Archivio per umanità
“Umanità del poeta”, a cura del Prof. Giovanni Blasi
Posted in nigrologia with tags Battipaglia, comunicazione, cultura, letteratura, lettura, poesia, poeta, scuola, società, umanità on 3 dicembre 2018 by Michele NigroTornando dal bosco…
Posted in nigrologia with tags ambiente, animale, antropologia, bellezza, cambiamento, cammino, creazione, culto, dio, equilibrio, esistenza, evoluzione, fede, fiaba, filosofia, fotografia, futuro, libertà, lontananza, movimento, natura, passaggio, percezioni, preghiera, psicologia, qualità della vita, quest, religione, ricerca, riflessione, ritorno, sacralità, sacro, sensi, silenzio, solitudine, spiritualità, strada, suono, tecnologia, tempo, Terra di Mezzo, territorio, umanità, vita on 3 settembre 2018 by Michele NigroErnst Jünger, nel suo “Trattato del ribelle”, intimava ai non piegati di “passare al bosco”, per coltivare in clandestinità le proprie idee… Un “consiglio” simile lo diede anche il buon Henry David Thoreau in “Walden ovvero Vita nei boschi”.
Tornando da una meravigliosa “passeggiata” in un bosco della mia terra, percorrendo una strada lastricata di pietre, che s’inerpica immersa in una galleria verde, conducendo il camminatore verso la cima di un monte definito sacro dagli “indigeni”, dove una grande croce di ferro illumina le notti della valle sottostante, confermando la presenza di un Cristo che veglia sugli uomini deboli e peccatori, mi sono chiesto a dispetto di Jünger e Thoreau: “cosa portiamo indietro con noi, invece, ritornando dal bosco?”
Panni impolverati, sudati, a volte infangati o con tracce d’erba; uno zaino da rimettere a posto, in attesa della prossima avventura; scarponi da lucidare; un po’ di muscoli indolenziti dalla salita e qualche piccola vescica sotto i piedi da bucare; le consuete riflessioni, che accompagnano il cammino, sulle esperienze esistenziali finite e sulla vita che, imperterrita, mi attende… Tutto nell’ordinario. Dopo una doccia rigenerante che lava via il sudore, è il turno delle foto naturalistiche scattate durante la salita (e la discesa) da “scaricare” sul computer: restano impresse nella mia mente — non lavate via insieme alla polvere — le immagini (più importanti di qualsiasi foto) della bellezza ammirata, pregata, celebrata, quella che fa arrestare il passo ogni dieci metri perché vuoi vedere e gustare quella parte di bosco da un’angolazione un tantino diversa dalla precedente. E sì perché la natura non si ripete, non è mai la stessa: ad ogni passo la combinazione tra rocce, terra, alberi, radici, arbusti, foglie cadute, rami secchi, tronchi marci, funghi, ciclamini, ragnatele, felci, dirupi che costeggiano il cammino, luce che trapela dall’alto attraverso il fitto fogliame, è destinata a mutare. Non esiste un risultato di questa combinazione uguale a un altro; e allora non puoi proprio perderti quel “quadro”, quell’istantanea irripetibile, quel fotogramma di un film documentario in cui sei attore, stavolta, e non spettatore passivo. Vuoi imprimerla in te la combinazione. E ti fermi cento, diecimila volte… Come a voler ridire, ancora incredulo, a te stesso più che alla natura: “ma è cosa mai che sei così bella?” E sai anche che ciò che immortali con la tua macchina fotografica sarà sempre poca cosa rispetto alla bellezza vista direttamente, attraverso la retina dell’occhio, grazie anche alla rielaborazione del nostro amato cervello.
Tutto ciò che devo sapere
Posted in nigrologia with tags amore, conoscenza, consapevolezza, immaginazione, interiorità, leggere, letteratura, lettura, libri, libro, lontananza, parole, passato, poesia, ricerca, ricordi, sentimento, sentire, silenzio, solitudine, storia, tempo, umanità, vivere, web poetry on 23 marzo 2018 by Michele NigroE ora che tutto
il superfluo tace intorno
alla mia sete di
silenzio parlato,
mi chiedo
come conoscevate
le cose del mondo
le notizie di guerre finite
e di progressi a venire,
di quale dimensione
umana
vi accontentavate?
A volte
un gracchiare di radio
un giornale scaduto
mangiando formaggio francese
coi vicini non estranei.
Prima di quel maggio, almeno
nel buio dei suoni lucani
c’era la luce di lei
lontana
voce che confortava
in qualche modo
gli orizzonti impossibili,
miracolo d’autunno
difficile da rifare.
L’immaginazione risorge
da carte stampate e lette,
la voglia di andare a vedere
di persona
partendo da quelle pagine,
come amori perduti
che ancora riscaldano
l’intenzione di vivere.
♦
immagine: “In profondità”
di Pawel Kuczynski
♦
Je voudrais pas crever
Posted in nigrologia with tags anticonformismo, autore, cambiamento, controcorrente, controcultura, creazione, dimenticanza, esistenza, esistenzialismo, eternità, evoluzione, famiglia, figlio, filosofia, genitore, ideale, immortalità, indipendenza, libertà, libri, libro, lotta, morte, natura umana, parole, personalità, poesia, pregiudizio, psicologia, rivoluzione, scrittura, sistema, società, solitudine, storia, tempo, umanità, uomini-libro, usi e costumi, vita on 15 agosto 2017 by Michele NigroSfornate libri, non figli; sfornate idee, storie, poesia, non altri esseri egoisti come voi, se non di più: i “gloriosi” frutti dei vostri lombi sono destinati a dimenticarvi tra le strade della vita, ed è naturale che sia così; un libro non dimentica mai il suo creatore, rimane legato alle sue origini, per sempre; anche se, proprio come i figli di carne, diverrà indipendente e sarà interpretato dalle masse umane pensanti che incontrerà, e reagirà in base alla propria personalità fatta di parole. Quando un figlio cresce vuol dire che voi non state ringiovanendo; quando un libro cresce e gira per il mondo, invece, l’autore è come se conquistasse l’immortalità, anche se il suo corpo morirà. Non importa quanto sia lungo il suo giro, quante persone incontrerà: nel momento del suo concepimento voi di diritto siete diventati abitanti dell’eternità. “Non fate crescere niente su questa terra” solo perché il vostro egoismo teme il confronto con la solitudine. Se pensate che creare un essere umano sia un atto d’amore per cui dover essere giustamente ripagati dall’universo e scrivere un libro no, allora vuol dire che non siete mai entrati in una casa di riposo per anziani abbandonati dalle famiglie.
E che l’intelletto, più di ogni altro dio assetato di prole, vi aiuti in quest’opera di indipendenza dalla paura di crepare senza aver generato.
♦
* Je voudrais pas crever, titolo originale della poesia Io non vorrei crepare di Boris Vian
♦
Piombo
Posted in nigrologia with tags animazione, anime, armi, consapevolezza, controllo, cult, fantascienza, fede, Giappone, guerra, guerrafondaio, immaginario collettivo, manga, massa, memoria, mondo, morte, natura umana, nucleare, pace, paura, poesia, politica, pop, popolare, post apocalittico, post-atomico, programma televisivo, progresso, psicologia, resilienza, resistenza, ricordi, scientismo, scienza, società, sopravvivenza, speranza, storia, tecnologia, televisione, tempo, terrore, tv, umanità, web poetry on 18 aprile 2017 by Michele NigroRicordi? La tivvù passava
Goldrake, Mazinga, Jeeg Robot
esplosioni nucleari aliene
in un Giappone già sconfitto.
Alle scuole medie
disegnavo rifugi
antiatomici colorati e minuziosi
con tutto quel piombo
che dava speranza
al futuro dell’umanità e ai miei
acerbi spermatozoi.
Poi i potenti rinsavirono
fu un vortice di firme, strette di mano
crolli, trattati di pace
ipocriti disarmi senza equilibrio.
Crisi d’identità
da oriente a occidente,
cani affamati senza museruola e padroni
abbaiavano nelle notti di provincia.
Dove saranno
in quale scatola degli anni ottanta
i miei progetti, odor di matita e gomma
per esorcizzare la paura del caldo nulla
e della morte da poco conosciuta?
♦
The Giver – Il mondo di Jonas
Posted in nigrologia with tags 1984, amore, analogie, atarassia, bellezza, cambiamento, cinema, cinematografia, consapevolezza, contaminazione, controllo, critica televisiva, distopia, dittatura, emozione, equilibrio, esistenza, eugenetica, eutanasia, evoluzione, fantascienza, fantascienza sociologica, film, fuga, futuro, generi letterari, George Orwell, ibridazione, inner space, interiorità, istinto, liberazione, libero arbitrio, libertà, libri, lotta, memoria, pace, politica, popolo, post apocalittico, potere, psicologia, quest, recensione, ricerca, ricordi, rivoluzione, romanzo, sci-fi, science fiction, sentimento, sf, sistema, società, storia, umanità on 11 aprile 2017 by Michele Nigroversione pdf: The Giver – Il mondo di Jonas
Una delle caratteristiche più frequenti nei recenti film di genere fantascientifico è senza alcun dubbio il processo di ibridazione da cui nascono: l’originalità, sempre più rara, è stata sostituita da più sicuri incroci tra porzioni di precedenti pellicole di successo (anche di generi differenti), come in una sorta di grande esperimento di ingegneria genetica adattata alla cinematografia. Lungi da me il voler giudicare come negativa questa tecnica d’ibridazione, che nella maggior parte dei casi fornisce risultati gradevoli, sarebbe tuttavia interessante analizzarne – in altra sede e in maniera più approfondita – l’origine, gli obiettivi, le tecniche narrative che utilizza per rendere credibile il risultato finale: si tratta di mancanza di idee come accennavo all’inizio? Voglia di “contaminazione” tra generi? Sperimentalismo transmediale libro-film? Sta di fatto che questi film derivano quasi sempre da altrettanti romanzi, quindi l’ibridazione avviene a monte. È letteraria.
Non sfugge a tale fenomenologia il film intitolato The Giver – Il mondo di Jonas (tratto dal romanzo The Giver – Il donatore di Lois Lowry): l’accostamento più facile da fare sarebbe quello con il film Hunger Games, ma scavando in profondità è interessante rilevare quante altre analogie meritano di essere scoperte e analizzate. La storia contenuta nel film di Phillip Noyce ha letteralmente “rubato” l’idea della riscoperta dei colori (e delle emozioni) a un altro grande film sottovalutato: Pleasantville. L’assegnazione di mansioni al compimento del 18° anno d’età assomiglia alla divisione in fazioni presente nel romanzo Divergent di Veronica Roth (dal momento che il romanzo della Roth è del 2011, mentre quello di Lowry è del 1993, sarebbe il film Divergent ad avere un “debito” con The Giver – Il mondo di Jonas; anche se entrambi i film sono del 2014!). L’estirpazione delle emozioni dall’animo umano è un chiaro riferimento al film Equilibrium di Kurt Wimmer; la società quasi apatica, senza classi e senza memoria di The Giver ricorda un po’ quella degli Eloi di H. G. Wells; l’iniezione mattutina per debellare gli impulsi sessuali e sentimentali è l’equivalente, in termini di controllo sociale, dell’assunzione di soma ne Il mondo nuovo di Aldous Huxley; l’amore controllato (e inibito) tra uomo e donna non può non rievocare il rapporto proibito tra Winston e Julia nel celebre romanzo 1984 di George Orwell. Per non parlare della deriva eugenetica, presente in numerose opere letterarie e cinematografiche fantascientifiche. Interessante il riferimento antiabortista (i bambini non conformi allo standard vengono “congedati”: un modo pulito per dire uccisi) e quindi antispartano contenuto nel messaggio filmico. Riferimento che potrebbe essere esteso anche al tema delicato e attuale dell’eutanasia: quando una società legifera sulla nascita, sulla morte e sui sentimenti ed emozioni contenuti nell’intervallo di tempo compreso tra questi due momenti, può definirsi libera? Sembrerebbe chiedersi la voce narrante di questa storia. Anche se, come accade nella realtà, non è la condizione esistenziale in sé ma la necessaria presa di coscienza a fare la differenza in termini di azioni da intraprendere.
L’idea di una società distopica “con il trucco” non è originalissima: nella maggior parte dei casi si tratta di società post-apocalittiche, perché deve esserci sempre un evento passato sconvolgente – una guerra, un’epidemia, una quasi estinzione – per far cambiare rotta all’umanità e per farle scegliere un nuovo inizio basato su scelte radicali applicate da un’oligarchia. Come a voler dire: “abbiamo sbagliato, è vero, ma da oggi in poi si riga dritto, con nuove regole e guai a chi sgarra!” Innumerevoli sono gli esempi, fantascientifici e non, letterari e cinematografici, di società apparentemente perfette ma che nascondono regole di vita disumane e innaturali: The Island film di Michael Bay, L’uomo che fuggì dal futuro (THX 1138) di George Lucas, La penultima verità (The Penultimate Truth) romanzo di Philip K. Dick, The Truman Show film di Peter Weir, La fuga di Logan (Logan’s Run) film di Michael Anderson, La possibilità di un’isola romanzo di Michel Houellebecq… ecc. Continuate voi: sono sicuro che avete almeno un titolo di film o di romanzo da aggiungere all’elenco!
Analogico
Posted in nigrologia with tags arcaico, cambiamento, comunicazione, consapevolezza, controllo, cultura, decostruzione, digitale, esistenza, evoluzione, fatto, futuro, ignoranza, involuzione, lentezza, libertà, mass-media, mezzi di comunicazione, mistero, neorealismo, notizia, origine, parole, poesia, poet, poeta, poetry, popolo, primordiale, provincialismo, psicologia, realtà, ricerca, ritorno, rivoluzione, rivoluzione industriale, saggezza, sapienza, sensi, sistema, società, storia, strada, tempo, tradizione, umanità, velocità, visione, web poet, web poetry on 23 marzo 2017 by Michele NigroUna rinnovata
infanzia analogica
ho sognato,
racconti a corto raggio
sapienze locali
su panchine sconnesse,
un segnale scorticato
come acqua piovana
riscopre terreni ignoranti.
Parole dette in faccia
saliva schizzata e
contatti umani,
segugi fiutano fatti
domande da strada
e notizie lente
che vanno a vapore
metro dopo metro,
a rivivere
velocità preindustriali,
fantasie forzate
dal non visto luminoso
al di là della collina.
Ritornerà il mistero perduto
e avrà il sapore ingenuo
delle dolci sere di primavera
sprecate in provincia.
♦
immagine:
Martin Lewis (1881-1962),
Relics (Speakeasy Corner)
(M.74) Drypoint, 1928
♦
“FUOCOAMMARE”: quando la fiamma del realismo… non scotta.
Posted in nigrologia with tags attualità, avventura, cinema, cinematografia, controcorrente, cronaca, dialetto, documentario, dramma, eroe, esistenza, Europa, film, fotografia, lingua, linguaggio, mare, Mediterraneo, migrazione, morte, neorealismo, popolo, realtà, regia, società, sopravvivenza, storia, tragedia, umanità, viaggio, vita on 25 febbraio 2017 by Michele NigroSe avevate considerato “Sacro GRA” come il più noioso documentario della storia del cinema documentaristico italiano, è perché evidentemente non avevate ancora visto “Fuocoammare”. Se questo è il neo-neorealismo scialbo dell’era renziana, allora ridatemi i miei vecchi vhs seppelliti in garage!
Forse l’intento di Rosi era quello di girare un “L’isola di Arturo ai tempi dei barconi”, ma gli è andata male: si è voluto giocare sull’accostamento parallelo, quasi casuale, tra le esistenze degli isolani e la tragedia dei migranti, ma il risultato è deprimente, direi privo di effetto, anche quando si tenta la carta delle analogie tra il duro passato degli abitanti di Lampedusa e il drammatico presente di chi soffre per altri motivi. Anche il tentativo di dare fascino alla pellicola sottolineando il “colorito locale” con tanto di sottotitoli (necessari perché un documentario doppiato smette di essere documentario), appare forzato perché si vuole a tutti i costi cercare una vicinanza con il bagaglio linguistico dei migranti che la sera cantano tutti insieme un canto che racconta le loro disavventure (come il racconto degli schiavi della “Amistad”?). Della serie: “siriani, africani, lampedusani, una razza una faccia!” di mediterranea memoria (Salvatores docet!). Peccato che a Bruxelles se ne strafottano ampiamente di questa visione romantica del Mediterraneo!
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.