Non abito più qui
Ho provato a indossare
un abito di quand’ero giovane,
antichi gesti sociali, maschere
a me familiari
ridicole manovre disinvolte
per rientrare in spazi mentali
che non mi appartengono più.
Pensieri dalle forme sgraziate
si adattano a grezzi tessuti morali.
Spinti da tragiche nostalgie
ritornano comportamenti
depositati nei caveau del passato,
riesumo l’ingiallito copione
di un personaggio in disuso
ne ricordo ancora le azioni di scena
le rivivo senza comprendere
il perché di questo recupero
e realizzo così
la distanza maturata negli anni.
Allo specchio
non mi riconosco,
la libera pelle di oggi
pulsa indispettita.
Le querce non rimpiangono
le foglie cadute sulla strada
calpestate dalle ruote del tempo,
se ne occuperà
un coraggioso vento
proveniente dal mare dei naviganti a vista.
♦
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This entry was posted on 21 febbraio 2015 at 18:21 and is filed under nigrologia with tags abitudine, alienazione, appartenenza, assimilazione, associazione, cambiamento, chiesa, comportamento, consapevolezza, contaminazione, cultura, decostruzione, dissacrare, dogma, educazione, esistenza, etologia, evoluzione, involuzione, libertà, lotta, mente, metamorfosi, omologazione, passato, personaggio, personalità, poesia, psicologia, ricerca, ricordi, ritorno, rivoluzione, schema, simulazione, sistema, società, sperimentazione, usi e costumi, vita, web poetry. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.
9 Risposte to “Non abito più qui”
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9 Maggio 2020 a 13:14
L’ha ripubblicato su Pomeriggi perdutie ha commentato:
tratta da “Nessuno nasce pulito” (ed. nugae 2.0 – 2016)
https://www.facebook.com/nessunonascepulito/posts/698316290335528:0?tn=K-R
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22 febbraio 2015 a 21:44
“Non mi riconosco”..
Quante volte ce lo siamo detti, anche di fronte a specchi immaginari.
Tutte le volte mi dico che in quel momento, quando cioè non ci riconosciamo, è l’attimo in cui siamo più presenti a noi stessi. È l’affermarmi del mio essere “oggi”, “ora” in un certo modo.
Una negazione che afferma, paradossalmente.
Il negare una parte di me che non ri-conosco più, da un valore maggiore a ciò che sono in questo momento e lo da perché sono io che nel confronto, abdico al mio essere stato, per accettare ciò che “sono”.
Che poi, magari, non è un negare ma semplicemente accettare un sostanziale cambiamento. In fondo.. anche ciò che oggi non riconosco più ha contribuito a farmi diventare ciò che sono.
Forse sarebbe più grave, per assurdo, continuare a specchiarsi saltuariamente e ritrovarsi sempre “uguali” e “immobili”. Potrebbe significare molte cose diverse: sono realmente immobile e cioè piatto e quindi non ho avuto nessuna evoluzione/involuzione nel corso del tempo e questa cosa potrebbe anche farmi piacere, se solo pensassi che è nell’essere sempre uguali il vero “traguardo”; potrei anche guardarmi senza vedermi.. e quindi anche nel cambiamento non accorgermi, o non considerare ciò degno di nota.
Insomma svariate sarebbero le ipotesi, ma io sono per il cambiamento, sono per il credere che nel “negarci”, in realtà “siamo”.. quindi trovo bellissimo il guardarsi e il dirsi: “Non mi riconosco..”
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22 febbraio 2015 a 22:03
Grazie per aver letto, proprio un bel commento che sviluppa e fortunatamente completa l’argomento da cui scaturisce questo mio pensiero/poesia… E’ vero ci sono molte combinazioni… ❤
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22 febbraio 2015 a 22:11
Ho escluso dal mio commento la “versione” in cui uno si guarda allo specchio e non si riconosce più.. perché preferiva ciò che non vede più e che forse gli piaceva maggiormente..
La versione in cui ci si guarda con un torvo sguardo e si critica ciò che siamo diventati..
Ho avuto come l’idea che le tue parole si riferissero ad altro.. all’altro che ho espresso nel primo commento.
Grazie a te, come sempre! 😉
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22 febbraio 2015 a 22:15
sì infatti è così… questa seconda modalità sarebbe la più triste, invece lo specchiarsi di cui sopra è soddisfacente (pur non essendo un traguardo definitivo)… è sentirsi bene pur negando ciò che agli altri sembrerebbe saggio non negare…
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22 febbraio 2015 a 22:16
Proprio così.. La “saggezza” dell’immobilità..
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22 febbraio 2015 a 22:22
sì… sì… saggezza certo… come no! -_-
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22 febbraio 2015 a 22:24
Hahahaha!!! ^_^
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22 febbraio 2015 a 22:25
-_-
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