versione pdf: Lettera, non ancora spedita, al marito della donna che amo…

“Le mie afflizioni non possono ricevere lenimento,
e il ricordo dei miei piaceri mi colma di disperazione.
Io mi illudo di avervi ridotto a non avere senza me
che piaceri imperfetti.”
Ivano Fossati – L’amante
…
Palermo, 11 marzo 2015
Lucio,
lei mi ha detto che ti chiami così, che questo è il tuo nome, anche se nella nostra corrispondenza, riferendosi a te, usa sempre la “L” puntata, forse per una sorta di pudore reverenziale nell’incompletezza o perverso affetto fraterno tendente al protettivo che ancora conserva nei tuoi confronti: lo stesso che non le permette di liberarsi definitivamente di te e della scenografia in cui pensi di vivere al sicuro dalla vita.
Da tre anni amo tua moglie e, cosa apparentemente scontata da sottolineare ma ti assicuro che così non è, lei – la “lei” a cui facevo riferimento sopra – ama me. Mi ama in maniera, volendo usare un termine in voga nel mio mondo, inedita.
Perdona questo incipit a bruciapelo che sicuramente ti starà gettando nel più acuto sgomento, che presto diventerà risentimento e forse anche insanabile rabbia omicida, ma un caporedattore, anni fa, mi insegnò che quando si imposta un articolo di cronaca bisogna cominciare dai fatti crudi intorno ai quali costruire, in seguito e con tutta calma, le descrizioni del caso e le conclusioni dell’articolo stesso. Il dato è questo: da tre anni amo, nel corpo e nella mente, la donna con cui la sera giaci tranquillo e ignorante, la stessa con cui la mattina prendi il caffè e parli del più e del meno riguardanti la giornata che vi attende. E delle cose da fare insieme, per crescere i frutti nati da quello che un tempo avete pensato fosse amore. O forse l’hai pensato solo tu, o l’avete pensato entrambi per un certo periodo e poi ti sei lasciato cullare da ciò che credevi immutabile dinanzi ai tuoi occhi aperti a metà, gli stessi che hanno smesso di fare domande nonostante l’evidenza. Che non hanno più fatto la domanda fondamentale per paura di una risposta che in cuor tuo conosci già.
Non so cosa sia successo tra di voi in questi anni, cosa si sia frantumato o, peggio ancora, cosa non ci sia mai stato; forse tu pian piano sei diventato un’istituzione, colui che c’è sempre e comunque, il figlio acquisito dei genitori di lei, un compagno discreto al di là dei difetti caratteriali, dell’indiscussa bellezza, del crescente disinteresse e del disamore celato; forse semplicemente hai dimenticato di leggerle delle poesie, nonostante lei te lo avesse chiesto con amore. I crolli spesso sono preannunciati da piccole crepe nei muri che rendono possibile una pacifica convivenza fino al momento del disastro silenzioso e privato. Quando certi cammini di coppia cominciano troppo presto, spinti da entusiasmi acerbi e da pressioni familiari e culturali esterne difficili da dominare, accade che nel corso del tempo l’evoluzione interiore di uno dei due lasci indietro l’altro, è naturale, anche se l’affetto e gli obblighi nei confronti di chi abbiamo intorno e che amiamo ci costringono a fornire una facciata apparentemente stabile e costante nel tempo. Non tutte, non tutti, hanno la forza o l’incoscienza di abbandonare il contesto familiare in cui vivono per ricrearne uno nuovo altrove e con altre persone. Quando uno dei due, all’interno della coppia, cresce interiormente e capisce chi è e cosa vuole dall’amore, allora per l’altro cominciano i guai; anche se tu, “caro” Lucio, questi guai non li conoscerai mai: vivi sereno nel tuo schema esistenziale tamponato con morbido cotone per non farti male, perché lei non vuole farti male, e solo di tanto in tanto ti sfiora un timido dubbio, una inconscia sfumatura fornita dal caso – un incidente! -, che non giunge mai alla piena verità, che ti stroncherebbe, a quella consapevolezza esplosiva che io e lei, tua moglie, immaginiamo come se fosse un esercizio della mente e su cui spesso facciamo pronostici – un Totocalcio mai giocato fino in fondo – a volte scherzando cinicamente, altre volte tremando per gli scenari catastrofici che ne conseguirebbero. Catastrofici per lei, per le persone che amate e, potrai non crederci, anche per te. Nonostante il nostro amore sia vivo e palpitante, unico e travolgente, lei continua a difendere la tua serenità, perché da essa dipende tutto l’equilibrio – in stile famiglia del Mulino Bianco – di un edificio che agli occhi degli altri deve apparire solido e incrollabile. Prigionieri in casa propria.
Io invece sono libero, o così credo, o almeno provo ad esserlo; libero di non spedirti questa lettera: se la spedissi entrerei anch’io a far parte della scenografia da cui vorrei liberare tua moglie, che sicuramente subito dopo mi odierebbe e la perderei, diventerei una pedina incattivita – complice di un femminicidio morale – sullo scacchiere di un “gioco” che non mi appartiene, un gioco che avete cominciato voi due, da soli o quasi, molti anni prima della mia entrata in scena. E certe partite possono concluderle solo gli iniziatori. Lo scopo della presente, infatti, non è quello di allestire una vendetta distruttiva nei tuoi confronti, nei confronti della tua esistenza tranquilla e ordinata: la vita amorosa segreta e parallela, vissuta a pochi metri dalla tua cecità, quella parentesi di vita vera che non conosci e che mai conoscerai, si è già vendicata abbastanza. E anche se tu non lo sai, lo so io… Lo sappiamo io e lei, e mi basta. Ci basta: abbiamo deciso così.
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