Franco Battiato. Soprattutto il silenzio

Quando parliamo di canzone siamo abituati a riferirci, per merito o per colpa di un certo condizionamento sanremese, a un tipo di componimento musicale e vocale caratterizzato da un filo logico ben evidente, le cui parti (introduzione – strofa – ritornello – strofa – inciso musicale – finale) soddisfano una coerenza ‘scolastica’ di fondo. La “trama” di queste canzoni è facile da individuare ed è per questo motivo che riescono a rispettare certi parametri standard accettati dalla maggioranza: “Canzone vocale. Musica destinata al popolo, di facile presa e assimilazione, si giovò agli inizi di elementi colti e popolari…” (fonte Wikipedia)

Se c’è un cantautore italiano che ha avuto il coraggio, nonostante le sue primissime esperienze nel mondo della musica leggera siano state proprio di stampo popolar-commerciale, di tagliare il cordone ombelicale dal rischio di standardizzazione, questo è senza alcuna ombra di dubbio Franco Battiato. La scelta di abbandonare certi stilemi inflazionati gli è valsa fin da subito la definizione di “cantante difficile”. Una definizione piuttosto ‘superficiale’ che serve all’ascoltatore medio per giustificare la propria pigrizia nei confronti di un tipo di ‘canzone’ che innegabilmente richiede (per non dire esige) volontà e amore per la ricerca (interiore e culturale in senso lato): alcune canzoni che potremmo definire ‘facili’ nascondono, dietro una struttura apparentemente scontata, una complessità tematica non trascurabile; la ‘difficoltà’ insita nell’ascolto dei brani musicali di Battiato riguarda, secondo il mio umile punto di vista, l’eterogeneità dei messaggi contenuti che non fornisce un appiglio sicuro e stabile a chi, invece, ha bisogno di sicurezze non solo nella ‘vita materiale’ di tutti i giorni ma anche mentre ascolta una canzone. Ascoltando un brano di Battiato (mi riferisco al periodo durante il quale Battiato è stato anche autore dei testi) ci accorgiamo quasi sempre dell’inesistenza di una “trama”, di una struttura logica che ingabbia l’esperienza spazio-temporale dell’ascoltatore. Lo scopo di Battiato non è quello di confezionare un “raccontino musicato” per soddisfare il romanticismo dei molti, ma di descrivere atmosfere, stati d’animo immutabili, condizioni interiori, passioni carnali, ricerche spirituali adattabili all’uomo dell’antica Grecia e all’umanità tecnologica del terzo millennio:

<<… Le tue strane inibizioni
che scatenano il piacere
lo shivaismo tantrico
di stile dionisiaco
la lotta pornografica dei Greci e dei Latini
la tua pelle come un’oasi nel deserto ancora mi cattura
ed è bellissimo perdersi in quest’incantesimo…>>

(tratto da Sentimiento Nuevo)

E’ evidente che una siffatta canzone non può trovare riscontro tra chi sente l’esigenza semplicistica e appagante della rima “cuore-amore”. La canzone reinventata da Battiato ha il compito non dichiarato di sradicare l’ascoltatore dalle sue abitudini sonore per proiettarlo verso nuovi scenari esotici ed esoterici. Battiato non è assillato dall’idea di doversi ‘giustificare’ con gli ascoltatori: mette a disposizione sprazzi di esperienza (viaggi, letture, pensieri, doni meditativi, attimi, fotogrammi esistenziali, sfumature antropologiche, echi del passato, visioni, traguardi interiori, se necessario ingenuità…) su tappeti musicali di volta in volta differenti e che hanno il compito di veicolarli. Spetta all’estimatore/ascoltatore, partendo dai dati forniti in maniera apparentemente affastellata, compiere una ricerca capace di ripercorrere all’inverso (dalla foce alla sorgente) i cammini culturali proposti dal cantautore andando al di là della musica e in alcuni casi anche al di là dei testi. Le frasi ‘esoteriche’ che a volte ritroviamo nei testi delle canzoni di Battiato rappresentano delle “tracce” da sviluppare: è l’ascoltatore che sceglie il grado di penetrazione della propria ricerca. Sviluppare queste tracce, però, non significa essere sicuri di raggiungere la verità assoluta: ripercorrere determinati sentieri può aiutarci a creare empatia tra noi e il nostro cantautore, e a condividere le sue esigenze spirituali. Ma l’unicità dell’esperienza interiore è irriproducibile.

Come è possibile, allora, seguire (capire) un simile cantautore?

C’è chi si abbandona a una semplice e per certi versi comoda ‘istintualità sonora’: lasciarsi trasportare verso paesaggi interiori rivitalizzati dalla musica, senza porsi troppe domande di natura ‘esegetica’; c’è chi, invece, tenta (e sottolineo ‘tenta’) di interpretare ‘cerebralmente’ e di contestualizzare le intenzioni testuali del cantautore, fornendo una ‘mappatura’ biografica, culturale e discografica.

Annino La Posta, autore del libro intitolato “Franco Battiato. Soprattutto il silenzio” (ed. Giunti – 2010), fornisce al lettore gli elementi necessari per la costruzione di questa ‘mappa’ esistenziale e discografica, senza avere la pretesa di ‘congelare’ il lavoro interpretativo sulla musica o sui testi di Battiato (-Sgalambro) perché, come dice lo stesso autore nella prefazione: “il compito che un libro come questo è chiamato ad assolvere è quello di mostrare, di chiarire, di rendere più fruibile una materia complessa, cercando di dare la misura di un autore tanto singolare.” Pur essendo consapevoli, aggiungo io, che la complessità per sua natura non può essere contenuta ma solo temporaneamente arginata e rallentata. Giusto per avere il tempo di osservarla e fotografarla. Il libro di La Posta è un testo utile che possiede una struttura ‘enciclopedica’: il racconto, diviso in gruppi di anni (si parte dall’intervallo temporale 1945-1971), riguardante la vita personale e artistica di Franco Battiato, si alterna a ‘schede’ che hanno il non facile compito di ‘spiegare’ – brano per brano! – gli album musicali finora pubblicati dal cantautore siciliano. Fino al 2009.

Un gran bel viaggio attraverso la vita e le opere di un grande uomo e di un grande cantautore. Buona lettura.

4 Risposte to “Franco Battiato. Soprattutto il silenzio”

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