagli elettroni orbitanti e non più relegati all’interno del nucleo. Le capacità visionarie di Majorana, corroborate dal calcolo matematico, sembrerebbero non voler contribuire al successo di Fermi ma sono volutamente tenute a freno: più volte nel film il personaggio di Ettore Majorana dà fuoco ai propri preziosi appunti contenenti formule matematiche in grado di dimostrare in anticipo teorie fisiche importanti a cui i suoi amici di via Panisperna giungeranno col solito distacco temporale; come a voler tacere pur sapendo, per paura di dare forma concreta alla propria consapevolezza matematica.

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La pizza secondo Ikea

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 8 marzo 2017 by Michele Nigro

… idea proposta da Nigricante al colosso svedese…

Fondazione Pinuccio Sciola

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 24 luglio 2016 by Michele Nigro

Ricevo privatamente via e-mail e con piacere ritrasmetto il seguente comunicato stampa…

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Nasce la Fondazione Pinuccio Sciola,

istituzione deputata a promuovere la memoria

e il messaggio d’arte dello scultore recentemente scomparso. 

Ha preso vita ufficialmente venerdì 22 luglio la Fondazione Pinuccio Sciola, istituzione deputata a promuovere la memoria e il messaggio d’arte dello scultore di San Sperate scomparso lo scorso 13 maggio a Cagliari. Presenti al tavolo della Sala Consiliare del Comune di San Sperate, i figli dello scultore Chiara, Tomaso e Maria Sciola, il sindaco di San Sperate Enrico Collu, il vicepresidente della Regione Autonoma della Sardegna Raffaele Paci, il prorettore vicario dell’Università degli studi di Cagliari Francesco Mola e i giornalisti Gianni Filippini e Giovanni Floris (in collegamento via skype). “Questa è una giornata molto importante per me, Chiara e Maria, da oggi siamo fondatori e amministratori della Fondazione Pinuccio Sciola. I progetti di nostro padre sono importanti e hanno un valore profondo. La presenza delle istituzioni ci rassicura sul fatto che avremo tutto il sostegno necessario affinché questi progetti possano vedere presto la loro realizzazione”. Questo uno dei passaggi dell’intervento introduttivo di Tomaso Sciola che ha voluto illustrare gli ambiziosi obbiettivi della Fondazione. A queste dichiarazioni ha risposto il vicepresidente della Regione Raffaele Paci, che ha assicurato massima attenzione e massimo impegno da parte dell’istituzione da lui rappresentata a supporto della erigenda Fondazione. Anche dal prorettore Mola è giunto un netto segnale di disponibilità alla collaborazione dell’Ateneo con la neonata Fondazione. In collegamento via Skype, il giornalista Giovanni Floris ha sottolineato il valore di Pinuccio Sciola, per il lavoro svolto, per i temi trattati, per la dolcezza, profondità e sensibilità che ne hanno caratterizzato la vita e il percorso artistico. Il giornalista Gianni Filippini ha invece rimarcato quanto l’istituzione della Fondazione sia lo strumento adeguato a raggiungere gli obiettivi elencati con grande lucidità dal suo programma. In conclusione il sindaco di San Sperate Enrico Collu ha ricordato l’importanza di Pinuccio Sciola per il paese di San Sperate, che continuerà a scoprire nel tempo la grandezza del suo più illustre artista.

LA FONDAZIONE – Pensata dall’artista di fama internazionale nel suo ultimo periodo di vita, la Fondazione nasce su volontà dei figli Chiara, Tomaso e Maria (che fanno parte del Consiglio di Amministrazione) e incarna i progetti, lo spirito di apertura, ospitalità, condivisione e rispetto della natura e delle persone che sono stati i valori caratterizzanti la vita dello scultore. Continuare a tramandare il messaggio d’arte di Pinuccio Sciola, tenendo vive e promuovendo le attività, i contatti e i progetti internazionali che l’artista ha costruito e sostenuto nel corso della sua vita: questi gli obiettivi principali sui quali verranno focalizzate le attività principali.

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Marc Chagall a Cava de’ Tirreni (Salerno)

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , on 6 giugno 2015 by Michele Nigro

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(FONTE DELLA NOTIZIA)

È dedicata all’opera grafica di uno dei grandi protagonisti dell’arte del XX secolo la Mostra Marc Chagall. Segni e colori dell’anima in programma al MARTE di Cava de’ Tirreni (Salerno) dal 29 marzo al 28 giugno 2015. Un’esposizione volta a restituire tutta la poetica del fortunato incontro tra la forza del segno e del colore dell’artista bielorusso con le tecniche della stampa d’arte, tra il simbolismo e gli archetipi del suo vocabolario pittorico con i temi delle favole e del messaggio biblico. Affiancata da diverse iniziative collaterali e da un’accurata proposta di visite combinate in itinerari turistici tematici, la Mostra, che gode del patrocinio del Consolato Onorario della Repubblica di Bielorussia a Napoli, della Provincia di Salerno e del Comune di Cava de’ Tirreni, è stata resa possibile grazie al sostegno dei Main Sponsor EAST, Tecnocap, Centro Commerciale Naturale di Cava de’ Tirreni e al contributo di Arti Grafiche Boccia e di altri sponsor privati, ed è promossa dal MARTE Mediateca Arte Eventi, centro culturale pulsante votato alla multidisciplinarietà, modello esemplare di recupero e riconversione  di un sito storico in chiave contemporanea.
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Trainspotter

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 30 aprile 2015 by Michele Nigro

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Strana invenzione

legata a ricordi infantili

notturni occhi di drago sbuffante

su parallele metalliche, forse infinite

auscultate da orecchie indiane

riverbero moderno

di vaporici entusiasmi.

Bizzarro e pesante

l’andare verso mete invisibili

rivelate da quelle presenze binarie

estensioni di un desiderio, lucenti e bullonate

in attesa di transiti fra l’erba selvaggia e i sassi

odoranti di piscio viaggiatore,

sognate tra miraggi

di ferri estivi roventi

per passione e sole

preannunciate da vene elettriche

sospese in cielo

compagne mute e vibranti di riflessioni

che precedono partenze.

Un laboratorio di scrittura a Napoli

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , on 27 dicembre 2012 by Michele Nigro

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Tango

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , on 28 marzo 2012 by Michele Nigro

 

Arcuate cosce lente

coiti danzanti

sospirate mosse spente

moniti struscianti.

Sintonìa di corpi

fisarmonica mesta

di vita crudele

che gravita fedele,

malinconica resta

gelosia di storpi.

Ritmo binario

d’argentiniche tangherìe

istmo ferroviario

verso isteriche osterie.

Sensuali dolori meditati

amanti di pelle e note

rituali amori ritmati

sudanti gemelle gote.

Passione di strada

bordello popolare

tecnica e tristezza

nel bello angolare

armonica durezza

prigione di giada.

 

Sciuscià a Istanbul

Posted in nigrologia with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 10 agosto 2010 by Michele Nigro

I lustrascarpe di Istanbul

e il trucco della “spazzola del buon samaritano”.

Le tecniche di “phishing” a Istanbul hanno conservato il sapore delle cose antiche.

Nella Capitale europea della Cultura, dove grattacieli e case in legno dell’impero ottomano convivono in un equilibrio che nasconde una saggezza millenaria, i metodi per spillare soldi ai turisti si avvalgono ancora di un approccio umano che non ha nulla in comune con le fredde e tecnologiche truffe informatiche dell’occidente. Anche in Turchia esisteranno certamente ladri specializzati nell’uso di internet e di e-mail truffaldine create per attirare i “ricchi pesci occidentali” (le cronache, anzi, c’insegnano che la maggior parte dei web server utilizzati per le operazioni di phishing bancario sono ubicati proprio in alcuni paesi dell’est europeo), ma a Istanbul, ai lustrascarpe che pullulano nelle strade, certe cose piace farle de visu, senza intermediari tecnologici, adoperando il dialogo e la capacità di saper commuovere l’interlocutore. I commercianti orientali e mediorientali, lo sappiamo, sono famosi da sempre per la loro abilità nella vendita, nel saper contrattare i prezzi e nel farti credere di aver fatto un buon affare: questa abilità affinata nel corso dei secoli travalica i confini dei vari bazar e s’insinua ovunque, anche nei mestieri più insignificanti e nelle occasioni di guadagno estemporanee. Anche i lustrascarpe, a Istanbul, non si limitano al semplice “shoe shining” (da cui, “napoletanizzando” il binomio inglese, è nato il termine post bellico “sciuscià” reso celebre dall’omonimo film-capolavoro di Vittorio De Sica) aspettando che qualcuno chieda loro di lustrare le scarpe infangate: il commercio di successo non è fatto di attese ma di intraprendenza, di “psico-imprenditoria”, di furbizia e di audacia linguistica. Ecco che gli abilissimi sciuscià di Istanbul si sono inventati una tecnica, ampiamente diffusa tra gli appartenenti alla “corporazione” e forse esistente da quando esistono scarpe da lucidare, per attirare clienti e per spillare soldi alla fine di una prestazione apparentemente gratuita, fornita per ringraziare il “pesce” di turno.

Il trucco utilizzato dai lustrascarpe di Istanbul è quello da me definito della “spazzola del buon samaritano”: con passo costante, morbido, calibrato, mai eccessivamente veloce per non distaccare la “preda” e con la coda dell’occhio usata come un mirino, il lustrascarpe di Istanbul, con tanto di cassetta del mestiere sulla spalla, crema lucidante e set di spazzole, vi precede casualmente lungo il vostro tragitto (ogni strada di Istanbul è potenzialmente adatta, ma il ponte di Galata – grazie alla sua linearità e al transito obbligatorio a cui devono sottostare i passanti – rappresenta il “luogo ideale” per sperimentare il trucco) e con il sincronismo di un aviatore che sgancia le proprie bombe sugli obiettivi fa cadere, apparentemente in maniera accidentale, una delle spazzole lungo il cammino del turista!

Il turista, ovvero il buon samaritano in vacanza a Istanbul, pensando di compiere una buona azione gridando al lustrascarpe di aver perso uno degli “attrezzi”, non sa di essere volontariamente entrato a far parte del gioco dello sciuscià turco! Infatti dopo il rito dei ringraziamenti in stile “mille e una notte”, dopo aver tirato in ballo le benedizioni di Allah, Maometto, fino all’ultimo sultano dell’impero ottomano, il lustrascarpe “vi offre” come premio per la vostra bontà una pulitura di scarpe apparentemente gratuita durante la quale (gli sciuscià di Istanbul non si scoraggiano facilmente: si sono specializzati persino nella lucidatura dei sandali con il rischio evidente di spazzolarvi piacevolmente la pelle dei piedi!) vi andrà a snocciolare, utilizzando un inglese maccheronico ma efficace, le disavventure della propria famiglia dalla sestultima generazione fino ai nostri giorni. Padri cardiopatici in terapia intensiva ad Ankara, madri disabili in qualche sperduto villaggio anatolico, dodici fratellini in un orfanotrofio di Smirne, cugini in attesa di trapianti, bradisismi, terremoti, alluvioni, tsunami, rapimenti da parte di alieni, meteoriti… Il carnet delle sciagure utilizzato dal lustrascarpe di Istanbul per far commuovere il malcapitato farebbe invidia al migliore autore di “soap opera” americana! Alla fine della lucidatura, mescolando, in maniera abile e raffinata, retorica e manualità artigiana, il buon sciuscià vi chiede la modica somma di 10 lire turche non tanto per la lucidatura – ci tiene a precisare! – quanto piuttosto per le sciagure poc’anzi elencate: somma che scende gradualmente verso le 3 lire quando “l’attore con spazzola” si accorge che state abbandonando la scena in maniera infastidita e con la ormai palese sensazione di essere stati presi leggermente per i fondelli! Alcuni pagano (i giapponesi, per esempio, pagano sempre: lo fanno per educazione… E’ una questione di onore!), altri – come me – non pagano neanche se interviene in massa tutta la famiglia dei lustrascarpe di Istanbul. L’ “operazione commozione” a volte funziona, altre volte no! Quello che ho descritto è ovviamente un gioco simpatico tra turista e lustrascarpe da cui, una volta imparate le regole, ci si può sottrarre abilmente: basta deviare in un vicolo subito dopo lo “sgancio della spazzola”, fermarsi per vedere una qualsiasi cosa dall’altra parte della strada oppure far finta di non aver visto la spazzola cadere e passare oltre…

Istanbul è una città dinamica, interattiva, maestra di vita, acrobatica, dialetticamente imprevedibile e feroce: imparare a giocare con essa equivale a saper interagire con l’intero universo, allenando il proprio corpo e la propria mente a nuove strategie, cercando nuove soluzioni…

Da dove deriva questa saggezza pratica tramandata di generazione in generazione per via orale? Come è possibile che in una città di 16 milioni di abitanti tutti, o quasi tutti, i lustrascarpe conoscano la stessa tecnica? Mentre mi pongo queste domande inutili, dimentico di essere mezzo napoletano, di aver vissuto a Napoli, e che a Napoli trucchi simili (e, non me ne vogliano gli sciuscià di Istanbul, anche più complessi di questi) venivano magistralmente adottati ancor prima del 1453 e della nascita dell’impero ottomano! Ma abbiamo dimenticato, forse, di essere stati anche noi degli sciuscià e che in Italia, nonostante il nostro essere orgogliosamente membri del G8, esistono ancora realtà urbane che spingono il cittadino, diciamo così, “borderline” a specializzarsi in tecniche di sopravvivenza che rasentano l’ “arte”: l’arte del campare.

L’aspetto “umano” di questo trucco, che appartiene ancora ai cosiddetti “peccati veniali” e non certamente alla categoria dei “crimini”, è che basa il proprio successo sull’ingenuità del turista stanco, sul suo disorientamento linguistico, culturale, geografico e topografico, sulla sua velocità di adattamento in un territorio che il lustrascarpe invece conosce e soprattutto (cosa che noi occidentali dovremmo imparare a riscoprire invece di continuare a parlare con i nostri computer o attraverso i telefonini) sull’intelligenza della dialettica: riuscire a capire il prossimo pesando le sue parole, essere capaci di saper pilotare il dialogo, prevenire le mosse senza malizia ma con arguzia, dominare la materia, lo spazio e il tempo… Sono cose che non s’imparano dai libri ma per strada! Sono cose che i lustrascarpe di Istanbul conoscono benissimo.

Ci sarebbero tantissime altre tecniche “più pericolose” (tra quelle conosciute) da descrivere per cercare di prevenire determinate situazioni spiacevoli: ad esempio, la tecnica del “giubbino in vendita” per sfilare portafogli ai malcapitati oppure la tecnica dell’ “informazione non richiesta” da parte di gentili e sorridenti personaggi che si mettono a completa disposizione per carpire la fiducia del turista e con essa anche i soldi del pollo di turno…

E’ vero, lo posso confermare perché ci sono stato e sono stato bene, senza avvertire nessuna sensazione di pericolo: ISTANBUL NON E’ PERICOLOSA! Ma aggiungerei in maniera realistica: “Non è neanche Shangri-La!”

Quindi: occhio!!! Quanto basta…

Buon viaggio!

(articolo pubblicato sotto forma di commento anche qui:

http://www.scoprireistanbul.com/wp/istanbul-non-e-pericolosa.html )

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