Jesus Video

(una mia vecchia recensione pubblicata sul settimanale “Strange Days”)

“Lo specchio di Dio”

di

Andreas Eschbach

Dopo il recente tormentone “Codice Da Vinci” di Dan Brown, criticato dagli esperti del settore per le sue incongruenze e “scomunicato” dalla Chiesa di Roma per la sua insolenza, vi invito a prendere in considerazione un’alternativa piuttosto solida e, credo, meno fortunata del best seller di Brown: mi riferisco a “Lo specchio di Dio” (titolo originale “Jesus video” del 1998) dell’autore tedesco Andreas Eschbach già noto per altri romanzi altrettanto originali e calcolati. In comune con il Codice, “Lo specchio di Dio” possiede il dichiarato e intricato intento di minare i pilastri del pensiero religioso occidentale tramite una “decodificazione” di eventi misteriosi che sembrerebbero appartenere, e lì pronti ad esaurirsi, alla contemporaneità. Ma così non è!

Non è un libro di religione, anche se il titolo potrebbe dare questa impressione, ma un romanzo che, come recita il sottotitolo – “un thriller sul mistero di Gesù Cristo” – riesce ad intersecare fantascienza e archeologia; fede cristiana e giallistica; rigore scientifico e passione narrativa…

Eschbach non è un dissacratore a corto di idee per i suoi romanzi, ma un originale “cercatore” che utilizza vari elementi, tutti differenti e apparentemente inconciliabili, per giungere all’impegnativa messa in discussione di uno dei pilastri dell’Occidente cattolico, ponendosi una semplice domanda: perché siamo cristiani? E non lo fa scomodando teologi, filosofi e porporati, ma utilizzando lo strumento che gli è più consono: la fantasia.

Viene ritrovato, in una necropoli israeliana durante alcuni scavi, uno scheletro datato intorno ai duemila anni con accanto il libretto delle istruzioni per una videocamera non ancora in commercio!

L’unica spiegazione è che si tratti di un futuro “viaggiatore nel tempo”, uno scettico votato alla ricerca della verità al punto da sacrificare la propria vita, anzi il proprio tempo, (ritornando indietro di duemila anni, in un viaggio di sola andata, sa di dover morire durante l’epoca di Cristo) pur di “filmare” e quindi documentare l’effettiva esistenza del falegname di Nazareth e consegnare agli uomini del futuro, dopo duemila anni e nascondendole accuratamente, le “prove” necessarie per confermare o distruggere il Potere della Chiesa.

Non sarò certo io a rivelare la fine di questo intrigante “giallo fantarcheologico”; fatto sta che Eschbach sembra aver indovinato una miscela originale capace di far rabbrividire sia i puristi della fantascienza che i ricercatori storici. Eppure, se analizziamo a fondo l’idea di Eschbach, ritroviamo gli ingredienti base del nostro essere “uomini e donne del terzo millennio”… Qual è lo strumento di cui tutti noi oggi sembriamo fidarci ciecamente, senza mai metterlo in discussione? Io direi lo strumento dell’Immagine. Il conforto e l’appagamento che riceviamo dalla conferma immediata dell’immagine caratterizza la nostra epoca e la fede (cioè il “fidarsi” senza vedere!) sembrerebbe non avere più un posto sicuro nella vita di ognuno di noi. La Chiesa, che ha fatto un grande uso di immagini (sacre) nei secoli passati sembrerebbe, in questo romanzo, essere minacciata proprio dall’immagine… Da un’immagine video che confermi o meno l’esistenza di Gesù!

Eschbach non si accontenta della dissertazione filosofica e porta le telecamere, provocatoriamente, nell’epoca di Cristo: non sappiamo se per sottolineare e deridere lo scetticismo dell’uomo moderno o per evidenziare il bisogno molto attuale di una Chiesa che ha sempre più necessità di mostrarsi, forse per sopravvivere, attraverso i mezzi della comunicazione di massa! Basti pensare alle migliaia di mms e videoriprese effettuate dalla gente in occasione dell’esposizione al pubblico della salma di Giovanni Paolo II nella Basilica di S. Pietro e al bisogno impellente di affidare su ben altri supporti mnemonici il significato di una vita umana già di per se intensa!

Non sappiamo nemmeno se il nostro Autore voglia dare un’impronta filosofica e teologica al proprio lavoro, ma di sicuro l’accostamento tra fantascienza e fede crea nel lettore, credente o agnostico, una strana sensazione di insicurezza mista a terrore per tutto ciò che vediamo sotto i nostri occhi cristiani e che potrebbe scomparire da un momento all’altro a causa di un paio di videocassette vecchie di millenni e ritraenti un Cristo mai morto in croce, con tanto di famiglia e una falegnameria ereditata dal padre o addirittura il nulla perchè mai esistito! In questo romanzo vengono convogliate tutte le perplessità del cristiano medio che spesso si affida ad un dio che non vede, che a volte “sente” nella preghiera, ma che vorrebbe toccare come lo scettico S. Tommaso.

E’ furbo Eschbach perché rimane fedele al modello, sempre gradito, di H. G. Wells e della sua “macchina del tempo” pur non entrando nei particolari tecnici del viaggio come quest’ultimo; è preciso e coerente nel far coincidere le varie scenografie che, in alcuni capitoli in modo troppo schizofrenico ma efficace, si alternano facendo passare il Lettore dagli scavi archeologici israeliani alle stanze del Papa nel Vaticano.

E’ un romanzo accattivante e originale per alcuni versi ma soffre dello stesso male che attanaglia la produzione artistica, letteraria e cinematografica di questi ultimi decenni: brilla di luce riflessa. Nel senso che anche Eschbach ha imparato a fare il “giocoliere” e così si diverte a miscelare elementi già esistenti: ritroviamo l’avventurismo alla Indiana Jones che s’intreccia con la dotta dissacrazione del “Pendolo” di Umberto Eco; c’è la stessa energica ossessione già adoperata nei confronti dei Templari in quasi tutte le salse e c’è la minuziosità tipica dei polizieschi “serial thriller” che s’alterna ad una descrizione più rilassata fatta di sensualità e goliardia hollywoodiana…

Emerge un aspetto positivo, tra i tanti, che va preso in considerazione: l’Autore tedesco affida, nelle mani della fantascienza, la decostruzione religiosa dell’Occidente. E per farlo non si accontenta di mettere in discussione alcuni miracoli attribuiti ai santi della Chiesa, ma colpisce al cuore della cristianità. Tremiamo, leggendo le pagine di Eschbach, pur non credendo; c’appassioniamo alle ipotesi dei personaggi pur sapendo che si tratta d’invenzione… Altri autori si sarebbero “bruciati” scrivendo un libro simile, ma Eschbach riesce a non farsi odiare per questa sua ingenua ribellione anticonformista e addirittura, in alcuni punti, dona ai personaggi più scettici e miscredenti del suo romanzo una passione ed una “fede” degna del miglior cristiano… Forse vuole ricordare a tutti noi che la via verso la fede passa proprio attraverso la prova e il dubbio; e ne “Lo specchio di Dio” il Dubbio è sicuramente il “personaggio” principale.

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