<<- L’Uomo è un animale sociale.
– Cazzate!
– Come sarebbe a dire?
– L’animale sociale è un’invenzione del maschio alfa, pensata per creare una stratificazione sociale da controllare e da assoggettare al proprio volere tramite un’altra invenzione ben più pericolosa, la politica, che è il “braccio armato” dell’economia di scambio. Il senso del sacrificio cristiano divenuto nel corso dei secoli dogma socio-economico, e costantemente ricordato tramite l’onnipresente crocifisso, ha suggellato la “schiavitù bianca” sul plebeo da parte dell’alfa per assecondare il sistema produttivo capitalistico. Ti sei mai chiesta come mai nelle processioni religiose clero e politici camminano a braccetto subito dietro il santo? Anzi, in alcuni casi avanti… Siamo tutti schiavi: ieri lo eravamo di un imperatore in carne e ossa, oggi di un imperatore invisibile e più subdolo che agisce tramite onde elettromagnetiche. Il Re del Mondo!
– … alfa?
– Uno stratagemma perfezionato negli anni dalle lobby socio-economiche, benedette dalle religioni di stato, per creare un legame apparentemente indispensabile tra gli individui formanti la cosiddetta società civile.
– Misantropo che non sei altro! Anzi, blasfemo!
– Come le formiche di un formicaio, che quando s’incontrano lungo la stradina che dall’entrata della loro casa sotterranea le porta fuori verso il cibo, hanno continuamente bisogno di toccarsi tra di loro tramite le ‘antennine’ per riconoscersi, allo stesso modo noi esseri umani dobbiamo continuamente parlare, parlare, parlare, chattare, postare, taggare, comunicare, scrivere, mandare messaggi, lanciare bottiglie con messaggi inutili nell’oceano della solitudine. Sennò moriamo.
Naufraghi di noi stessi.
Altrimenti siamo costretti a rimanere in compagnia, nella stessa stanza, con la persona più pericolosa e noiosa della nostra vita…
– E cioè, chi?
– Con noi stessi.
– Che assurdità!
– Ti sembrano assurdità perché ormai siamo tutti assuefatti e aborriamo il cambiamento, additando chi non si conforma alla maggioranza. Sbeffeggiamo chi non possiede l’ultimo modello di smartphone: l’obsolescenza informatica come pretesto per dare voce a una nuova forma di razzismo. Un tecno-razzismo che nasconde antiche motivazioni etologiche. Solo che invece di scontrarci a suon di cornate, come i cervi, mettiamo a confronto i nostri “poteri” attraverso gli smartphone!
E siamo talmente abituati a contare sulla reperibilità degli altri esseri umani tramite i vari aggeggi forniti dalla tecnologia, che non siamo più in grado emotivamente di gestire un’eventuale assenza di contatto. E tu ne sei la prova.
Per non parlare di quella volta, durante quel fine settimana a Capri, quando dimenticasti il caricabatteria a casa e il tuo cellulare giaceva esanime sul comodino dell’hotel. Ti dovetti fare un’endovena di camomilla. Ricordi?
– Ma che c’entra? Io prima ero preoccupata perché non rispondevi.
– Appunto. Lo vedi che mi dai implicitamente ragione?
– In che senso?
– Nel senso che la tua preoccupazione nasce dalla disponibilità di una tecnologia talmente efficiente e presente che in caso di mancata risposta non pensi alla ragione più semplice, non sai supplire alla mancanza utilizzando la forza del ragionamento… Se invece di essere nel 2014 ci trovassimo nel 1867, in un’epoca storica senza cellulari, tu non ti saresti preoccupata della mia incolumità perché non saresti stata condizionata dall’atmosfera di facile reperibilità in cui viviamo. E se anche io fossi qui, morto, nel mio monolocale di trenta metri quadrati, lo avresti saputo solo dopo molti giorni tramite un corriere a cavallo, con una lettera o un biglietto. Non credi?
– Beh! Sì…
– Allora, vedi? Il collante sociale fornito dai cellulari non solo ha soddisfatto le esigenze culturali ed economiche di chi voleva una società riunita e controllabile, ma è andato oltre: ha azzerato i normali tempi della storia, causando un’alterazione della qualità del sapere. Dove per “sapere” non intendo le nozioni di chimica o le formule fisiche, ma la normale conoscenza della posizione di un corpo nello spazio. Nella fattispecie, il mio. Sostiene Heisenberg nel suo Principio di indeterminazione…
– Heisen… chi?
– Vabbè, lasciamo stare Heisenberg. Noi oggi non veniamo a conoscenza delle cose in maniera normale, quasi casuale, ma andiamo alla ricerca di una conoscenza superficiale delle cose e degli esseri. Ci domandiamo scioccamente: Dove sei? Cosa fai? Con chi sei? Invece di chiedere: Chi sei? Da dove vieni? Quali sono i tuoi obiettivi per il tempo che ti rimane? Cosa c’è dopo la morte? Cosa c’è tra un atomo e l’altro? Come mai esisti?
Perché il sistema economico ci ha detto che in questo modo saremmo stati meno soli. E noi c’abbiamo creduto.>>
(tratto da Elogio dell’irreperibilità dell’individuo)
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