E proprio mentre Tony Drastico cominciava a capire qualcosa della vita, ovvero cominciava a capire di non averla capita e che questa verità tutto sommato comoda era stata per lui una grande e sapiente liberazione; proprio mentre tutti i pezzi del mosaico continuavano a restare in dispettoso disordine sul tavolo senza formare alcuna immagine rivelatrice, una di quelle immagini nitide con cui ci si illude di avere il controllo della realtà; proprio mentre accadeva tutto questo, gli capitò di morire.
(Lo so che lo scrittore William Forrester nel film “Scoprendo Forrester” sconsiglia caldamente di cominciare una frase con una congiunzione, ma come risponde il suo giovane allievo Jamal, anch’io dico: “Sì… che si può!” E infatti l’ho fatto sopra, all’inizio del racconto… Caspita, l’ho rifatto anche qui, in quest’ultima frase. Niente, è più forte di me. E pazienza! Ancora…?)
Gliel’avevano detto più volte a Tony: “Sembra che non sia tu a guidare l’automobile, quanto piuttosto l’auto a pilotare te!”. Ironizzavano gli amici che spesso scarrozzava in giro, su e giù per la provincia, testando birre in pub da poco aperti e ascoltando cover band di storici gruppi rock estinti o in procinto di estinguersi. Però quella notte maledetta non fu la guida casual di Tony Drastico a determinare il suo solitario trapasso verso l’aldilà quanto piuttosto i mal segnalati lavori in corso sulla tangenziale di Salerno: l’impatto violento contro le barriere allestite dalla società autostradale, quasi invisibili sotto la pioggia battente a causa delle luci lampeggianti del cantiere da alcune ore fuori uso, fecero sbalzare la sua auto nella corsia chiusa della strada in manutenzione. Tutto avvenne in un attimo, senza grandi preparativi, come è abitudine della morte per incidenti e non per malattia: dal sorriso compiaciuto e beffardo, a suon di musica proveniente dall’autoradio, di chi è finalmente consapevole che la vita non può essere capita e controllata a una altrettanto incontrollabile e ghignosa morte. Coerente su tutta la linea, fino alla fine.
In qualità di voce narrante autorizzata dallo stesso personaggio di Tony Drastico a rilasciare dichiarazioni ufficiali a voi lettori, sono felice di comunicarvi che la leggenda riguardante l’intera vita che scorrerebbe davanti agli occhi del morente è – diciamolo una volta per tutte – una incommensurabile cazzata! Meno grave, decisamente, di quell’altra riguardante la famosa “luce in fondo al tunnel” messa in circolazione da gente comatosa, dedita all’uso di sostanze psicotrope e tornata in piedi al solo scopo di diffondere fandonie neuro-metafisiche grazie alle quali allestire affollati meeting per mettere in comunicazione il pubblico pagante con il mondo dei morti (veri utilizzatori finali di questa presunta luce nel tunnel, solo intravista dai “ritornati”) e pubblicare libri, scritti da ghost writers, riguardanti il tema scottante della vita oltre la morte. E invece sarebbe più utile e onesto parlare della morte durante la vita e come evitarla, se possibile, quando avresti ancora voglia di vivere e di mettere in pratica alcune cosette imparate negli anni precedenti. Ma la vita su questo pianeta, si sa, è tanto meravigliosa quanto bizzarra, e il nostro umile compito è quello di assecondarla durante le sue feroci e capricciose sterzate.
Mentre l’auto compiva una rotazione su se stessa, intorno all’asse longitudinale della normalità di noi bipedi evoluti seduti sui motori a scoppio dell’inventiva, facendo diventare sotto il tetto dell’abitacolo e sopra il pavimento del telaio dove non batte mai il sole, tra la grandine di vetri dei finestrini rotti dalla botta sull’asfalto e il levitare caotico dei vari oggetti depositati sul cruscotto, polvere compresa, nel corso degli anni, l’unica immagine che un sorridente Tony Drastico vide comparire nel suo cervello sorpreso ma non stupefatto e stranamente sobrio, fu quella della sua amica giapponese Murasaki Sōseki, conosciuta per caso a Tokyo molti anni prima durante uno dei suoi viaggi da ramingo solitario in cerca di nuovi scenari geografici e umani da dare in pasto alla sua mente e al suo cuore, da sempre in bolletta esistenziale. Murasaki all’epoca del loro primo incontro svolgeva la funzione di location manager nello staff nipponico che assisteva la regista americana Sofia Coppola durante le riprese del fortunato film “Lost in Translation”, girato proprio nella metropoli giapponese. Erano bastati pochi ingredienti per realizzare quel simpatico incontro italo-nipponico tra Tony e Murasaki: la richiesta sfacciata degli autografi di Bill Murray e Scarlett Johansson impegnati sul set; le risatine di lei per l’inglese di Tony, efficace per sopravvivere all’estero ma ancora troppo maccheronico per approfondite discussioni filosofiche e che tanta comica tenerezza suscitava nelle ragazze di Tokyo quando le fermava con la scusa di un’informazione; il dialogo non privo di inconvenienti sulle ragioni esistenziali prima ancora che cinematografiche di quel film in costruzione; un tè bevuto insieme tra una ripresa e l’altra anche se Tony odiava il tè e lo beveva solo per fare colpo su di lei o quand’era influenzato… Un’amicizia nata per caso e alimentata da un’insolita conoscenza delle canzoni di Franco Battiato che nonostante le forti differenze linguistiche aveva attecchito nell’animo di molti giovani del paese del Sol levante, tra i quali quello di Murasaki. Che risate si faceva Tony quando lei tentava di cantare Veni l’autunnu con la sua strana pronuncia siculo nipponica, consapevole che ogni suo tentativo avrebbe suscitato l’ilarità di quell’italiano sperduto nel mondo. Era stata per alcuni mesi in Italia durante gli anni del liceo, grazie a un programma di scambi culturali tra Italia e Giappone, e aveva riportato a casa molti ricordi, anche musicali, di quella sua interessante e giovanile esperienza nella penisola mediterranea. L’insularità del Maestro Battiato riusciva a dialogare, non si sa bene tramite quali occulti canali psicolinguistici, con l’animo insulare dei giapponesi più curiosi e aperti a esperienze esotiche. L’esotismo vissuto al contrario: noi italiani visti come interessanti “orientali” d’occidente… da Oriente. L’incontro tra arcipelago e penisola: nel primo caso l’orgoglio dell’isolamento, nel caso della penisola l’illusione di un punto di contatto con il resto del mondo. Il tutto regolato dalla costante presenza dell’acqua che circonda o quasi, comprime, decide, condiziona, si mescola evaporando al fuoco lavico dei vulcani: che storia il carattere geografico delle persone! Anche agli antipodi le creature cresciute in ambienti simili si annusano e si riconoscono.
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